Attenti alle scadenze di alimentari e farmaci: furboni e furbetti in agguato
L’Aquila – (Foto: dall’alto, i capperi, i piselli e le alici) – Prendete a caso degli alimentari dai banconi di un supermercato, e controllate le scadenze, come tutti dovrebbero fare specie d’estate. Scoprirete delle furbate e dei trucchetti indegni di un paese civile, quale, purtroppo, l’Italia non sempre si rivela. Se la scadenza c’è ed è leggibile (come accade raramente), è imminente. La maggior parte dei prodotti scade dopo pochissimo tempo, perchè molti gestori acquistano merce – forse pagandola meno – assai prossima alla scadenza. Alcuni commercianti più onesti mettono in mostra dei contenitori con confezioni di scadenza quasi arrivata, avvertendo la clientela. Moltissimi non lo fanno. E allora devi destreggiarti tra indicazioni che si vedono poco, scritte in caratteri piccolissimi, nascoste, compilate con metodi che alla maggior parte delle persone risultano ostici. E tali debbono evidentemente essere…
Abbiamo scelto tre prodotti a caso. Un barattolo di piselli: scadenza indicata sul bordo del tappo girevole, in parte cancellata, ma comunque decifrabile con pazienza. Un barattolo di alici: scadenza indicata chiaramente, ma vicinissima. Solo tre giorni: uno che fa, si attufa di alici a cucchiaiate?
Un barattolo di capperi. E qui la scoperta, incredibile: la scadenza è rintracciabile con uno sforzo della vista e inclinando il barattolo controluce, sul tappo girevole, che è verde scuro, tracciata con caratteri color fumo di Londra, confusi, indecifrabili. Mostriamo il prodotto a chi lo vende, chiedendo di leggere la scadenza, non avendo con noi gli occhiali (un pretesto). L’uomo, imbarazzato, tenta di leggere, inclina il barattolo, ne prende un altro, alla fine strappa da uno scaffale una lente di ingrandimento, la sconfeziona e tenta di leggere. Legge. Ma ciò che dice non corrisponde a ciò che c’è scritto… Gli sussurriamo che potremmo anche chiamare il 117 della Finanza, per stabilire se tutto ciò è regolare o meno. Farfuglia, alla fine ci dà ragione e ammette che le scadenze sono spesso scritte male perchè la gente non possa leggerle. Così si finisce con il vendere anche quello che scade due giorni dopo… La maggior parte in certi settori merceologici. I caratteri sono quasi sempre piccoli, spesso neppure stampati o impressi, ma ricavati da puntinature. Le indicazioni sono dei quiz tra numeri, zeri, trattini, puntini, segnacci inutili: quanto sarebbe difficile scrivere bello e achiaro “scade il 31 agosto 2012″ o un’altra data? Sarebbe facile, ma troppo chiaro e i consumatori potrebbero scegliere.
Grave che accada per alimenti e bevande, più grave e subdolo che accada in farmacia. Capita di aver bisogno di pillole in confezione da 30 pezzi. Più piccole non esistono (così si spremono più soldi alla sanità e per i ticket). Le pillole vanno ingoiate una al giorno. La confezione incartata velocemente dal farmacista (possibile che non se ne sia accorto?) ha scadenza, scopriamo, dopo venti giorni. Il consumatore ha due scelte: inghiottire più piccole di quelle prescritte, o gettarne via una decina. E’ onesto tutto ciò? E’ corretto? E tollerabile che l’impiegato della farmacia, informato del problema, arrossisca un po’ e dica: “Ma io che c’entro? Mica è mia la farmacia…”.
Avviene, perchè la vita è piena di sorpresine, anche che una gentile e avvenente farmacista del circondario aquilano di fronte ad una scadenza troppo ravvicinata, dica: “Non si preoccupi, ripassi nel pomeriggio”, e faccia trovare prodotti appena arrivati, a scadenza lunghissima. Per di più con un sorriso luminoso. Sì, cortesia e sorrisi non costano nulla e non hanno scadenza.
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