Concorsone, riflessioni sul tema
(di Giampaolo Ceci) – Una decisone politica non deve essere solo giusta nell’immediato, ma anche e soprattutto deve essere valida per tutti, in un’ottica di prospettiva. Perché questo preambolo ovvio? Mi riferisco al fatto che i politici locali si sono messi in testa di organizzare meglio (a quasi 4 anni dal sima sic!) il lavoro espletato fino ad oggi dalla “filiera” che in questi tre anni ha “controllato” la congruità dei progetti della ricostruzione da un punto di vista tecnico ed economico e tante critiche ha raccolto da tutti.
Qualcuno ha ritenuto sarebbe stato più efficace il fai da te, ovvero portare la funzione di controllo all’interno della macchina comunale, anche se i soliti maliziosi hanno subito pensato che la decisone in verità fosse dettata soprattutto dal desiderio dei politici di poter influire meglio sulle decisioni e i tempi delle singole pratiche.
Così, piuttosto che potenziare la filiera e modificare le storture che pure ci sono state, o individuare altre strutture organizzate e competenti a cui affidare il delicato compito, si é pensato di smantellare tutto e procedere ad assumere nuovi tecnici in grado di svolgere in casa la stessa funzione di quelli della vituperata “filiera”.
Una decisione giusta? Il dubbio nasce dal fatto che le funzioni a cui adibire i nuovi assunti è finalizzata a superare una contingenza, mentre la assunzione dei tecnici é a vita!
Chi, per pitturare casa, assumerebbe un pittore, sapendo che poi non potrà più licenziarlo?
Le 128 unità da assumere nel comune dell’Aquila (ma le stessa valutazioni valgono anche per le altre assunzioni nei comuni del cratere) se oggi avessero 27 anni resterebbero al Comune per altri 40 anni prima della pensione, ovvero quando la ricostruzione probabilmente, anche nelle ipotesi più nere, sarà finita o comunque non necessiterà di tanti operatori.
Vero che ci sarà il tourn over di chi va in pensione, ma la assunzione di 128 persone di fatto congela le assunzioni almeno per i prossimi 20 anni, oltre a generare costi considerevoli (circa 4 milioni di euro l’anno per 40 anni!) che prima o poi graveranno sui cittadini.
Questi nuovi assunti poi, dovranno pure essere “formati”, con relativi costi, errori, tempi morti, incertezza del risultato, il tutto con la produttività tipica degli uffici pubblici.
E’ questa, quindi la soluzione migliore per risolvere il problema o si corre il rischio di passare dalla padella nella brace?
Supponendo pure che la soluzione sia quella giusta, si é posto il problema di come fare per selezionare i candidati migliori. Non potendo procedere a chiamata diretta come avrebbe voluto qualcuno, si é dovuto ricorrere al famigerato Concorsone, almeno per salvare le apparenze della trasparenza.
Il problema di come fare funzionare meglio la filiera é divenuto secondario per lasciare il posto a come fare per assumere personale locale salvando le apparenze di trasparenza e pari opportunità nei riguardi tutti gli altri giovani della penisola che giustamente aspirano anch’essi all’agognato posto pubblico.
Il vero problema si è spostato di orizzonte, dal nobile tentativo di fare funzionare al meglio al ricostruzione si è passati a discutere su come favorire il personale locale discapito degli altri.
Il dubbio traspare da una strana condizione posta senza valide ragioni nel bando, ove si riserva il 50% delle assunzioni al personale che abbia maturato un’esperienza professionale di almeno un anno nell’ambito dei processi di ricostruzione, presso strutture pubbliche locali.
Si dice che le professionalità maturate in un anno non devono andare perdute, ma appare evidente che è una forzatura logica, visto che gli assunti dovranno restare negli enti pubblici per almeno altri 40 anni e quindi più delle conoscenze maturate diviene importante scegliere chi sia in grado di acquisirne di nuove con facilità ! Molto più logico, a mio parere, sarebbe stato quello di affrontare il problema alla radice senza ipocrisie, approvando una apposita disposizione che riservasse la partecipazione al concorso comunale ai soli cittadini residenti nelle zone terremotate al momento del sisma, motivandola dal fatto che così si sarebbe favorita l’occupazione dei giovani locali e la rinascita economica delle zone terremotate.
Gli altri giovani della penisola avrebbero capito; la motivazione non è peregrina, almeno si sarebbe aperto il concorsone a tutti i residenti senza esclusioni o riserve scarsamente motivate che potrebbero ingenerare il dubbio che siano state prese per favorire i soliti noti.
Si sarebbe potuto anche effettuare la migliore selezione dei più adatti a compiere il delicato compito di controllo sui progetti della ricostruzione del centro.
Sono certo che anche la immagine dei politici locali ne sarebbe uscita meglio.
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