Botticelli e i vasi comunicanti
Giovedì scorso, non pensavo di trovare delle informazioni utili ad intepretare la ricostruzione della città dell’Aquila tra i tre dipinti del Botticelli in mostra nella sede temporanea di Palazzo della Ragione dell’Accademia Carrara di Bergamo. Eppure, nonostante internet e nonostante le tante fonti informative presenti nel centro dell’Italia così è stato. Ancora emozionato dagli effetti luminosi e cromatici di grande raffinatezza del Vir dolorum (Cristo Dolente), del Ritratto di Giuliano de’ Medici e della Storia di Virginia, ho deciso di prendere un caffè in Piazza Vecchia di Bergamo Alta nel bar sotto Palazzo della Ragione. Appena seduto mi casca l’occhio sul titolo dell’editoriale di un giornale che non doveva essere li perchè di un’altra città. Qualche avventore prima di me lo aveva lasciato sul tavolino. Il giornale era La Gazzetta di Parma e l’editoriale si intotolava “L’Italia ha bisogno di rivedere gru in azione”.
Vabbè, avevo letto il giorno prima l’intervista al Ministro Barca sul Corriere in merito alle gru che vuole vedere in Italia ma, a parte la superficialità nello spiegare agli italiani il concorsone da svolgersi all’Aquila per assumenre “i manager” della ricostruzione, non diceva cose utili per capire come e quando si ricostruirà L’Aquila. Eppure, questo editoriale sulla gazzetta di Parma aveva qualcosa in più. Era a firma del giornalista aquilano Bruno Vespa ed incuriosito inizio a leggerlo. Iniziava proprio così: “C’è un uomo di sinistra, intelligente, preparato e pragmatico che ha usato finalmente il linguagio della chiarezza assai caro a noi uomini della strada. “Voglio vedere le gru dei cantieri”, ha detto Fabrizio Barca, Ministro per la coesione territoriale. Figlio d’arte (suo padre è stato a lungo il cervello economico del Pci), un’ampia esperienza accademica all’estero…..”.
Stop. Mi basta riportare questa prima parte per arrivare al dunque. Personalmente non mi interessa sapere per quale squadra tifa il ministro o sapere se sta con la bandierina in mano quando esercita il ruolo di ministro con delega alla ricostruzione della città del’Aquila. A me, come a tanti altri aquilani, interessa sapere se dal suo insediamento ad oggi abbiamo perso tempo o meno. Per rispondere a questa domanda non servono parole o altre interviste. Sevono i fatti, servono i dati di partenza dal suo insediamento ed i dati di arrivo fra qualche mese quando il suo governo terminerà il mandato. Molti aquilani vivono nel disagio e disorientati da aprile 2009. Senza casa, senza idee chiare sulla tempistica di rientro, sballottati da un’elezione all’atra. Tutto questo mentre il premier Monti ci ricorda ogni giorno che vuole promuovere la concorrenza e il merito, favorire la nascita di nuove imprese, attrarre investimenti esteri, mettere in cantiere nuove infrastrutture per 15 miliardi di euro. Sentite il premier Monti dire queste cose e vedere tutto fermo dopo, ormai, alcuni mesi dal suo insediamento, fa venire un po di impazienza tra noi poveri spettatori. Quello che il ministro afferma nell’intervista sul Corriere della sera di mercoledì 22 agosto in merito ai criteri di scelta dei manager del terremoto mi fa pensare a quel comma sul finanziamento dell’Accademia dell’immagine, inserito sul decreto legge per il terremoto dell’Abruzzo alcuni giorni dopo il terremoto. Con i palazzi ancora fumanti pensare a coprire i debiti di un’Accademia in odore di fallimento invece di pensare agli orfani o a chi aveva realmente bisogno è stata una vergogna storica che purtroppo sarà materia di studio delle future generazioni. Così come lo sarà il mAI modificato comma sul rilancio dell’economia del cratere che riguardava e riguarda i contratti di programma delle grandi aziende d’Abruzzo che guarda caso nulla avevano e nulla hanno a che vedere con la città dell’Aquila allora distrutta ed ancora oggi distrutta e senza una prospettiva di rilancio economico. Erano altri tempi. Le ministre scendevano in minigonna dall’autobus alla finanza e rilasciavano interviste a giornaliste più simili a prefiche che a croniste. Galoppini da tutto l’abruzzo consigliavano molto male i capo gabinetti romani sul da farsi allargando a più non posso i confini del cratere. Anche Bertolaso se ne risentì per le esagerazioni.
Ora è bene ripetere che non ci interessano più i colori delle bandierine. Ora contano i fatti. Non ci sono più margini. Chi doveva fare i film li ha fatti. Chi doveva fare il cicerone tra le macerie lo ha fatto. Ora però i fatti. Gli aquilani vogliono riprendersi la propria vita, di provincia ma dignitosa, o almeno avere dei punti di riferimento certi per quanto riguarda gli obiettivi, il come, il quando e il chi farà cosa. Nessuno starà zitto. Nessuno baratterà ancora il silenzio per un tozzo di pane. Lo stato italiano comunichi cosa sarà della città dell’Aquila e ponga in essere le azioni conseguenti senza tentennare o senza cercare le strade politicamente corrette utili alle prossime elezioni. La città aspetta con fiducia.
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