UIL: “Sul Pil avevamo ragione noi”
Pescara – (di Roberto Campo, UIL Abruzzo, foto) – Premessa da non dimenticare mai: quando facciamo riferimento alla media nazionale, parliamo di dati che non rappresentano una soglia positiva, visto che l’Italia è da tempo incapace di crescere. Essere nella media o un po’ sopra non significa stare bene.
SUL PIL 2010 AVEVAMO RAGIONE NOI: LO SVIMEZ HA CORRETTO IL DATO.
Ci dichiarammo pubblicamente perplessi l’anno scorso quando Svimez stimò la crescita del PIL dell’Abruzzo nel 2010 come la seconda più alta d’Italia (Veneto +2,8; Abruzzo, Marche e Friuli +2,3), 1 punto sopra la media nazionale, che era data all’1,3. Il Rapporto di quest’anno corregge il tiro, dando l’Abruzzo per il 2010 a +1,7, pari alla media nazionale, anch’essa data a +1,7, con otto regioni davanti a noi. Non si tratta solo di correzioni dei numeri, indotte anche da modifiche nei criteri statistici di rilevamento, ma di un disegno diverso rispetto a quello presentatoci l’anno scorso. Molto più realistico, secondo noi.
NELLA CRISI E MENTRE IL SUD ARRETRA, L’ABRUZZO STA FATICOSAMENTE TORNANDO PRIMA TRA LE REGIONI MERIDIONALI.
Ma la cosa più interessante è che l’Abruzzo si sarebbe mantenuto, secondo Svimez, anche per il 2011 quasi sullo stesso ritmo di crescita del 2010, con un +1,8, mentre l’Italia cresce solo di un +0,4 e il gruppo delle regioni che era davanti a noi nel 2010 si sfarina tutto. Solo la Basilicata va meglio dell’Abruzzo nel 2011 (+2), ma viene da un -2,1 nel 2010. Il biennio 2010-2011 è dunque relativamente positivo dell’Abruzzo, pur se va letto anche alla luce della caduta del 2009 (-5,7, a fronte di un -5,3 medio nazionale). Se però si confermassero le previsioni per il 2012 e il 2013, secondo cui cadremo di nuovo quest’anno, a causa della recessione in atto, ma meno della media nazionale, e cresceremo un po’ nel 2013, più della media nazionale, potremmo dire che nella crisi e in un contesto di pesante arretramento del Mezzogiorno, l’Abruzzo sta faticosamente riprendendo la posizione di prima tra le regioni meridionali che ha avuto per decenni e che aveva perso dal 2000, quando è cominciato un ciclo negativo che ci ha visti per anni andare peggio della media dello stesso Mezzogiorno. Non ha invece l’Abruzzo ancora ripreso a crescere su base pluriennale più della media nazionale, per cui la forbice con il centro-nord si allarga e non si riduce. Infatti, la media 2000-2011 dice che l’Abruzzo è cresciuto in dodici anni appena dell’1,2, comunque davanti a molte delle regioni meridionali che fanno registrare segni meno, ma meno della metà della media nazionale, che è del 3,3.
LEZIONI DA TRARRE DAI DATI: QUELLO CHE SI FA SERVE; BISOGNA FARE DI PIÙ.
I dati relativamente positivi del PIL potrebbero spiegarsi con un insieme di elementi: abbiamo smesso di indebitarci e non siamo più al vertice tra le regioni più tassate (anche se il fisco continua a pesare in modo abnorme), abbiamo speso un po’ più celermente i fondi europei, una parte dell’industria esportatrice si è ripresa, qualcosina si muove intorno alla ricostruzione (anche se ancora troppo poco, come testimonia il numero elevatissimo dei posti di lavoro persi proprio in edilizia all’Aquila). Quello che si fa a livello regionale serve, anche se la partita per uscire dalla crisi e tornare a crescere richiede scelte nazionali ed europee. È ora necessario che il pacchetto anti-crisi concordato il 7 settembre venga attuato integralmente e tempestivamente; che si abbassino effettivamente le tasse sul lavoro mediante la modulazione dell’addizionale regionale Irpef; che si attuino gli interventi concordati nelle aree di crisi; che si individui un intervento convincente sul credito per le piccole imprese; che si spendano in modi unitario i fondi europei e quelli nazionali dello sbloccato FAS; che riparta il confronto con il governo su ricostruzione, Master Plan, infrastrutture, contratti di sviluppo, crisi aziendali strategiche; che si faccia una vera riforma della pubblica amministrazione, di cui ad oggi non abbiamo visto nulla; che si smetta di fare melina sui trasporti; che si approfitti della programmazione dei 100 milioni ex-Obiettivi di Servizio e Pain anche per rilanciare il socio-sanitario.
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