Riordino province, parliamoci chiaro
L’Aquila – (di Giampaolo Arduini) – Potrebbe essere la cura dimagrante per gli Enti locali, a cominciare dalle Province, ma di certo non lo sarà almeno tempi brevi. Il riordino di questi Enti dovrà essere secondo il legislatore il primo vero passo concreto, sul quale si parla da tempo, di una dieta economica oltre che burocratica che porterà al ridimensionamento delle Province italiane. Dovrebbero sparirne 64 per restarne solo 43. Il condizionale è d’obbligo vista la consistenza del riordino e la “fantasia” di molte amministrazioni provinciali che tenteranno il tutto per tutto pur di restare in vita.
In Abruzzo le province che attualmente hanno i numeri per restare tali sono: L’Aquila e Chieti, mentre dovrebbero sparire Pescara e Teramo. Difficile stabilire se sarà questo il risultato finale oppure sarà portato a termine il tentativo di ridisegnare una terza provincia considerato che ci sarebbero i numeri per farla nascere. Non mancheranno certo le solite spinte campaniliste, anche se questa volta il legislatore appare piuttosto determinato almeno nel percorso da compiere.
Il tutto avverrà attraverso la legge 135 del 7 agosto scorso sullo spending review, votata dal parlamento italiano nell’ambito del più generale contenimento della spesa pubblica che riordina il sistema delle province. Infatti, tutte le province delle Regioni a statuto ordinario sono oggetto di riordino, al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei, necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio.
Le principali regole riguardano i residenti e le dimensioni del territorio previsto per ciascuna provincia. 350.000 il numero minimo di abitanti previsti, dove la popolazione è determinata in base ai dati dell’Istituto nazionale di statistica relativi all’ultimo censimento ufficiale o comunque disponibili alla data di entrata in vigore della normativa e la superficie minima di 2.500 kmq per ogni futura provincia. Sono fatte salve invece le province nel cui territorio si trova il comune capoluogo di regione.
Il Consiglio delle autonomie, convocato oggi a L’Aquila, entro il 2 ottobre dovrà approvare una ipotesi di riordino degli Enti provinciali e inviarla alla Regione Abruzzo entro il giorno successivo. Trascorsi venti giorni dalla data di trasmissione dell’ipotesi di riordino, comunque, anche in mancanza della trasmissione, ciascuna Regione, quindi anche l’Abruzzo, trasmette al Governo una proposta di riordino delle province ubicate nel proprio territorio. La norma prevede che le ipotesi e le proposte di riordino tengano conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti alla data di adozione della deliberazione. Il riordino deve essere, comunque, effettuato sempre nel rispetto dei requisiti minimi determinati sulla base dei dati di dimensione previsti dalla legge 135 riferiti al territorio ed alla popolazione.
Intanto, entro il 5 settembre prossimo il Governo individua le funzioni di competenza statale finora assegnate alle Province e in futuro trasferite ai Comuni. Successivamente, sempre nel mese di ottobre, dopo la trasmissione al Governo delle proposte di riordino ricevute dal Consiglio delle autonomie locali, la Regione, qualora non riceva alcuna proposta in tal senso invierà, comunque, una ipotesi di riordino. Le tappe del programma prevedono sempre dentro il mese di ottobre l’approvazione da parte del Governo, sentita la conferenza unificata Stato-Regioni e autonomie locali, anche del riordino delle Province per le quali non è stata comunicata alcuna proposta da parte delle Regioni interessate.
Come si può notare un percorso a tappe forzate che non offre margini di sorta per inutili dibattiti sulle strategie da seguire. Lo stringente cronoprogramma posto in essere non concede poi deroghe, pertanto sin dalla prossima settimana conosceremo le deleghe che verranno trasferite ai Comuni con buona pace delle Province. Il tema è caldo e per taluni versi appassionante, soprattutto per conseguenze di un possibile ridisegno della geografia delle province abruzzesi. Inutile sottolineare che non mancheranno polemiche campanilistiche, come gli stucchevoli richiami venuti durante l’estate che riproponevano Pescara capoluogo di regione.
Fuori da ogni contesa campanilista l’occasione può essere seria se il Consiglio delle autonomie locali saprà offrire lo spunto autentico per un riequilibrio economico e sociale dell’Abruzzo. Evitando marginalizzazioni di territori già duramente colpiti dagli eventi naturali rispetto ad altri territori che devono trovare il giusto rapporto. Pertanto quella che può sembrare oggi una mortificazione per i territori potrebbe divenire l’occasione per un rilancio attraverso delle giuste compensazioni che la Regioni dovranno valutare.
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