Idea: andiamocene con Rieti
L’Aquila – UN’ANTICA CARTA GEOGRAFICA DELLA SABINA STORICA: CI SONO REATINO, AQUILANO E BUONA PARTE DELLA MARSICA – inAbruzzo.com riporta in luce un’idea, risalente alla fervida mente di Luciano Fabiani, politico di spessore, uomo intelligente (scomparso da pochissimo tempo), i cui contenuti tornano prepotentemente di attualità : un’unione tra L’Aquila, la Marsica e la Sabina. Insomma, andiamocene con Rieti e staremo tutti meglio.
La “riscrittura” del territorio, che il Governo sta con decisione portando avanti (e che sotto molti punti di vista è inevitabile), apporterà ferite e cambiamenti politici e sociali quasi tutti difficili da digerire. Lo saranno anche per istituzioni e territorio, come la provincia dell’Aquila, che almento al momento non correrebbero rischi. Ma riflettiamo.
L’accorpamento con la provincia di Teramo (o ex provincia, a quanto pare) non gioverebbe molto nè a Teramo, nè a L’Aquila. Fratelli sicuramente, come ha detto il sindaco di Teramo Brucchi, ma al di là della manifestazioni di affetto e vicinanza nel nome dell’abruzzesità , non c’è altro. Effettivamente, i territori aquilano e teramano non hanno molto in comune, neppure radici storiche remote. Marsi ed Equi in marsicani, Sabini gli aquilani, Pretuzi e Piceni i teramani; divisi dal Gran Sasso, dai Monti della Laga e da secoli di differenze che nessuno ha mai avuto interesse neppure a individuare. Figuriamoci a colmare…
La reazione ad un’ipotesi di unione tra le università Teramo-L’Aquila ha suscitato immediate, indignate reazioni a Teramo.
Ancora minori, inconsistenti, i legami tra Teramano e Marsica, o tra Teramano e area peligno-sangrina. Niente di niente, neppure i dialetti, gli usi, i costumi, le tradizioni, le economie, le storie agricole e pastorali. E allora, cosa potrebbe mai significare (al di là dell’arido regionierismo dei tecnici di governo) un accorpamento Teramo-L’Aquila? Nessun beneficio per L’Aquila, danni per il Teramano, per non dire della costa teramana, che tende a gravitare su S.Benedetto del Tronto e le vicine Marche ascolane.
L’idea di avvicinarci e unirci, insieme con la Marsica, alla provincia (ex anche quella) di Rieti è invece costruttive e sensata. Territori interni, senza sbocchi marittimni, uniti dall’Appennino, da comuni interessi, anche – per l’Aquilano almeno – da forti radici storiche millenarie. Inoltre, territorio ricolmi di ricchezze storiche, turistiche, monumentali, archeologiche. Presenza francescana nel Reatino, presenza celestiniana nell’Aquilano e nella zona peligno-sangrina. Comuni le esigenze di migliori comunicazioni stradali e ferroviarie, due aeroporti (L’Aquila e Rieti), identità di carattere e visioni sicuramente più condivise, rispetto a quelle di aree costiere o collinari al di là dell’Appennino. La regione marso-aquilano-sabina conterebbe 350.000 abitanti, tre/quattro città maggiori e un territorio anche geograficamente omogeneo e ben dislocato.
Ovviamente un’idea del genere farà accapponare la pelle ai politici che, con le riduzioni parlamentari, già vedono appannato e incerto il loro futuro elettorale. Ma da quando quattro politici possono bloccare le buone idee? Cominciamo a pensare ad un Centro Italia con una nuova, coerente identità storico-territoriale. Se non sarà oggi, potrà essere domani. E i cambiamenti in atto non possono che essere colti come un’occasione propizia.
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