Siccità , l’estate maledetta già dimenticata?
L’Aquila – (di G.Col.) – LA STORIA DELL’ASSESSORE E DELLA FOGNA OTTURATA – PICCONE, L’UNICO AD AGIRE – (Foto: gli effetti della siccità appena due settimane fa – Lago di Scanno, meno 5 metri – Foto di Massimo Leone) - Piove e fa fresco, ormai sembrano lontani (ma non lo sono) i tempi dell’estate siccitosa, torrida, piena di problemi per il turismo e per l’agricoltura. Problemi che sono per molti già accantonati, se non dimenticati. Il turismo ha incassato la mazzata nei centri adriatici a secco per settimane. I disagi di tante città anche grandi, come Chieti, senz’acqua per notti e notti intere, sono alle spalle. Il crollo delle produzioni agricole (-30% in alcune zone, come il Fucino) fa parte del gravoso bagaglio crisaiolo.
Si grida al disastro, si punta alla dichiarazione dello stato di emergenza, e tutto si risolverà chiedendo soldi. Solo il sindaco di Celano, senatore Piccone, ha deciso di affrontare ora e senza ripensarci su il problema siccità in agricoltura, tenendo un consiglio comunale straordinario. Molto chiare e leali le sue parole: “Se non facciamo qualcosa di utile, sarà il fallimento della classe politica“.
I suoi colleghi scelgono invece di starsene in silenzio. L’Abruzzo è così: sussurri e grida quando i guai bussano alla porta, e poi trnquillo e comodo oblio. Se ne riparla l’anno prossimo…
Il problema idrico in Abruzzo è gravissimo. Dipende, in sintesi, dalla conclamata incapacità gestionale degli enti che si occupano dell’acqua, e dalle condizioni pietose della maggior parte delle reti idriche che disperdono il 50% dell’acqua erogata. Danni e disagi, qua e là , come nel Fucino, sono ascrivibili ad errori, omissioni, lentezze burocratiche, mancati interventi. Da nessuna parte si può mettere una pezza dicendo: “L’acqua manca”.
Infatti, in Abruzzo l’acqua non manca affatto, anzi è potenzialmente abbondante. La natura ce l’ha data, gli uomini la gestiscono da paura. Questo è il problema. Che nessuno intende davvero risolvere, perchè è escrescenza malevola di un malcostume annoso, prevalente, legato a fil doppio con la malapolitica.
Nella gestione degli enti idrici è potentemente infiltrata, infatti, la politica, con spartizione di incarichi e ovviamente prebende e potere politico da usare ad ogni elezione. La politica dovrebbe essere estromessa totalmente, e sostituita da tecnici esperti e onesti, con l’unico intanto di vendere l’acqua a prezzi giusti agli utenti. Non è così. Qualcuno ha sollevato anche questo aspetto del problema, durante l’estate siccitosa e assetata, ma voci del genere si spengono nel deserto: il potere non molla le sue prerogative, anche se i tempi sembrano orientati verso cambiamenti. Visti i risultati delle gestioni attuali, non dovrebbe essere difficile rovistare tutto e rivoltare il guanto.
L’autunno si avvicina, e la politica dimentica, accantona, insabbia, sceglie complicità e silenzi. la stampa dimentica l’argomento, si getta su altri temi. La prossima siccità è lontana… Ora, caso mai, è tempo di alluvioni, allagamenti, esondazioni, ponti e strade travolti dalle piene. Che noia, da anni sempre la stessa solfa.
Le reti idriche, e siamo all’altro problema fondamentale, di una semplicità assoluta, sono quelle bucate e frantumate di sempre, e non si parla di intervenire, compiere lavori, utilizzare somme, progettare interventi da compiere prima dell’estate del 2013. Assurdamente (ma in piena coerenza con l’inettitudine dominante) l’argomento è silenziato. Magari l’anno prossimo potrebbe far comodo a qualche politico a due centesimi al chilo cavalcare disagi e danni, per trarne tornaconto. In fondo, spesso la politica ha modo di sentirsi utile quando i cittadini sono nei guai. E solo nelle emergenze.
Chiudiamo con la storiella dell’assessore e dello sciacquone. Tanti anni fa nella frazione aquilana di Coppito c’era una fogna otturata o forse rotta. La gente quasi si inginocchiava di fronte all’assessore comunale che bazzicava un noto ristorante della zona. “Assessò, facci tirà l’acqua deju cessu…”. E poi magari, se mandava qualche operaio del Comune a sturare la fogna, gli portavano a casa mezzo agnello per Pasqua. Devoti e con la coda tra le gambe, per aver potuto tirare l’acqua dello sciacquone: una conquista sociale!
Non c'è ancora nessun commento.