D’Amico, John Fante e l’ossessione Hitchcock
(Di Carlo Di Stanislao) – Fra le cicche della VII edizione de “Il Dio mio Padre”, festival letterario che Torricella Peligna dedica al suo grande figlio John Fante, la presentazione, venerdì 24 agosto, dopo la premiazione dei libri finalisti e la cerimonia per i vincitori delle sezioni “Opera Prima” e “Opera Prima Abruzzo”, nella parte dedicata ad una grande famiglia del luogo, quella dei D’Amico (con il capostipite Silvio, grande critico e teorico del nostro teatro, morto nel 1955); la proiezione del film di Luigi Filippo D’Amico “Viaggio nel continente”, con introduzione e commento a cura si Masolino e Caterina D’Amico, il primo docente di letteratura americana a Roma Tre e la seconda direttrice della Casa del Cinema di Roma.
Il film, con Lando Buzzanca e Paola Pitagora, è il libero adattamento per lo schermo di due novelle di Pirandello: “La balia” e “Lumìe di Sicilia”, uscito lo stesso anno, il 1968, in cui D’Amico gira una serie di 5 telefilm per la televisione (allora c’era solo la Rai) dal titolo complessivo Il mondo di Pirandello e, in entrambi i casi, mostrando di giocare in casa e lavorare su un autore che conosceva a fondo, essendone addirittura diventato genero.
Va qui ricordato che, per Sellerio, Luigi Filippo D’Amico ha anche curato un saggio fondamentale sul grande suocero, dal titolo emblematico: “L’uomo delle contraddizioni”, in cui gettava uno sguardo nuovo, deferente, affettuoso, a tratti commosso, ma capace di evidenziare alcuni discutibili aspetti del carattere del drammaturgo siciliano e certe sue stranezze.
Pirandello D’Amico lo conobbe bambino, così come conobbe bene Marta Abba; da Lietta, sua suocera, ebbe racconti preziosi e assolutamente di prima mano, mentre altre informazioni su episodi inediti ricavò dagli zii Alberto Cecchi, Antonio Baldini e dal padre Silvio.
In quel libro, nel film che abbiamo rivisto a Torricella e nei telefilm per la Rai, D’Amico non propone nuove interpretazioni, ma ci parla dei personaggi che raccontano direttamente un uomo dal carattere difficile e dalle forti passioni, che si trovò a fronteggiare la follia della moglie, mai troppo tenero con i figli anche se generosissimo, capace di infiammarsi per l’attrice prediletta e di essere sempre e comunque fuori dal coro.
Morto nel 2007, Luigi Filippo D’Amico, intraprese giovanissimo la carriera di critico con lo pseudonimo di Filippo Mercati, nome che impiegò anche per le prime collaborazioni come sceneggiatore e aiuto regista.
Il suo esordio come regista rimonta al 1955 con Bravissimo, pellicola in cui è già evidente la sua abilità a imprimere alla narrazione un ritmo serrato, cui fecero seguito: alla narrazione: le scene si susseguono rapide, i fatti sono ben concatenati e lo spettatore rimane attratto dalla storia, incuriosito dal suo sviluppo e dal suo esito Noi siamo le colonne (1956), Mariti a congresso e Akiko, entrambi datati al 1961.
L’anno successivo abbandona i toni della commedia e si cimenta in un film di guerra, Quattro notti con Alba e, poi, per tre anni tace. Poi, nel 1963, firma l’episodio Guglielmo il dentone nel film I complessi , che rappresenta senza dubbio il momento più alto del film con un Sordi indimenticabile.
L’anno dopo un altro film collettivo I nostri mariti, nel gira, sempre con Sordi, il primo dei tre episodi, dal titolo Il marito di Roberta.
Poi, a parte il film da Pirandello e i telefilm già richiamati, si ferma ancora, per tornare al cinema nel 1970, con quel piccolo gioiello che Il presidente del Borgorosso Football Club, con Sordi grande mattatore, in una storia godibile e piena di trovate, ma fatta a pezzi dalla critica.
Tre anni dopo firma il suo capolavoro: Amore e ginnastica, tratto dall’omonimo racconto di E. De Amicis, con la sceneggiatura dallo stesso regista, insieme alla cugina Suso Cecchi D’Amico e a Tullio Pinelli.
La storia è ambientata a Torino alla fine dell’Ottocento. Racconta l’infatuazione di Simone Celzani (L. Capolicchio), per Maria Pedani (S. Berger). Entrambi vivono nello stesso palazzo, uno stabile signorile nel centro della città, amministrato da Simone che è nipote del proprietario, il commendator Celzani (un esilarante A. Fàà di Bruno). Il giovane ha trascorso alcuni anni in seminario ed è rimasto timido e impacciato, lei è una maestra bella e dinamica, dedita alla divulgazione della ginnastica nella scuola: la materia era appena stata introdotta nei programmi ministeriali e provocava accesi dibattiti tra i favorevoli e i contrari. La storia d’amore appare impossibile perché i due caratteri sono agli antipodi, ma quando tutto sembra finire negativamente ecco che un lungo bacio sui titoli di coda suggella l’amore tra i due protagonisti.
Gli ultimi film di D’A. come regista sono L’arbitro (1974), Il domestico (1974) e San Pasquale Baylonne protettore delle donne (1976), tutti con Lando Buzzanca, con cui aveva iniziato, come detto, nel 1968, attore di scarsissime qualità interpretative, provo di sensibilità e dalla di comicità facile e scollacciata, protagonista di commediacce all’italiana, genere nel quale, cade anche il D’Amico di fine carriera, molto lontano dalla finezza dei suoi film precedenti.
In “Viaggio nel continente” compare una giovanissima Paola Pitagora, mitica attrice degli anni settanta, che, nel 2012, ha festeggiato, prendendo parte alla fiction ‘Le Tre Rose di Eva’, ha festeggiato i 50 anni di attività ininterrotta.
Passando ad altro, tutto è pronto al Lido per la partenza, domani, della 69° edizione del Festival Internazionale del Cinema di Venezia, con una mescolanza fra arte, musica, moda e architettura e, contemporaneamente, si annuncia la prossima uscita, da parte della solita HBO (quella de “Il trono di spade”), del nuovo film per la tv “Girl”, con Toby Jones e Sienna Miller, in cui Antonhy Hopkins interpreterà Hitchcock ed in cui si parlerà del rapporto ‘malato’ tra il grande regista e la sua protagonista Tippy Hedren, durante le riprese di “Gli Uccelli”, con in più la ricostruzione del “making of” di “Psycho”. Il trialer del bioptic è già on-line su www.cineblog.it e, da quello che si vede, il risultato è molto interessante.
Ben nutrita la pattuglia italiana al Lido, con Bellocchio, Ciprì e Comencini nel concorso principale e “Gli Equilibristi” di Ivano Di Matteo, nella sezione Orizzonti. Interpretato da Valerio Mastrandrea, nel ruolo di un quarantenne che, cacciato di casa dalla moglie dopo un tradimento, finisce suo malgrado in una spirale di povertà, precarietà, bugie, orgoglio, doppi terzi e quadrupli lavoro che non riescono mai a garantirgli la serenità esistenziale ed economica.
Un film, si legge in giro, che è un viaggio doloroso in un inferno di nuova povertà ed uno spaccato della nuova Italia di questi difficili anni.
Di là dal tifo per il nostro cinema, questa edizione riapre, dopo 13 anni, le porte a Alberto Barbera, che è anche alla sua prima volta da direttore.
Ed è proprio Barbera, che ha annunciato, tramite video, le novità di questa edizione, che fanno rima con innovazione e tecnologia, grazie ad alcune trovate che definire ‘a sorpresa’ è dire poco.
Per la prima volta nella storia della Mostra, ad esempio, si potrà assistere online, e ovviamente a pagamento, alle proiezioni di 10 film della sezione Orizzonti, in modo da ‘avvicinare’ la gente ‘comune’ ad un Festival che di ‘comune’ ha poco.
Partecipare al Festival costa molto, anche quanto si entra gratis come giornalisti accreditati, cosa che è capitata quest’anno a Giovanni Chilante, accreditato al Lido come rappresentante della Lanterna Magica de L’Aquila, ma che dovrà provvedere a proprie spese al viaggio ed al sostentamento.
Comunque, al solito, il programma è così ricco (vedi: http://www.labiennale.org/it/cinema ) che il nostro pur volenteroso Chilante dovrà fare delle scelte.
Certamente seguirà la nuova sezione del “Green Drop Award”, incentrata sul legame tra sviluppo umano e sostenibilita’ ambientale, presieduta da Ermanno Olmi e voluta dal Premio Nobel per la Pace Mikhail Gorbaciov, fondatore di Green Cross International, che sarà a Venezia.
E altrettanto certamente la 13° edizione di “Circuito off”: macro-contenitore delle nuove tendenze attuali e underground, con nomi illustri e talenti emergenti che fanno dell’ibridazione di linguaggi il proprio terreno d’elezione.
Certamente vedrà e sosterrà il nostro cinema, in tutte le sezioni, concentrandosi su “Premium Cinema Talent”, alla sua seconda edizione riconoscimento che Simona Ralli di Mediaset Premium ha stabilito di assegnare a un attore o a una attrice che abbiano dimostrato particolare talento nel cinema, in teatro e in televisione, evento realizzato da Francesco Zurlini, figlio d’arte del regista bolognese Valerio Zurlini, con in giuria in giuria Fulvia Caprara (La Stampa), Alessandra De Luca (Avvenire/Ciak), Alessandra Magliaro (Ansa).
Ed ancora non si perderà la prima del triller erotico ”Passion”, pellicola del grande Brian Di Palma, con Rachel McAdams e Noomi Rapace in versione lesbo (tema affrontato marginalmente ma con grande sensualità nel 2002, con “Femme fatale”), remake del film francese del 2010, “Crime d’amour” di Alain Corneau, che correrà anche per il Queer Lion, premio collaterale del Festival dedicato, al cinema con “con tematiche omosessuali e queer culture”.
Ma, conoscendolo, soprattutto non mancherà, per la “ Settimana Internazionale della Critica”, alla proiezione del primo film da regista di Luigi Lo Cascio: “La città ideale”, con lo stesso Lo Cascio e con Matrinel Marlon, Luigi Maria Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata, Aida Burruano e Roberto Herliztka, sempre più presente nel giovane cinema d’autore.
Naturalmente io gli ho consigliato di non perdere nessuno dei grandi presenti, oltre a De Palma, i tre registi che hanno vinto l’Oscar, Susanne Bier, Jonathan Demme, Robert Redford, i tre registi entrati nelle cinquine, che l’hanno perso per un’incollatura, ovvero, sempre De Palma, Spike Lee e Terrence Malick e la triade di autoriche hanno già avuto l’onore di stringere tra le mani il Leone d’Oro: Takesho Kitano, Mira Nair e Tsai Ming-liang.
Ma, insomma, le giornate sono di 24 ore e bisogna anche mangiare e dormire.
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