E venne il tempo di Massimo…
L’Aquila – (di Gianfranco Colacito) – Massimo Cialente può sedersi alla guida della ricostruzione. Il consiglio comunale, come abbiamo raccontato ieri, approva il suo programma di mandato fino al 2017. Con ampia, solida maggioranza. Nel contempo il commissario Chiodi tramonta dietro le montagne aquilane, dopo oltre tre anni di commissariamento. Comunque, va ringraziato, e noi lo abbiamo già fatto. Pensiamo che, oltre tutto, non veda l’ora di riposarsi un po’, almeno in tema di ricostruzione.
Non si può dire che il 2012, ormai inoltrato e già anzianotto, non stia portando novità . Alla fine, volendo essere ottimisti, può darsi anche che passi alla storia come l’anno dell’inizio della riedificazione aquilana. Quella vera. Quella della città intesa come luogo di radicate identità storiche e culturali. Insomma, L’Aquila attorno ai Quattro Cantoni. L’Aquila “de ‘na ‘ote“.
Cialente fu eletto sindaco nel 2007. E’ stato rieletto nel 2012. Gli aquilani gli vogliono bene, dunque, fatti i conti sui fatti, e hanno anche fiducia in lui. Nessuno può onestamente negare che il sindaco stia spendendo tutto se stesso per meritare affetto e fiducia dai suoi cittadini, defedati dal momento storico peggiore della loro vita. Che non è mai stata facile, ma dal 2009 è stravolta. Come avvenne nel 1703, anno della precedente distruzione sismica.
E venne il tempo di Cialente, dunque. Il tempo vero, il tempo che comincia in questi giorni, con la legge che demanda ai sindaci (e lui è il numero 1, nel cratere) l’ardua gestione della ricostruzione. Sicuro come le tasse di Monti che nessuno più di Cialente ha combattutto per possedere il ruolo del ricostruttore. Con una tenacia, un’energia, una forza morale impressionanti. Laddove tutti si sarebbero abbattuti, Cialente ha accettato come un gladiatore di affrontare le belve: quelle che sicuramente lo aspettano al varco e gli tenderanno tutti gli agguati, tutte le trappole della perfidia che solo il denaro genera. Infatti, la ricostruzione è, prima di ogni altra cosa, un fiume impetuoso di denaro. Miliardi di euro per anni. Poi L’Aquila tornerà in piedi: quando le rapide del fiume d’oro saranno ingoiate in fondo ai burroni e ai canyons.
Al sindaco che sale a cassetta di una diligenza in partenza per polverosi e perigliosi itinerari, abbiamo – a prescindere dalle opinioni personali – tutti il dovere di fare gli auguri, e di confidare in lui. Le cose sono andate in modo che gli aquilani non abbiano altro da poter fare, se non aver fiducia e speranza.
Dopo aver scelto due volte Massimo Cialente, aver assistito al suo travaglio (supponiamo anche umano e personale, perchè chi decide è sempre solo), alla sua consunzione anche fisica (smagrito, talvolta nei mesi scorsi persino stralunato da flashes e telecamere), oggi gli aquilani si trovano di fronte ad un uomo che ha vinto, ha ottenuto ciò che reclamava a gran voce da anni, e appare persino più sereno in questa consapevolezza. In ripresa. Nelle sue riflessioni, ispirate anche da buone letture e pochi buoni amici muniti di cervello, Massimo – il Cesare aquilano – ha davanti problemi alti come montagne, e un lavoro mastodontico da svolgere. Ma se come Cesare sarà un buon condottiero, sicuramente ce la farà . Non deve conquistare le Gallie, ma rimettere in piedi la città .
A noi conviene esserne convinti, perchè navighiamo su un’unica barca. Con un ministro che si chiama Barca… sarà un monito del fato? Capitan Cialente, a lei il timone.
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