Auditorium Piano, ok: chi lo gestirà?


L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – E’ stridente che da un lato lo stato e la regione taglino all’impazzata le risorse per la cultura, e dall’altro L’Aquila – data per rinascente – si doti di auditorium e locali per la cultura, il teatro, lo spettacolo, i concerti. Fra un paio d’anni (viene promesso a gran voce) dovrebbe tornare il teatro comunale, il ridotto è agibile, l’auditorium di cartone e acciaio dei giapponesi è operante. Almeno un altro paio di strutture dovrebbero essere rimesse in piedi. Tutto molto bene, considerando che una di tali strutture è l’auditorium donato del grande architetto Renzo Piano. In sè e per sè un monumento, da mostrare ai turisti anche chiuso. Una presenza artistica qualificante nel cuore della città.
Speriamo che il presidente Napolitano, quando il 7 ottobre verrà ad inaugurare il Piano, non chieda al sindaco e all’assessore alla cultura: “Cosa ci farete con questo illustre edificio effimero ma griffato?”. Dubitiamo, infatti, che Cialente e la Pezzopane abbiano risposte men che vaghe e generiche.
La domanda, infatti, ora che ci siamo quasi all’inaugurazione, è lapalissiana: cosa ci faranno? Ma soprattutto, chi lo gestirà, con quale personale e quali fondi? Esistono piani e programmi già scritti, o è tutto da concepire, da fare, in virtù di risorse che non ci sono nè, stando alle tirchierie regionali, ci saranno?
Stando ad una logica da ragionieri (e da ragionieri di lusso siamo al momento governati) che è sicuramente riduttiva, ma pragmatica e solidamente numerica, per le bambole non c’è una lira. Tanto per ricordare il capocomico che la sera diceva proprio così alle ballerine affamate e stanche. Bambole, non c’è una lira. Sostituiamo l’euro alla lira, il risultato non cambia.
Noi ci dotiamo, anzi ci dotano generosi donatori, di un auditorium di Renzo Piano, bello, avveniristico, benchè definito effimero, nel senso che non dovrebbe durare secoli, ma solo degli anni. Ma dall’altro lato, le istituzioni erogatrici di pecunia tagliano alla grande. Insomma, per la cultura scarseggia l’ossigeno. Non è da ora, ma da mesi. Potremo accollarci e gestire l’auditorium-dono in modo decoroso e adeguato? Presumibilmente, la politica penserà prima di tutto ai posti di lavoro a rischio negli enti e nelle istituzioni culturali, poi a produrre cultura. L’olio dai sassi, che si sappia, ancora nessuno è in grado di produrlo. Restano seri dubbi, che forse andrebbero diradati, sedati, sulle possibilità di gestione e utilizzo del Piano. Non è allegro parlarne alla vigilia della solenne inaugurazione con il capo dello stato. Ma sicuramente è razionale e sensato.
Non vorremmo che alle storiche, enormi e pesantissime “incompiute” aquilane, che gravano sulla città come zavorra esiziale, si cominciasse a redigere anche uno sgradevole, fantozziano elenco delle “inutilizzate”.


20 Settembre 2012

Categoria : Cronaca
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