L’estate abruzzese? E’ un cocomero
L’Aquila – Chi sa se gli esperti di statistica e gli economisti se ne accorgeranno, ma emerge un fenomeno che, a modo suo, la dice lunga su ciò che rimane nelle tasche degli abruzzesi e nei pochi turisti fattisi vivi, soprattutto al mare. In montagna, infatti, per ora non c’è quasi nessuno. Questa estate 2012 in Abruzzo (ma anche altrove, è evidente) ha un simbolo grosso, vistoso, acquoso: il cocomero. Il consumo delle angurie è alle stelle. Mancano i dati, naturalmente, perchè nessuno si occupa di queste piccole realtà che, invece, la dicono tutta.
La corsa al cocomero è impressionante. Facile vederne molti ed enormi caricati sulle auto e sui furgoncini, specie delle comunità straniere, come quelle marocchine, che gradiscono di più il frutto, del resto originario (risalendo indietro nei secoli) proprio delle terre africane. Nei supermercati è la corsa ai grossi contenitori che, di solito, contengono corpose montagnole di angurie.
“Se ne vanno come d’incanto, non facciamo in tempo a ordinarli, e non sempre ce li portano subito” – ci dice il commesso di un supermercato aquilano – e corre a rispondere ad una avvenente cliente, una signora matura, che i cocomeri “sono finiti appena arrivati e che per averne altri, bisogna aspettare quanto meno il pomeriggio”.
La signora si scosta una ciocca di capelli color bronzo dal viso e cinguetta: “Ma a me serve subito, come faccio, dove vado adesso?”. Il commesso glielo regalerebbe pure, un cocomero, se lo avesse. Ma non ce l’ha.
Un piccolo problema per la famiglia della signora, evidentemente. Come possa un cocomero diventare un’urgenza, un bisogno quasi primario, è difficile capirlo.
Il cocomero costa oggi 1 agosto ( i prezzi fluttuano come quelli dell’oro) in alcuni discount 23-25 centesimi al chilo. Ma è possibile trovarlo, se si è fortunati, anche a meno. Il prezzo minore lo hanno le angurie più enormi, quelle dette “americane”, non sferiche, ma schiacciate e oblunghe. I cocomeretti rotondi costano di più, ma dicono gli esperti (sì, siamo a questo: ci sono esperti di cocomeri…) che sono più buoni e dolci. Come si fa a scegliere? Ormai lo sanno tutti: debbono avere una macchia giallastra (significa che si sono maturati al suolo, seguendo il ciclo completo), i semi neri (ma quelli li vedi solo dopo aver aperto il frutto) e debbono pesare. Ovvero, sono buoni se sono ben maturi e ricchi d’acqua al punto giusto. Altrimenti o sono acerbi, o troppo sfatti. E chi li vende sa che raccoglierli acerbi, in fretta per apporofittare del buon momento commerciale, non giova al sapore. Ma alla tasca sì.
Estate tricolore, quindi, come il cocomero. Costa poco, è buono, disseta, è festoso. Mangi, bevi e ti sciacqui la faccia, si diceva un tempo a L’Aquila, dove molti ricordano un “locale notturno” molto particolare, una storica bancarella di cocomeri nel piazzale di Collemaggio, aperta tutta la notte.
Allora di notte era una moda divertente farsi una fetta di cocomero alle due del mattino, oggi forse la corsa al cocomero è una superfetazione della crisi. Un segno della recessione. Ma comunque, una realtà , un fenomeno che sta avvenendo ovunque. Chi se lo sarebbe aspettato? Non certo gli esperti di economia, quelli che, si dice per scherzo ma non tanto, sono bravissimi a prevedere… le cose già accadute.
Non c'è ancora nessun commento.