L’aeroporto? Altro che parchi, è jungla…
L’Aquila – (servizio fotografico di Massimo Leone) – Una delle differenze (che sono tante e tanto grandi…) tra noi e paesi più civili e accoglienti dell’Europa è l’assoluta inefficienza di servizi manutentivi ordinari e periodici, che dovrebbero essere eseguiti ognuno nel momento giusto, secondo routine e meccanismi sempre uguali. Per esempio la pulizia della vegetazione, detta in burocrazia “sfalcio delle erbe”. Nelle erbacce alte e incolte si annidano rifiuti, rettili pericolosi, insetti fastidiosi. In questi giorni anche vaste e fangose pozzanghere, l’ideale per gli insetti nocivi. E ovunque cattivi odori di acque putride e chi sa cos’altro.
L’erbaccia non è solo un problema di estetica accanto alle piste: diventa un problema di sicurezza per i velivoli, in caso di fuoripista. Vale la pena segnalarlo? Tanto, poi ci diranno che siamo disfattisti e che l’aeroporto va bene così, anzi è una meraviglia. Magari non si accorgono di come viene trattata la poca gente che arriva fin lì: una bibita al bar (la cortesia non va più di moda) 2 euro, bicchiere di carta.
Non è solo questione di estetica, dicevamo, che pure ha il suo peso ed è necessaria. Il nostro obiettivo vagabondo ha gironzolato nei dintorni dell’aeroporto dell’Aquila, che qualcuno chiama “aeroporto dei Parchi”. Un nome pomposo ed esagerato. Dovrebbe chiamarsi aeroporto dei trascurati oppure aeroporto della jungla. Siamo a fine stagione, la vegetazione è ormai quasi secca. Ha avuto il tempo di vivere e sopravvivere, intatta. Che spettacolo desolante… Non è meglio una volta entrati nell’area aeroportuale, dove si ammirano tombini occlusi (come in tutta L’Aquila da sempre, del resto: perchè l’aeroporto dovrebbe fare eccezione?), acque di scolo di tutti i colori, soprattutto nere, erbaccia presso ingressi e uffici, persino presso i tavoli di un locale all’aperto. La manutenzione ordinaria – appunto, dicevamo all’inizio – non esiste, perchè l’aeroporto fa parte di una città in cui non è mai esistita, dove sostituire una lampada, pulire un parco, pulire le caditoie dei tombini, rifare un marciapiede, pulire una fontana pubblica, pulire le rotatorie e le aiole agli incroci, e così via, è di fatto impossibile. Nessuno dei servizi preposti funziona o esiste. E pensare che nel concorsone per assumere gente in comune, non figurano ruoli per operai e manutentori. Manderanno ingegneri e architetti e sturare tombini? L’Aquila era una città particolare nell’altra vita, e continua ad esserlo oggi, tranquillamente, quasi con impudenza. L’anormale è stato accettato, è diventato ordinarietà . Triste consuetudine di abbandono e decadenza, più che degrado.
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