Prima di ricostruire, vediamo cosa c’è sotto?
L’Aquila – La parola ricostruzione è davvero una parola grossa, nel senso che occorreranno anni, forse decenni, per rivedere la città in piedi. Ricostruzione tuttavia ssu quali terreni? E senza sapere cosa c’è oggi “sotto” il terreno?
Giunti al quinto mese dal terremoto, siamo comunque entrati nel periodo in cui si deve per forza parlare di ricostruzione. Volenti o nolenti. Lo fanno gli enti, le istituzioni, le collettività, i condomini, i proprietari di edifici, le imprese, i costruttori e tutti gli altri. Nei condomini aquilani in questi giorni vengono convocate riunioni ed assemblee per decidere cosa, come, quando. Le normative emanate, le ultime in materia di edifici classificati E-F vengono consultate febbrilmente: non si può mai essere sicuri che siano definitive. Né tanto meno chiare…
Gli studi tecnici, gli ingegneri, gli architetti hanno aggiunto materia che secondo molti complica all’infinito le pratiche per la ricostruzione. La modulistica da presentare è spesso difficile persino per gli esteri, figuriamoci per i malcapitati cittadini: pare che tutti facciano a gara per imporre, con le complicazioni, il ricorso agli esperti: non sempre gratuito.
Le situazioni diventano irte di difficoltà quando si tratta, come spessissimo capita a L’Aquila, di immobili collegati l’uno agli altri.
Il vero problema comunque, dicevamo, non sta sopra, ma sotto il terreno.
La presenza di cavità pregiudica? Si potrà riedificare una palazzina che si è “inclinata” o presenta strutture compromesse sul medesimo terreno, magari in forte pendenza? Il terremoto ha sicuramente cambiato il sottosuolo, almeno in alcune zone. Vi sono edifici fortemente rovinati da una parte, e intatti nella parte opposta a pochi metri di distanza: il sottosuolo ha subito sollecitazioni potenti che hanno causato reazioni differenti. Squadre di geologi stanno eseguendo accertamenti di questo tipo, viene riferito da chi è informato. Ma nessun tipo di informazione ufficiale è stato fornito né dalle istituzioni, né dalle categorie professionali coinvolte. Chi e per conto di chi sta sondando il sottosuolo? E cosa viene fuori da tali sondaggi?
In questa città è rimasta dominante per decenni la regola dell’aum-aum: faccio io per conto tuo, tu mi paghi, ma nessuno deve sapere nulla. La trasparenza di atti e accertamenti è sempre stata un’utopia. Ultimo caso, uno studio del 2004 sul sottosuolo aquilani che rivelava, si dice oggi, dati allarmanti e fu opportunamente occultato e insabbiato. Il terreno sassoso, per la prima volta allora, veniva indicato nel sottosuolo aquilano come pericolosissimo perché causa di forte accelerazione delle onde sismiche.
Certo nessuno avrebbe potuto, allora, mettere in sicurezza un’intera città, ma almeno gli edifici ritenuti a forte rischio (ce n’erano e furono individuati) avrebbero dovuto rimanere inutilizzati. Pensiamo alla casa dello studente, a scuole e allo stesso palazzo del governo. Tutti sbriciolati: i geologi ebbero ragione, ma non furono ascoltati.
Oggi si fanno sondaggi con mezzi più sofisticati e conoscendo dati nuovi, come quelli del 2004, sul sottosuolo. Niente dovrà risorgere senza sapere cosa c’è sotto. Ma l’argomento, poiché è serio e soprattutto investe interessi enormi, lo leggerete qui e da nessun’altra parte: siatene certi.
(Nelle foto: Vecchie immagini di inizio ’900 che rivelano la natura precaria del sottosuolo di via Venti Settembre e Piazzale Paoli. Sotto la devastazione lungo via Roma: cosa c’è nel sottosuolo del centro storico?)
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