Quando di scroccare ci si vergognava


Avere un’età significa anche avere ricordi e memoria. Li mettiamo a disposizione di tutti nella squallida storia dei biglietti a scrocco per le partite e, a quanto pare, anche per i concerti a Pescara. C’è stato un tempo, cari politici e politicanti di oggi, e cari cittadini, in cui lo scrocco era una vergogna per tutti o quasi tutti. In una grande manifestazione artistica a L’Aquila, fu offerto un costoso pranzo nel ristorante Tre Marie alla stampa. A tavola mancavano un giornalista inglese e uno tedesco: i loro giornali, spiegarono, non consentivano di accettare nulla. Stupore di tutti. E buon appetito subito dopo.
Quando a L’Aquila fu trasferito il capo redazione di un quotidiano, ci disse che il suo giornale gli chiedeva di aprire il conto in banca fuori regione, non nella sede di lavoro. Per tutta la nostra carriera giornalistica, c’è stato chi ha rifiutato tessere omaggio e ingressi di favore in teatri, concerti, manifestazioni, stagioni sciistiche. In molti a costoro hanno tolto il saluto, qualcuno li ha apprezzati.
E potremmo ricordare tanti altri episodi e personaggi, anche in politica, che rifiutavano favori, omaggi, privilegi, inviti in albergo, regalini a Natale e Pasqua, strizzate d’occhio, cene e così via. Sì, perchè lo scrocco, allora, era considerato una caduta di stile, tranne che in rari casi e situazioni di inevitabili amicizie e rapporti personali, sempre presenti nelle piccole comunità di provincia. E limpidi.
Oggi lo scrocco si pretende ad alta voce, anzi si codifica in elenchi che poi, scoppiato il caso, spariscono in fretta e furia, mentre tutti se la danno a gambe e rivendicano vergignità da puella medievale. Nessuno vuol fare demagogia o retorica, ma forse era meglio prima. Che ne dite?



24 Agosto 2012

Gianfranco Colacito  -  Direttore InAbruzzo.com - giancolacito@yahoo.it

Categoria : Editoriale
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