Quello del 6 era davvero il “big one”?


25_agostoTeramo / Il Big One ha colpito davvero in Abruzzo? Esercitazioni anti- terremoto: a che punto siamo? Tre miliardi di euro di danni solo a L’Aquila. Stato della California e Regione Abruzzo stipulino subito una convenzione-patto di natura scientifico-tecnologia e politica per la radicale inculturazione della popolazione abruzzese. Perché non abbiamo bisogno di profeti ma di azioni concrete di cultura anti-sismica, finanziando la ricerca degli scienziati. A cosa serve una grande esercitazione internazionale di Protezione Civile? Sempre in prima linea, dalle catastrofi ai grandi eventi: i volontari, gli Angeli del Dipartimento.
(di Nicola Facciolini)

classificazioneQualcuno potrebbe obiettare che oggi non abbiamo più bisogno di esercitazioni anti-terremoto in Abruzzo. Che, insomma, siamo già pronti a tutto, anche al peggiore scenario qui a Teramo qualora altre faglie attive dovessero sfortunatamente “svegliarsi” di soprassalto e, di rimbalzo, buttare a terra il capoluogo aprutino. Il disastroso sisma de L’Aquila, il 6-7-9 aprile 2009, la straordinaria azione immediata di soccorso alle popolazioni colpite (oltre 300 morti, centinaia di feriti), le energie e le forze profuse dal Governo e dalla Protezione Civile (un esempio di efficienza per il mondo intero) immediatamente impiegate sul campo, hanno fatto capire a chi non ne fosse doverosamente informato, molte cose sugli Italiani. Che siamo, in fondo, nonostante invidie, tradimenti e gelosie, un popolo straordinario soprattutto in tempi funesti di tragedia sociale come questi. Nella scienza e nella tecnologia, non siamo secondi ad alcuno. Abbiamo Istituzioni e Centri all’avanguardia. Forse, siamo un po’ ciuchi nelle politiche di prevenzione del rischio sismico perché in Abruzzo, nonostante le infinite tragedie dei terremoti, una cultura autenticamente anti-sismica NON esiste ancora nel 2009. I tre miliardi di euro di danni solo nella città di L’Aquila, fanno impallidire anche i “profeti” più inviperiti del Big One californiano. Che da un secolo si aspettano il peggio del peggio. Ma negli Usa sanno bene, molto prima della tragedia, come agire. Grazie all’inculturazione, fin dalla scuola dell’infanzia, di cittadini sempre assetati di conoscenza. Non è una novità, quindi, se milioni di abitanti della California vengono coinvolti in gigantesche esercitazioni di massa che simulano l’evento più temuto nella costa ovest degli Stati Uniti. Il super-sisma che prima o poi, entro i prossimi 50 anni, dovrebbe colpire la parte meridionale dello Stato della California. Il famigerato Big One farà “impallidire” il potentissimo sisma che nel 1906 rase al suolo la città di San Francisco, consegnando al Creatore tremila persone. Da qui l’idea di far presto per darsi “una mano”. Stato della California e Regione Abruzzo, allora, stipulino subito una convenzione-patto di natura scientifico-tecnologia e politica, tra enti e istituzioni di ricerca, per la radicale inculturazione della popolazione abruzzese e californiana, con mutui scambi di personale tecnico e scientifico ma, soprattutto, con progetti di ricerca comuni in ambito sismologico. Perché non abbiamo bisogno di falsi profeti ma di azioni concrete di cultura scientifica e popolare anti-sismica, finanziando la ricerca di base e ingegneristica. Scuole, ospedali e soccorritori organizzati in squadre in California come in Giappone, vengono periodicamente “istruiti” da scienziati e tecnici in esercitazioni che prevedono ipotetici scenari di una scossa di forte magnitudo (in Abruzzo un Big One potrebbe liberare tranquillamente energie ben superiori al settimo grado della scala Richter!) pari appunto a quella di un secolo fa, lungo la Faglia di San Andreas, la fenditura della crosta terrestre che corre lungo un asse nordest-sudovest nel sud della California. In effetti quella che è considerata la causa dei più gravi terremoti in grado periodicamente di devastare la regione. In Abruzzo conosciamo davvero le faglie attive in grado di liberare queste mostruose energie? La politica e i decisori politici che fanno? Non si tratta solo di far esercitare la popolazione alla risposta immediata d’emergenza. Con soccorritori, come in California, appartenenti ad agenzie locali, statali e federali in azione, pronti a simulare la ricerca e il salvataggio delle vittime del disastro in uno scenario realistico. Ma di far capire alla gente cos’è il terremoto e quali sono le cause naturali. Non si tratta solo di organizzare mostre e convegni che lasciano il tempo che trovano prima dell’oblio giornalistico politicamente indotto. Le statistiche inquietanti dell’Abruzzo sismico vanno di pari passo a quelle della California, nell’arco di secoli. In fatto di terremoti, condividiamo molto con i californiani. Però loro ci convivono, noi abbiamo paura e preferiamo ignorare il problema. Abbiamo una storia comune di terremoti drammatici, dei quali quello di San Francisco del 1906 è solo il più celebre, così come quello di Avezzano del 1915 con decine di migliaia di morti. Il cinema italiano dovrebbe occuparsene una buona volta, magari insieme ai maghi di Hollywood. Se l’alta densità di popolazione dello Stato americano fa temere un numero di vittime molto elevato quando si verificherà il temuto Big One, che possiamo dire della tragedia aquilana o del prossimo ben più inquietante Big One abruzzese? C’è poco da farsi illusioni: il servizio geologico degli Stati Uniti stima una probabilità del 46% che entro il 2038 la California sia colpita da un terremoto di magnitudo 7.5 o maggiore. L’ultimo grave terremoto che ha colpito lo Stato risale al 1994: aveva una magnitudo 6.7 e provocò la morte di 57 persone. Non le trecento vittime del sisma di L’Aquila che ha liberato un’energia inferiore, diciamo 5.8-6.3° Richter. Un bilancio modesto quello californiano del 1994, viste le sinistre previsioni. Ma dobbiamo sempre fare i conti con la Storia. In Italia molti scienziati hanno paura di divulgare al pubblico le loro ricerche, soprattutto perché temono di non essere capiti o peggio fraintesi e strumentalizzati dagli stessi giornalisti. Inoltre molta ricerca di base non trova immediata applicazione nei protocolli di Protezione Civile e la gente non capisce perché dovrebbe finanziare una ricerca di lungo periodo. Ma sappiamo che la ricerca di base è indispensabile sia nella sismologia laser sia in quella più tradizionale, diciamo “di contatto” del ricercatore con la faglia sospetta oggetto di studio. Ma a cosa serve una grande esercitazione internazionale di Protezione Civile? E’ un test molto importante che vede scendere in campo non solo le strutture operative del Dipartimento (dalle forze dell’ordine agli operatori sanitari, dai Comuni e dalla Regione ai volontari) ma anche squadre di pronto intervento dei Paesi dell’Unione europea, cui si affiancano osservatori delle Nazioni Unite e della Nato che abbiamo visto a L’Aquila.
santemidio
Il cuore dell’operazione, l’obiettivo, è la sicurezza dei cittadini perché davanti alla furia della natura non possiamo farci trovare impreparati. Anche qui a Teramo è bene che chi di dovere si attivi al più presto. Del resto, l’amara lezione che L’Aquila ha impartito alla classe politica italiana e regionale, deve suonare come supremo monito all’intera comunità di cittadini. Non solo in caso di calamità il ruolo dell’informazione è decisivo. Ma prima lo è molto di più. I cittadini devono sapere che vivono in un territorio a rischio e che rispetto a questi rischi ci sono dei comportamenti che possono aiutare a salvare la vita e, comunque, essere da supporto ai soccorsi qualora fosse necessario. Non dobbiamo fare come lo struzzo. L’Abruzzo è una regione bellissima, la regina dei parchi naturali in Europa, ma piena di rischi naturali. Da Abruzzesi ne siamo davvero consapevoli? O è più facile ricostruire dopo la tragedia e raccogliere i cocci? Un’esercitazione che ipotizzi un sisma di magnitudo 6.8 (tra il 10° e l’11° Mercalli) con devastazioni, migliaia di vittime e feriti, non deve generare paura e panico. Deve servire anche alla Protezione Civile ed al volontariato, per testare se davvero tutte le componenti della complessa macchina, in questo caso allargata all’Europa, possano e sappiano lavorare efficacemente insieme in quello specifico territorio. A L’Aquila lo abbiamo visto e capito perché sta funzionando ottimamente. Ma c’è ancora molto da fare perché il territorio abruzzese è diversificato. Dunque le risposte devono essere adeguate. Anche nelle costruzioni a norma anti-sismica, prima della prossima tragedia. In Italia la Protezione Civile è un sistema complesso, una “sinfonia” di responsabilità. Ci sono le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, la Forestale, la Sanità, il volontariato, la Croce Rossa, le Regioni, il Dipartimento, per un totale di oltre 21 componenti. Che ogni volta sul territorio colpito devono costituire un team affiatato che in caso di emergenza lavori efficacemente per l’interesse dei cittadini. Ecco perché bisogna mettersi alla prova sempre. Un tema quanto mai d’attualità, vista la tragedia di L’Aquila. I rischi naturali ci sono in Abruzzo e non finiranno mai. Bisogna abituarsi a convivere con il terremoto: abitiamo un pianeta che sempre più espone molta parte della popolazione alle sciagure. Laddove si può, come fare a prevenire? Come prevedere? Come affrontare l’evento? I terremoti: la scienza non è ancora in grado di prevederli, non perché non sia possibile farlo ma perché oggi non esistono progetti di ricerca in tal senso indirizzati. Ed allora si procede per gradi come al Pronto Soccorso, in attesa del medico che deve visitarci. Non si tratta solo di concentrarsi sulla risposta da dare in caso di necessità. In emergenza, la priorità è una sola: agire subito. Abbiamo visto cosa è accaduto a L’Aquila. E quale è stata la risposta della Protezione civile che ha realizzato un fatto storico e grandioso, senza retorica. Questo perché in Italia abbiamo una linea di comando adeguata, dove si lavora non solo senza stravolgere le competenze altrui, ma coinvolgendo tutti: dal sindaco del centro più piccolo alla presidenza del Consiglio. Il ruolo della Protezione Civile è quello della cabina di regia. In un’esercitazione deve essere adottato un sistema unico d’intervento, perché in caso di necessità non vi siano inutili perdite di tempo. Le comunicazioni sono sempre strategiche: in Irpinia i telefoni e i ponti radio saltarono, soccorritori e vittime rimasero isolati. Ebbene sia di esempio il sistema satellitare con l’adozione del piano di comunicazione italiano che fa capo a una centrale operativa per impartire le disposizioni nella nostra lingua e in inglese. D’ora in poi, l’Abruzzo dovrà dare l’esempio, senza stare a guardare. Dovrà essere protagonista della sismologia e della prevenzione del rischio sismico in Italia. Molte scuole in un’esercitazione devono mettersi a disposizione per simulare l’evacuazione degli istituti. Compresi gli ospedali. Mentre tecnici e volontari simulano sopralluoghi nelle abitazioni e sui ponti. Alla fine saranno tirate le somme e sarà redatto un documento con l’analisi dettagliata. La cronaca di questo mesi ci insegna che bisogna essere saggi e non sciocchi. Tutti possono avere bisogno di aiuto, anche la migliore protezione civile del mondo, anche il Paese più ricco del mondo, di fronte a un evento distruttivo, nulla può contro la furia di un terremoto, di un maremoto, di un’alluvione, di un’eruzione vulcanica o di un impatto cosmico. L’anima della Protezione Civile sono i volontari, giovani e meno giovani che mettono il proprio tempo libero al servizio della comunità. Tante le sigle in Abruzzo. Tutti spinti da un’unica motivazione: l’altruismo per salvare le vite. Così il Dipartimento nazionale, ma anche quelli regionali che fanno leva proprio sui volontari. E’ giusto. Sono loro i primi a partire quando avviene una catastrofe. E’ nelle prime fasi dell’emergenza, come a L’Aquila e negli altri centri colpiti dal sisma abruzzese del 6-7-9 aprile 2009, che i volontari si rivelano per quello che sono: preziose forze di primo soccorso ai feriti. L’intervento, in tempi brevissimi, del mondo del volontariato, pronto a collaborare con le squadre di soccorso, è decisivo. In Abruzzo lo abbiamo visto e vissuto. Non in uno scenario di esercitazione di protezione civile. Ma nella tragedia di L’Aquila. Gli Angeli del soccorso erano e sono lì. Ma poi che faremo? Torneremo tutti a dormire in attesa del prossimo Big One abruzzese? La simulazione è indispensabile per testare le telecomunicazioni, la ricerca dei dispersi, il soccorso sanitario, l’evacuazione di scuole e condomini. Grande attenzione deve essere rivolta alla viabilità che, in caso di emergenza, può amplificare i pericoli o facilitare i soccorsi. A Teramo ne siamo consapevoli? Abbiamo vie di comunicazione adeguate? Abbiamo un Piano di prevenzione del rischio sismico e uno di emergenza?
(Nelle immagini: Mappe sismiche e un ritratto di S.Emidio, protettore contro i terremoti)


02 Settembre 2009

Categoria : Scienze
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