Province, il silenzio del comune aquilano
L’Aquila – (di Giuliano De Nicola, consigliere comunale IdV) – Nel momento in cui il dibattito sul riassetto delle Province entra nel vivo, ritengo sia necessario che l’intero Consiglio Comunale dell’Aquila prenda in esame il problema ed esprima il Suo autorevole parere.
Manca meno di un mese al 4 ottobre, data in cui il Cal (Consiglio autonomie locali) dovra’ far pervenire la sua proposta al Governo e ad oggi, sono state avanzate diverse e contraddittorie ipotesi, per cui appare strano che sulla stampa di domenica 9 settembre compaiano contemporaneamente due articoli che vanno nella stessa direzione.
Il primo, a firma del Sindaco di Pescara, propone la costituzione dell’unica provincia Appennino-Adriatica, che comprenda Chieti Pescara e Teramo. “Tale accorpamento – dice il Sindaco di Pescara – darà vita ad una Provincia con territorio vasto ed omogeneo sia nella parte litoranea che in quella pedemontana, senza barriere”.
L’altro articolo titola “Irelli propone di unire Teramo a Chieti e Pescara. Il forum per il riordino delle Province, organizzato dal Circolo abruzzese della Stampa, ha portato ieri in citta’ il
dibattito sulle varie ipotesi in campo”. A questo forum, se si eccettua la partecipazione del Presidente del Cresa, Lorenzo Santilli, non era presente nessun esponente aquilano.
I due autorevoli interventi vanno in un’unica direzione, la Provincia Appennino-Adriatica.
A parte alcune discutibili dichiarazioni, quali l’omogeneità di questo territorio o l’impulso alla ripresa economica che la costituenda provincia dovrebbe imprimere, considerando che gli attuali compiti delle Province sono ben codificati e normati ( Costituzione art. 117 lett. p e art. 3 comma 3 del TUEL 267/2000 ), non si comprende come questo assetto sia equilibrato rispetto all’ intera Regione.
A me sembra che si determinerà un notevole squilibrio di popolazione con una Provincia (la cosiddetta Appennino Adriatica) che include i tre quarti della intera popolazione abruzzese e la residua Provincia aquilana con solo un quarto della popolazione.
Tale assetto infliggerà un colpo mortale all’ agonizzante Provincia aquilana alle prese con il faticoso processo di ricostruzione dopo il terremoto. Se mai, si puo’ invocare un’omogeneità territoriale ed economica tra L’Aquila e Teramo proprio in considerazione delle tante imprese
teramane che operano nel territorio aquilano nel processo di ricostruzione.
L’ipotizzata Provincia Appennino-adriatica, che vede l’adesione di autorevoli personaggi della politica abruzzese, deve essere respinta con forza e determinazione perché, non solo determina un
fortissimo squilibrio demografico e territoriale, ma anche perché fa sorgere spontaneo un cattivo pensiero, che andreottianamente si avvicina alla realtà : dopo aver costituito questa ipotizzata macro
provincia, non si alzerà subito dopo qualcuno che reclamerà per essa il ruolo di capoluogo di Regione? Vogliamo tornare alle guerre per il capoluogo, di infausta memoria, degli anni settanta?
Non credo proprio che l’Abruzzo abbia bisogno di questo riassetto territoriale, ma se
proprio e’ necessario operarlo, si vada alla riorganizzazione con due Province, Chieti e Pescara, di fatto già territorialmente unite e una Provincia del Gran Sasso che unisca L’Aquila e Teramo.
Il territorio sarebbe più equilibrato e rimarrebbe da discutere solo della organizzazione amministrativa. Se questo nuovo assetto provinciale della Regione Abruzzo non e’ condiviso, valga allora la posizione e la proposta dell’Idv che e’ per la completa abolizione di tutte le Province, le cui competenze possono essere attribuite in parte alla Regione, in parte ai Comuni.
Solo così si realizzerebbe un concreto risparmio economico, a tutto vantaggio dei cittadini.
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