Il mare distrugge la Costa dei Trabocchi
Lanciano – MA LA COLPA NON E’ DELLA NATURA, BENSI’ DELL’UOMO – Se non ci riesce l’uomo a distruggere la natura, ci pensa il mare, ma sempre in seguito ad errori umani. Si fa un gran parlare, anche a livello politico e istituzionale, della Costa dei trabocchi, ma “l’intera “Costa dei Trabocchi” e’ letteralmente ‘mangiata’ dal mare: la mancanza totale di manutenzione e protezione minaccia il futuro della Via Verde, non sono piu’ rinviabili interventi efficaci e duraturi contro l’erosione marina”.
E’ quanto dichiara in una nota il presidente dell’associazione Wwf Zona Frentana e Costa Teatina, Ines Palena. “Le prime mareggiate pre-autunnali hanno gia’ fatto sentire il proprio effetto, facendo franare verso il mare diversi tratti di costa. La futura “Via Verde”, la pista ciclopedonale di cui si aspetta da anni la realizzazione, e’ minacciata dalla totale mancanza di manutenzione e protezione. I Comuni piu’ colpiti, come Rocca San Giovanni, San Vito Chietino e Torino di Sangro, aspettano con ansia i promessi investimenti regionali per i ripascimenti e barriere frangiflutto. Ma questi interventi previsti, come quelli gia’ realizzati, sono soltanto soluzioni tampone – sottolinea Palena – che non fanno che aggravare e spostare piu’ a valle il problema erosivo, creando un inutile ed antieconomico effetto a catena”. “Sono anni che come WWF ribadiamo che la gestione della fascia costiera non puo’ prescindere da un approccio organico ed integrato, che vada a ripristinare il naturale ciclo sedimentario, compromesso irrimediabilmente dall’azione antropica. La forte pressione edilizia, la cementificazione degli argini fluviali insieme al prelievo di materiale dall’alveo, la distruzione delle dune costiere sono tutte concause del fenomeno regressivo, che pero’ non vengono prese in considerazione negli interventi regionali – spiega nella nota il presidente del WWF Zona Frentana e Costa Teatina – il futuro della Costa dei Trabocchi, della sua Via Verde e del suo Parco Nazionale, non possono prescindere dalla Gestione Integrata della Zona Costiera (GIZC), approccio che era stato recepito nel progetto R.I.C.A.M.A., un eccellente e pioneristico lavoro del 1997 della Regione Abruzzo che pero’ e’ stato solo in parte messo in atto. La Regione dovrebbe aggiornare la Carta della Vulnerabilita’ Costiera e analizzare la portata dei fiumi come carico di sedimenti che arrivano al mare, lavorando a definire con i proprietari delle dighe e degli sbarramenti le quantita’ e le modalita’ per il rilascio minimo di sedimenti per diminuire la necessita’ di ripascimento. Dovrebbe inoltre recepire le indicazioni della Direttiva Quadro Europea sulla Strategia Marina (2008/56/CE), recepita in Italia dal D.lgs n.190/2010, che obbliga gli Stati membri a raggiungere un buon stato di qualita’ del mare entro il 2015″, conclude Palena.
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