Terminator incombe, che facciamo delle province condannate?


L’Aquila – Lunedì mattina, domani, dal presidente Chiodi si incontreranno tutti gli attori della commedia in atto sulle province: presidenti, sindaci, parlamentari e altri. Li ha convocati Chiodi, in vista della consegna al CAL (comitato autonomie locali) di una patata bollente di quelle capaci di spellare le mani. Ma una patata che, per forza, tutti dovranno tenere in mano, magari palleggiandola goffamente per non bruciacchiarsi. Nessuno è esente dal versare il contributo: sindaci, presidenti delle province, politici, amministratori, e naturalmente parlamentari abruzzesi.
Che ne facciamo di queste province? Di tutto, meno che una cosa: lasciarle come e quante sono, cioè quattro, in un Abruzzetto di appena 1,2 milioni di abitanti (meno di mezza Roma), che appena qualche anno fa ardiva persino strepitare per averne altre, di province. Aspiranti convinte erano Avezzano e Sulmona, ma non disdegnavano l’idea Vasto e Lanciano, mentre Giulianova covava sotto la cenere un’antica idea, svincolarsi dalla ingombrante preponderanza di Teramo. Mai digerita.
Qua e là in questa Italia illogica, servile, politicante fino nei precordi, di province nuove se ne fecero, e anche parecchie. Alcune più che giustificate (Rimini, 150.000 abitanti, sottostava alla vicina e sbiadita Forlì…), altre assolutamente strumentali per un potere che credeva di poter vivere da nababbo a tempo indeterminato. Pensiamo all’Ogliastra, o a Fermo… Poi tutto cambiò, lo spread ci travolse, l’Europa ci contò anche i peli, finimmo in rovina e qualcuno urlò: aboliamo le province! Altro che farne di nuove…
Siamo a questo punto della storia. L’Abruzzo deve pagare il suo conto: Pescara e Teramo non hanno i numeri. A dire il vero nemmeno L’Aquila, che però è capoluogo di Regione: li ha solo Chieti. Che vogliamo fare? Cancellare Pescara, cancellare Teramo inglobandola a Pescara, azzerare Chieti e fare di Pescara una piccola capitale adriatica? Un subbuglio, un buio nel quale si accendono luci e lampeggi minacciosi, grida fiere tipo “mai con Chieti”, oppure “mai con L’Aquila”. Una confusione sovrana, in cui, è ovvio, per ora predominano campanilismi e ferme affermazioni da gladio romano. Negli ultimi giorni pare farsi strada l’idea di un territorio Teramo-Pescara, con capoluogo (manco a dirlo) Pescara. Ne parlammo per primi il mese scorso, e partorimmo anche un nome: Tercara. Ma a pensarci anche Pestera potrebbe andare. Purchè sia chiaro, ribadiscono a Pescara, che qui stia il capoluogo.
E Teramo? “A sparire non ci stiamo” bofonchiano. “E con L’Aquila non andiamo”, aggiungono.
Delle decisioni però bisogna prenderle subito, perchè la riunione del CAL è imminente e comunque per settembre ogni regione dovrà aver deciso il proprio assetto. E una cosa è certa: più della metà delle attuali province italiane spariranno. Insieme con le loro questure e prefetture e con le sedi provinciali di molti uffici oggi esistenti. Una falciata bestiale. Ma forse arrivarci sarà meno semplice di quanto Monti e i suoi Terminator di lusso immaginano. Nessuno si lascerà amputare senza reagire, e dove si potrebbe finire nessuno lo sa. Molti cominciano a preoccuparsi davvero.


29 Luglio 2012

Categoria : Cronaca
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