Bando concorsone… (2):governo fermo
L’Aquila – RESTA LA PRESELEZIONE, DOMANDE ENTRO UN MESE – Per il cosiddetto concorsone a L’Aquila e in 55 comuni del cratere sismico, in sostanza, il Governo non si è mosso di un centimetro, indifferente a proteste, iniziative sindacali, politica. Evidentemente, poichè sull’argomento da qualche giorno si taceva, c’era qualcosa che non andava e i politici locali hanno preferito far finta di nulla. Non hanno cavato un ragno del buco, e quindi sono muti. Forse i tempi sono cambiati davvero in Italia: la politica bussa a porte che non si aprono. Per molti… era meglio prima. A pubblicare i bandi è la Gazzetta Ufficiale con la data di oggi. Resta l’infornata, forse l’ultima nella storia italiana, anche a tempo indeterminato, di decine di persone. Resta, solo parzialmente risolto, il problema del precariato a L’Aquila.
I dati, leggibili sui siti ufficiali, dal pomeriggio di oggi, non divergono da quelli già noti da tempo. 128 unità lavorative per L’Aquila, una settantina agli altri 55 comuni terremotati (che non ricadono solo nell’Aquilano), un altro centinaio (ministeriali) per gli uffici ricostruzione e alla Provincia. Qualche attenzione viene riservata a chi ha già svolto per almeno un anno lavori nell’ambito della ricostruzione ma in base ad un “formale contratto di lavoro”: resta da capire cosa si intenda. Comunque, si tratterà di persone che hanno lavorato per Regione, comuni, provincia dell’Aquila, uffici commissariali.
Il governo ha caparbiamente mantenuto le preselezioni, ovviamente a base di quiz, specificando che avverranno solo se le domande saranno più di 3.000: scontato che lo saranno, anzi forse si arriverà a numeri molto più grandi e da tutta Italia. Un vero incubo per tutti gli aspiranti e le loro flebili speranze. Chi supera le preselezioni dovrà sottoporsi a numerose prove e ad un orale. Restano immutati anche i termini per l’iscrizione, un mese da oggi, quindi 11 ottobre.
La conferma della pubblicazione dei bandi sulla GU, diffusasi nel pomeriggio, è stata accolta in silenzio. Sindacalisti e politici leggono, interpretano e aspettano per dire la loro. Il governo, a Roma, stacca la spina e sembra voler pensare ad altro. Tappandosi le orecchie come ha fatto fino ad oggi.
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