S.Andrea, nella melma del porto affogano anche tradizioni e cultura marinara
Pescara – (di Stefano Leone – foto Massimo Leone) – Il comandante della Direzione marittima di Pescara, Luciano Pozzolano, sulla mancata autorizzazione per la processione in mare per la festa di Sant’Andrea ha detto: “Sono molto amareggiato per essere stato costretto a prendere una decisione cosi’ forte, ma le condizioni del porto non garantivano la sicurezza. D’altra parte bisogna in qualche modo fare in modo che qualcosa si muova, probabilmente questo e’ un ulteriore spunto affinche’ si possa rendere il porto nuovamente operativo”. Tavoli tecnici, progetti, ipotesi e proposte, lavori eseguiti a metà o incompiuti, opere realizzate e poi bloccate insomma, incontri, impegni, promesse tutto questo sul fondo insabbiato del porto canale di Pescara su sabbie nelle quali, sprofondano anche delusione, amarezza e disaffezione per tradizioni e cultura che annegano nella vergogna di ciò che è assurto ad esempio di scempiaggine e gestione della cosa pubblica da parte di governanti, politici e amministratori intenti più a rimpallarsi responsabilità eluse che ad operare per “spirito di servizio” nei riguardi del tessuto produttivo marinaro e degli interessi di cittadini che, inebetiti dalle notizie che giorno dopo giorno si rincorrono sulla questione “porto di Pescara”, allontanano sempre più il loro interesse sulla questione, anche solo per essere informati. Ma, probabilmente, la tattica comportamentale è scientificamente messa in campo, proprio per disorientare con notizie diverse giorno dopo giorno e, allungare il brodo, a tal punto che la minestra diventi così riscaldata da allontanare l’attenzione dei cittadini per poi…bè, sarebbe interessante conoscere il poi! L’ennesimo sberleffo ai marinai e alla città tutta è che, il viscerale attaccamento della comunità marinara di Pescara con il suo Santo, Sant’Andrea appunto, viene vituperata privandola, (giustamente quando ricorrono motivi di sicurezza), del tradizionale corteo delle barche che avrebbe portato a bordo la statua del Santo in processione sul mare. Una tradizione che ha resistito a due guerre mondiali, a bombardamenti e al faticoso rialzarsi del dopoguerra e, tristemente uccisa da totale incapacità operativa e gestionale da parte di tutti coloro, (politici e tecnici), che hanno avuto voce in capitolo. Approfittando dell’annuncio dell’ennesima beffa per tutto il popolo marinaro pescarese e per la città tutta, (la mancata sfilata delle barche appunto), siamo andati a fare un salto nella zona del porto dove è stata scavata la ormai famigerata vasca di colmata. All’arrivo, attraccata al molo proprio sul versante sud di fronte alla vasca, vi è la chiatta della ditta Rossi, sulla quale tre uomini sono intenti ad effettuare lavori di manutenzione della gigantesca piantana per lavori marittimi. All’arrivo ci guardano con aria interrogativa e un po’ guardinga. Ci presentiamo. Poi chiediamo loro se conoscono un passaggio pedonale che ci consenta di superare la rete di recinzione, (rotta e piegata in più punti), per salire fin sull’argine della vasca di colmata per scattare alcune foto. Uno di loro, il più anziano dei tre, presumibilmente il capo, ci guarda e ridendo ci dice: “Se avete modo di difendervi dai gatti affamati!”. Li per li rimaniamo sorpresi non intuendo se la frase sia corrispondente alla realtà oppure sia una battuta. Il dubbio viene subito colmato dalla spiegazione. I gatti affamati sono pantegane di dimensioni esagerate che si aggirano sull’argine e fra le erbe che lo ricoprono e, sempre a detta del capo mastro, hanno una aggressività esagerata. Dunque, il consiglio è meglio non azzardare. Percepito il senso della sconfitta per non poter portare a casa le foto della vasca di colmata, il nostro ormai amico marittimo della Rossi ci propone di salire fin sulla parte più alta della chiatta per scattare foto da li. Ci dice: “E’ un po’ lontano ma almeno salvate le gambe dalle pantegane!”. Fa un cenno ad uno dei due suoi collaboratori e ci fa inerpicare su per una scala con pioli in ferro che sembrano maniglie fino su in sommità. Non c’è che dire: la vista da lassù è davvero superba. Lassù, ci si apre la vista sulla famigerata vasca. Uno scavo di dimensioni intuitivamente modeste per ciò che dovrebbe contenere contornata da argini con vegetazione selvaggia e una recinzione approssimativa. Il primo pensiero che salta alla mente? I soldi pubblici spesi e non utilizzati! Insomma, lo spreco. Qualcuno dei marittimi suggerisce che non sarebbe male par fare una passeggiata, sull’argine della vasca colmata, tutti coloro che hanno responsabilità di sperpero e incompetenza. Allude a quei signori con quelle belle scarpe nero lucido. Quei vestiti blù elettrico oppure grigio saraceno, con i polsini della camicia bianchissima fuori dalle maniche, nelle tasche solo Montblanc e telefonino per non rigonfiarle come quelle dei vestiti del tenente Colombo, (tanto c’è il portaborse che tiene tutto). Commentiamo le argomentazioni del marittimo: “Sarebbe interessante!”. Ma la verità è che il pensiero conclude la frase pronunciata: sarebbe interessante vedere la reazione delle pantegane; probabilmente esse potrebbero solo ringraziare per aver concepito, da parte di menti umane esaustive, un luogo ampio e variegato, non lontano dalla brezza marina, per le loro prodighe giornate di caccia.
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