Rugby? La Coppa del Mondo, cosa loro
(di Pierluigi Giammaria) – OLD FARTS HIT AGAIN – Perdonate la maleducazione del titolo in inglese, ma voglio essere sicuro che, se per caso la rivista capita in mano a qualcuno oltremanica, si capisca bene come la penso. Il riferimento (ovvio per gli addetti ai lavori) è ai ‘vecchi scoreggioni’ che, secondo Will Carling, grande capitano dell’Inghilterra, gestiscono il rugby. La data? Prima metà degli anni ’90. E le cose stanno ancora così, a vedere com’è andata la faccenda dell’assegnazione della Coppa del Mondo 2015 e 2019.
Ricapitolando, c’erano quattro candidature per due mondiali (non tutte doppie, mi pare, ma è irrilevante): Giappone, Inghilterra, Italia e Sudafrica. Va pur detto che quella italiana non era affatto la peggiore – qualche errore, semmai, è stato fatto dopo – e che il bid era stato ben costruito. Nel bel mezzo dei test di giugno la società che gestisce i diritti della Coppa del Mondo ha ‘raccomandato’ (nel senso proprio di recommends: e perché devo tradurre diversamente?) l’Inghilterra per l’edizione 2015 e il Giappone per l’edizione 2019; su quali criteri, non è stato dato sapere. Il Sudafrica ha infatti protestato, chiedendo di conoscere le motivazioni. Qua, secondo me, l’Italia ha sbagliato: perché non si è perlomeno provato a fare fronte comune con Sudafrica (e Australia e Nuova Zelanda), intessendo relazioni ad alto livello durante il tour? Ci voleva uno sforzo diplomatico al massimo livello che, invece, non c’è stato, a meno che – io non lo so – non si sapesse che era inutile pure quello. Capitolo finale della farsa: presentazione in pompa magna, luci, riflettori, grande attesa (di cosa? Pulcinella’s secret: e che se lo traducano loro), stampa, fotografi etc., e – rullo di tamburi – l’IRB annuncia le nazioni che ospiteranno i prossimi due mondiali. Chi sono? Ma l’Inghilterra nel 2015 e il Giappone nel 2019! Clamoroso, decisamente. Tradotto? Tutto fermo e ingessato a Huguenot House. L’assegnazione del 2015 all’Inghilterra significa ‘obbedisco’; quella al Giappone è risarcitoria per un inseguimento che dura da quasi dieci anni. Se tutto va bene, a noi toccheranno i mondiali del 2027. Insomma, da una parte, un irritante gioco di compensazioni e di ‘elargizioni’: a furia di bussare e di pagare e/o garantire quattrini, al Giappone alla fine hanno aperto, dopo averlo fregato in malo modo per il 2011. Il CIO, a questi, gli fa un baffo. Dall’altro, è davvero insopportabile tutta l’ipocrisia che ha circondato la vicenda e il voler spacciare come scelte e decisioni di politica sportiva fatti che sono in mano a non più di quattro/cinque persone (o personaggi). Diciamola tutta: l’IRB è solo la facciata, perché il vero centro di potere è la company che gestisce la grana. E siccome ai boss inglesi serviva fare un po’ di cassa, ecco qua: raccomandazione e via. Nessuno nega che, nel rugby, l’Inghilterra conti più dell’Italia, per carità , come nessuno nega che un movimento come il rugby, sport, anzi gioco non ‘universale’ (cioè diverso da atletica o nuoto, per esempio) non possa prescindere da una bonaria dittatura dei paesi più importanti. I punti, però, sono due. Punto primo: se non si comincia ad espandere verso il proprio ‘ceto medio’, il rugby è destinato a rimanere asfittico. Un mondiale ‘middle-class’ (quello al Giappone) su nove, e dopo 32 anni dal primo, è una media stupida e miope. Punto secondo: per lo meno i signori dell’IRB ci risparmino e ci facciano risparmiare. Ci risparmino l’inutile manfrina di una procedura che fa solo il verso ad una vera concorrenza tra candidature, per poi delegare il tutto a lor signori. Ci facciano anche risparmiare soldi per preparare inutili bid e costose presentazioni. Facciano anche risparmiare, a noi poveri scriba, tempo e inchiostro. La Coppa del Mondo è cosa loro, degli Old Farts: caro vecchio Will, come avevi ragione; e poi parlano della mafia italiana. Non ci resta che attendere il 2027, se ci saremo.
Non c'è ancora nessun commento.