Ateneo, retroscena del Senato accademico


L’Aquila – Antonio Arcadi, Edoardo Alesse, Giuseppe Celenza, Alessandro D’Innocenzo, Norberto Gavioli, Roberto Giacomelli, Simone Gozzano, Paola Inverardi, Michele Maccherini, Antonio Mecozzi, Alfio Signorelli, docenti e studiosi impegnati in materie e discipline scientifiche, scrivono: “Il nuovo Senato accademico ha designato, nella sua prima seduta, i componenti interni ed esterni del Consiglio di Amministrazione. Tale designazione, tuttavia, ha portato a una spaccatura in seno al SA medesimo,
mostrando che nel nostro Ateneo si confrontano visioni diverse e distanti, nel merito e nel metodo, di cosa può essere l’Università dell’Aquila.
Questa constatazione è un importante punto di partenza per aprire un dibattito che dovrà coinvolgere l’Ateneo tutto e che non può rimanere al chiuso delle riunioni degli organi. Organi che sono stati rinnovati e che dovranno accompagnare il nuovo mandato rettorale.

Che cosa è successo nella prima riunione del nuovo SA?
Partiamo dal merito per poi discutere il metodo
Premessa la piena stima nei confronti di coloro che, esterni ed interni all’Ateneo, sono stati nominati
membri del CDA, la motivazione principale che è stata addotta dal Rettore e dai membri di Senato
favorevoli alla proposta finale è stata quella di costruire un Consiglio di Amministrazione “tecnico”,
intendendo con ciò un profilo amministrativo-contabile.

Da parte nostra viceversa, abbiamo sottolineato che il ruolo del Consiglio di Amministrazione, nella
legge 240 e nel nostro Statuto, è primariamente di indirizzo strategico, quindi programmatico e non
meramente tecnico-contabile. Abbiamo anche evidenziato che la legge 240, nel dare al Consiglio di
Amministrazione il ruolo di indirizzo strategico che prima era appannaggio del SA, ha voluto rendere
esplicito ciò che di fatto negli anni si era già determinato con i crescenti tagli finanziari operati dal
Ministero della Economia nei confronti dei Fondi di Funzionamento Ordinario, ossia il binomio
inscindibile programmazione—risorse. La capacità di programmazione degli Atenei è andata via via
diminuendo per effetto non di riforme strutturali come la 240 che viene ben ultima, ma di un lungo e
continuo processo di ridimensionamento finanziario e di spesa degli Atenei.

Per questo motivo, ritenevamo che la scelta degli esterni fosse una occasione, appunto, per aprirci
all’esterno, rivolgendoci a potenziali stakeholder (portatori di interesse) locali e nazionali nella
direzione di creare relazioni e legami che pure mostrando radici locali guardassero al di là dei nostri
naturali confini. Solo in parte questa impostazione è stata condivisa ed è questo il motivo del nostro
voto contrario sui due esterni.

Analogamente per gli interni abbiamo rilevato che sarebbe stato importante che l’aspetto della ricerca,
anche di base, fosse ben rappresentato e che i docenti scelti, nel limite imposto dal numero, potessero
riflettere quella pluralità di interessi scientifici che è presente nel nostro Ateneo, a rappresentare aree
caratterizzanti la nostra offerta didattica e di ricerca. Purtroppo ci siamo trovati di fronte a scelte pre-
confezionate con nessuna possibilità di discussione e dove le motivazioni della scelta andavano dalla
giustificazione tecnica a quella per categorie a quella di genere. Tutti argomenti singolarmente anche
condivisibili ma che non possono essere considerati criteri prioritari per la scelta importantissima dei
membri del Consiglio di Amministrazione. Anche per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo non c’è stata alcuna possibilità di discutere le proposte del Rettore. A fronte di una dichiarata equivalenza dei profili non si è lasciato alcuno spazio per valutare elementi diversi da quelli
proposti che potevano apportare competenze ed esperienze utili. La motivazione ultima del Rettore è
stata che i nomi proposti erano stati “scelti” dai rappresentanti del personale in SA e quindi non
discutibili.

Questo per quanto riguarda il merito, veniamo infine al metodo.
Come era già accaduto in fase di prima approvazione dello Statuto, il Rettore ha ritenuto di dover
interpretare il ruolo che lo Statuto gli attribuisce, consentendogli una estensione del mandato rettorale
per fare transitare l’Ateneo nella nuova organizzazione imposta dalla Legge 240, in modo eccentrico
rispetto alla interpretazione naturale delle cose. Così facendo, ha condotto l’Ateneo ad esprimere il
parere sui membri esterni con 11 voti contrari, 3 astenuti e 13 favorevoli ed il parere sui membri
interni con 11 voti contrari e 16 a favore, con il risultato di costituire un CdA rispetto al quale 4
Direttori di Dipartimento su 7 e 7 rappresentanti d’area e di categoria su 13 hanno espresso un voto
contrario.

Il Rettore, infine, ha interpretato la norma dello statuto, che prevede di ripetere la votazione per tre
volte se non si raggiunge un consenso di 3/5 sulla cinquina proposta dal Rettore, come un esercizio
ginnico da somministrare in rapida successione ai membri del SA e non come un esercizio di
democrazia che doveva essere condotto dal Rettore per garantire il più ampio consenso possibile al
nuovo CdA. Solo dopo varie richieste a valle della prima votazione il Rettore ha concesso 4 ore di
pausa, precisando che avrebbe accettato di discutere altre cinquine solo se qualche senatore che aveva
espresso parere favorevole avesse cambiato idea, cosa che ovviamente non era possibile.

E’ evidente che se una norma prevede tre votazioni con maggioranza qualificata e le successive con
maggioranza semplice, lo spirito della norma è sempre quello di cercare un ampio consenso. In questi
casi, le votazioni successive dovrebbero sempre svolgersi almeno in giorni diversi per dare il tempo
perché si costituisca un consenso su soluzioni alternative. Altrimenti, la norma in questione è del tutto
equivalente ad una che preveda una maggioranza semplice alla prima votazione.

D’altro canto questo è quello che accade quando si elegge il Presidente della Repubblica per la cui
elezione la Costituzione (art. 83) prevede che abbia luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due
terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Nessun presidente
della assemblea, avendo un candidato ricevuto la maggioranza assoluta ma non qualificata al primo
scrutinio, si sognerebbe di fare tre votazioni consecutive lo stesso giorno perché il candidato passi alla
quarta.

Noi sottoscritti 11 professori e ricercatori riteniamo che sia possibile lavorare per costruire il futuro
di questo Ateneo in modo unitario e democratico. L’Ateneo che immaginiamo è un Ateneo che abbia il
coraggio di analizzare le proprie condizioni e sia di conseguenza in grado di costruire strategie di
crescita e sviluppo ricercando e valorizzando le relazioni nazionali ed internazionali. L’Ateneo che
immaginiamo e’ un luogo di lavoro rispettoso della dignità personale e delle professionalità, dove tutti
i lavoratori si sentano adeguatamente rappresentati e valorizzati. L’Ateneo che immaginiamo è un
Ateneo che sappia offrire ai nostri studenti una didattica di qualità distintiva sul piano nazionale e una

dimensione internazionale che permetta loro di competere sul mercato del lavoro globale. Un Ateneo
che sappia attrarre gli interessi dei nostri studenti e stimolare le loro curiosità, con gruppi di ricerca e
progetti di ricerca innovativi e competitivi.

L’Ateneo che vogliamo concorrere a costruire è un luogo di cultura aperto, dove si deve poter
esercitare una dialettica anche aspra ma sempre tesa a ricercare una sintesi che permetta a tutti di
spostare in avanti il confine delle proprie conoscenze, ambizioni e aspettative.

Noi ci impegniamo in questo mandato a lavorare in questa direzione apertamente e lealmente,
ricercando il più ampio consenso all’interno ed all’esterno del SA.

Antonio Arcadi, Edoardo Alesse, Giuseppe Celenza, Alessandro D’Innocenzo,
Norberto Gavioli, Roberto Giacomelli, Simone Gozzano, Paola Inverardi,
Michele Maccherini, Antonio Mecozzi, Alfio Signorelli

Cari Colleghi,

Il nuovo SA ha designato, nella sua prima seduta, i componenti interni ed esterni del Consiglio di
Amministrazione. Tale designazione, tuttavia, ha portato a una spaccatura in seno al SA medesimo,
mostrando che nel nostro Ateneo si confrontano visioni diverse e distanti, nel merito e nel metodo, di
cosa può essere l’Università dell’Aquila.

Questa constatazione è un importante punto di partenza per aprire un dibattito che dovrà coinvolgere
l’Ateneo tutto e che non può rimanere al chiuso delle riunioni degli organi. Organi che sono stati
rinnovati e che dovranno accompagnare il nuovo mandato rettorale.

Che cosa è successo nella prima riunione del nuovo SA?

Partiamo dal merito per poi discutere il metodo

Premessa la piena stima nei confronti di coloro che, esterni ed interni all’Ateneo, sono stati nominati
membri del CDA, la motivazione principale che è stata addotta dal Rettore e dai membri di Senato
favorevoli alla proposta finale è stata quella di costruire un Consiglio di Amministrazione “tecnico”,
intendendo con ciò un profilo amministrativo-contabile.

Da parte nostra viceversa, abbiamo sottolineato che il ruolo del Consiglio di Amministrazione, nella
legge 240 e nel nostro Statuto, è primariamente di indirizzo strategico, quindi programmatico e non
meramente tecnico-contabile. Abbiamo anche evidenziato che la legge 240, nel dare al Consiglio di
Amministrazione il ruolo di indirizzo strategico che prima era appannaggio del SA, ha voluto rendere
esplicito ciò che di fatto negli anni si era già determinato con i crescenti tagli finanziari operati dal
Ministero della Economia nei confronti dei Fondi di Funzionamento Ordinario, ossia il binomio
inscindibile programmazione—risorse. La capacità di programmazione degli Atenei è andata via via
diminuendo per effetto non di riforme strutturali come la 240 che viene ben ultima, ma di un lungo e
continuo processo di ridimensionamento finanziario e di spesa degli Atenei.

Per questo motivo, ritenevamo che la scelta degli esterni fosse una occasione, appunto, per aprirci
all’esterno, rivolgendoci a potenziali stakeholder (portatori di interesse) locali e nazionali nella
direzione di creare relazioni e legami che pure mostrando radici locali guardassero al di là dei nostri
naturali confini. Solo in parte questa impostazione è stata condivisa ed è questo il motivo del nostro
voto contrario sui due esterni.

Analogamente per gli interni abbiamo rilevato che sarebbe stato importante che l’aspetto della ricerca,
anche di base, fosse ben rappresentato e che i docenti scelti, nel limite imposto dal numero, potessero
riflettere quella pluralità di interessi scientifici che è presente nel nostro Ateneo, a rappresentare aree
caratterizzanti la nostra offerta didattica e di ricerca. Purtroppo ci siamo trovati di fronte a scelte pre-
confezionate con nessuna possibilità di discussione e dove le motivazioni della scelta andavano dalla
giustificazione tecnica a quella per categorie a quella di genere. Tutti argomenti singolarmente anche
condivisibili ma che non possono essere considerati criteri prioritari per la scelta importantissima dei
membri del Consiglio di Amministrazione. Anche per quanto riguarda il personale tecnico

amministrativo non c’è stata alcuna possibilità di discutere le proposte del Rettore. A fronte di una
dichiarata equivalenza dei profili non si è lasciato alcuno spazio per valutare elementi diversi da quelli
proposti che potevano apportare competenze ed esperienze utili. La motivazione ultima del Rettore è
stata che i nomi proposti erano stati “scelti” dai rappresentanti del personale in SA e quindi non
discutibili.

Questo per quanto riguarda il merito, veniamo infine al metodo.

Come era già accaduto in fase di prima approvazione dello Statuto, il Rettore ha ritenuto di dover
interpretare il ruolo che lo Statuto gli attribuisce, consentendogli una estensione del mandato rettorale
per fare transitare l’Ateneo nella nuova organizzazione imposta dalla Legge 240, in modo eccentrico
rispetto alla interpretazione naturale delle cose. Così facendo, ha condotto l’Ateneo ad esprimere il
parere sui membri esterni con 11 voti contrari, 3 astenuti e 13 favorevoli ed il parere sui membri
interni con 11 voti contrari e 16 a favore, con il risultato di costituire un CdA rispetto al quale 4
Direttori di Dipartimento su 7 e 7 rappresentanti d’area e di categoria su 13 hanno espresso un voto
contrario.

Il Rettore, infine, ha interpretato la norma dello statuto, che prevede di ripetere la votazione per tre
volte se non si raggiunge un consenso di 3/5 sulla cinquina proposta dal Rettore, come un esercizio
ginnico da somministrare in rapida successione ai membri del SA e non come un esercizio di
democrazia che doveva essere condotto dal Rettore per garantire il più ampio consenso possibile al
nuovo CdA. Solo dopo varie richieste a valle della prima votazione il Rettore ha concesso 4 ore di
pausa, precisando che avrebbe accettato di discutere altre cinquine solo se qualche senatore che aveva
espresso parere favorevole avesse cambiato idea, cosa che ovviamente non era possibile.

E’ evidente che se una norma prevede tre votazioni con maggioranza qualificata e le successive con
maggioranza semplice, lo spirito della norma è sempre quello di cercare un ampio consenso. In questi
casi, le votazioni successive dovrebbero sempre svolgersi almeno in giorni diversi per dare il tempo
perché si costituisca un consenso su soluzioni alternative. Altrimenti, la norma in questione è del tutto
equivalente ad una che preveda una maggioranza semplice alla prima votazione.

D’altro canto questo è quello che accade quando si elegge il Presidente della Repubblica per la cui
elezione la Costituzione (art. 83) prevede che abbia luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due
terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Nessun presidente
della assemblea, avendo un candidato ricevuto la maggioranza assoluta ma non qualificata al primo
scrutinio, si sognerebbe di fare tre votazioni consecutive lo stesso giorno perché il candidato passi alla
quarta.

Noi sottoscritti 11 professori e ricercatori riteniamo che sia possibile lavorare per costruire il futuro
di questo Ateneo in modo unitario e democratico. L’Ateneo che immaginiamo è un Ateneo che abbia il
coraggio di analizzare le proprie condizioni e sia di conseguenza in grado di costruire strategie di
crescita e sviluppo ricercando e valorizzando le relazioni nazionali ed internazionali. L’Ateneo che
immaginiamo e’ un luogo di lavoro rispettoso della dignità personale e delle professionalità, dove tutti
i lavoratori si sentano adeguatamente rappresentati e valorizzati. L’Ateneo che immaginiamo è un
Ateneo che sappia offrire ai nostri studenti una didattica di qualità distintiva sul piano nazionale e una

dimensione internazionale che permetta loro di competere sul mercato del lavoro globale. Un Ateneo
che sappia attrarre gli interessi dei nostri studenti e stimolare le loro curiosità, con gruppi di ricerca e
progetti di ricerca innovativi e competitivi.

L’Ateneo che vogliamo concorrere a costruire è un luogo di cultura aperto, dove si deve poter
esercitare una dialettica anche aspra ma sempre tesa a ricercare una sintesi che permetta a tutti di
spostare in avanti il confine delle proprie conoscenze, ambizioni e aspettative.
Noi ci impegniamo in questo mandato a lavorare in questa direzione apertamente e lealmente, ricercando il più ampio consenso all’interno ed all’esterno del SA.


01 Agosto 2012

Categoria : Cronaca
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