Perdonanza, saluto di Molinari
L’Aquila – PER IL VESCOCO AQUILANO E’ ANCHE UN COMMIATO – Questa sera, all’accensione del tripode della Perdonanza, mons. Giuseppe Molinari ha dato a tutti un sentito e commosso saluto:
“Carissime Autorità, carissimi fratelli e sorelle, è con un po’ di emozione che prendo la parola, questa sera, per questo breve saluto. Penso che … potrebbe essere l’ultima occasione che mi viene offerta per partecipare a questa manifestazione e dare questo saluto. E vorrei tanto che le mie parole fossero estremamente sincere, questa sera.
Siamo alla 718^ edizione della Perdonanza Celestiniana e, riandando con la memoria ai miei cinquant’anni di sacerdozio (con in più gli anni di seminario) penso di aver partecipato almeno alle ultime sessanta edizioni della Perdonanza. Un primato che credo di condividere con pochi dei presenti.
Ricordo la Perdonanza, semplice, ridotta ad una scarna manifestazione a Collemaggio, che per noi ragazzi di allora aveva il momento culminante nella benedizione delle auto convenute sul piazzale di Collemaggio.
E, soprattutto, per noi ragazzi di allora, il momento più atteso era il concerto assordante di tutti i clacson delle macchine, che si verificava subito dopo la benedizione con le reliquie dall’alto della torre a destra della facciata della Basilica.
Da allora quanta strada è stata fatta per il recupero del senso più vero, rivoluzionario e liberante della Perdonanza.
Siamo grati a tutti coloro che in questa “riscoperta” hanno avuto un ruolo decisivo. Io ricordo che fu soprattutto dopo il 1983 che la nostra città cominciò ad appassionarsi di nuovo ad una degna e quasi sfarzosa celebrazione della Perdonanza. E, coincidenza singolare, quell’anno iniziò anche la tradizione di invitare un Cardinale per l’apertura della Porta Santa. E quell’anno il Cardinale era Carlo Confalonieri, un grande Arcivescovo al quale tutta la Chiesa e la città dell’Aquila sono eternamente grati. Nel momento più buio del dopo-guerra mentre le truppe tedesche lasciavano anche la nostra città, l’allora Arcivescovo Confalonieri fu il vero salvatore della patria, colui che salvò la nostra città da una tragica fine.
Perché sto raccontando tutto questo?
Mi viene spontaneo fare un bilancio semplice, provvisorio, necessariamente incompleto. Sia come semplice sacerdote, sia come Vescovo, ho avuto la grande fortuna e l’immensa gioia di vivere la Perdonanza soprattutto dall’interno.
Ho partecipato spesso a tutte le manifestazioni culturali ed artistiche che hanno accompagnato le varie edizioni della Perdonanza. Ed ho ricordi molto significativi in proposito. Purtroppo ci sono stati momenti nei quali sembrava che, l’impegno dell’Amministrazione Comunale e del relativo Comitato Perdonanza fosse soprattutto quello di preparare un programma con artisti e cantanti famosi ( che esigevano anche costosissimi compensi). Quante volte, purtroppo, i dibattiti sulla stampa si esaurivano nel parlare dei vari spettacoli e della loro validità artistica.
E questo non è stato positivo in rapporto all’autentico messaggio della Perdonanza.
Anzi c’è stato il continuo rischio di dimenticare, alterare, manipolare e svuotare il grande messaggio religioso, umano e culturale della Perdonanza.
Io ho sempre sostenuto che, tutto sommato, il clima di festa era parte essenziale della Perdonanza. E queste manifestazioni musicali potevano essere una cornice degna alla grande festa della Perdonanza (a patto di non giungere a certe esagerazioni che tutti ormai conoscono).
In fondo anche il Vangelo parla della festa della Riconciliazione.
Ma un giorno il grande studioso francescano P. Giacinto Marinangeli, a cui tutti noi aquilani dobbiamo essere grati per il suo contributo scientifico alla riscoperta della Perdonanza, mi disse: «Eccellenza, carissimo don Giuseppe, però nel Vangelo si parla della festa solo dopo la conversione».
Effettivamente nelle pagine del Vangelo (pensiamo, per esempio, alla storia di Zaccheo, e a quella di Matteo, tutti e due pubblicani), la grande festa nella casa di questi uomini che hanno incontrato Gesù, avviene solo dopo la loro conversione.
E Gesù stesso aveva detto: «Si fa più festa in cielo per un solo peccatore che si pente che non per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione».
Ed allora, carissimi fratelli e sorelle, carissimi Aquilani, siamo giustamente fieri perché a noi, S. Celestino ha fatto questo grande dono ( che è un dono per tutta la Chiesa). Ma non dimentichiamo mai che il senso più vero della Perdonanza è la nostra conversione, il riconciliarci con Dio, con i nostri fratelli e con tutta la creazione.
S. Celestino ci chiede questo. E ce lo ricorda questa sera, all’inizio di queste manifestazioni di questa 718^ edizione della Perdonanza.
Come prete e come Vescovo i ricordi più belli di tutte le Perdonanze alle quali ho avuto la gioia di partecipare sono le lunghe ore di confessioni nella Basilica di Collemaggio dalla sera del 28 agosto alla sera del giorno successivo. Quanti fratelli e sorelle ho avuto la gioia di incontrare, di aiutare a riconciliarsi con Dio. Ricordo tutte le loro storie e prego sempre per loro.
Ma vorrei concludere sottolineando che richiamare questo senso profondo e autentico della Perdonanza non è evadere dalla realtà, non è dimenticare i problemi del momento, che sono numerosi ed immensi, a cominciare da tutti i problemi connessi con la tragedia del sisma del 6 aprile 2009.
Forse qualcuno mi rimprovererà perché anche questa sera ho parlato poco del terremoto. Ma non vi rendete conto che c’è una inflazione di parole su questo tragico argomento?
Chi ha riscoperto e vive il senso vero della Perdonanza impara l’umiltà, il silenzio, la sincerità, il culto della verità.
Chi vive la Perdonanza, chiunque esso sia, qualunque sia la sua responsabilità, sa che i propri fratelli non vanno mai ingannati, che nessuno può nascondersi dietro linguaggi contorti e falsi della politica, della burocrazia e, soprattutto, di interessi egoistici mascherati da apparenti buone intenzioni. Questo impegno sincero ci viene chiesto soprattutto dai nostri 309 morti del terremoto.
San Celestino ci insegni ancora una volta la vera conversione.
Dall’autentica conversione del cuore nascono gli uomini e le donne capaci di costruire un mondo nuovo, una società nuova, una storia nuova.
E, soprattutto, per quello che ci riguarda, una città nuova, dove c’è spazio per tutti, dove è rispettata la dignità di tutti, dove, soprattutto i piccoli, i poveri, gli indifesi, sono ascoltati, difesi e aiutati a ricostruire la loro speranza.
Dove ognuno di noi può ricostruire la propria speranza.
San Celestino ci ascolti e ci aiuti.
Buona Perdonanza a tutti!”
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