Luce aquilana al festival Valle d’Itria
L’Aquila – (di Francesco Lenoci * e Goffredo Palmerini **) – Nûr, opera da camera dell’aquilano Marco Taralli, rivela affinità tra Celestino V e don Tonino Bello . Nûr, “Luce” in lingua araba, è un’Opera. Un’opera da camera, in un atto, dell’aquilano Marco Taralli, già noto per una serie di lavori, orchestrali e di teatro musicale, eseguiti con successo in Italia – presso il Teatro dell’Opera di Roma, Teatro Carlo Felice di Genova, Festival Monteverdi di Cremona – e all’estero, al Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Il libretto è di Vincenzo De Vivo, figura di rilievo nel teatro musicale, che lo ha scritto partendo da uno spunto originale di Marco Buticchi, popolare scrittore di best seller. Nûr è un’opera nuova, appositamente commissionata dal Festival della Valle d’Itria, che verrà eseguita per la prima volta sabato 21 luglio 2012 presso il Teatro Verdi di Martina Franca. La replica avrà luogo sabato 28 luglio e sarà trasmessa in diretta da Radio3 Rai. L’opera ha ottenuto il patrocinio del Comune dell’Aquila.
Ne sintetizziamo la vicenda. Nûr si svolge in una notte, tra i letti di un improvvisato ospedale da campo allestito nel prato antistante la Basilica di Collemaggio, all’indomani del terribile terremoto che il 6 aprile 2009 ha devastato L’Aquila e i borghi circostanti. Narra la storia di una donna senza nome che ha misteriosamente perso la vista nel crollo della sua casa e che trascorre una notte di delirio, tormenti e visioni. I compagni di corsia, disturbati dal suo continuo lamentarsi per il buio che la circonda, la chiamano Luce. Si prendono cura di lei un vecchio Monaco (Celestino V) che nessuno, tranne Luce, può vedere e Samih, un giovane Medico arabo contrastato dalla concretezza spiccia del Primario che, nell’emergenza del momento, rimuove lo spazio della compassione umana in quanto ostacolo all’efficienza delle cure. Questa drammatica vicenda notturna, allo spuntare dell’alba, approderà ad una scoperta salvifica per la coscienza della donna.
Il percorso iniziatico della protagonista femminile dell’opera è sorretto, in primo luogo, dall’esempio illuminante di un grande Santo della cristianità, il primo pontefice della storia che ha parlato della necessità di superare le asprezze e le rigidità delle ideologie e degli schieramenti contrapposti, per di più in pieno Medioevo, epoca di crociate e di aspri scontri religiosi sia interni alla Chiesa che tra Cristianesimo e Islam; e poi dalla vicinanza, dalla solidarietà umana e compassione di un giovane arabo, di religione musulmana, che l’accompagna per mano in un percorso di affinità elettive. Oltre alla vicenda storica di Celestino V, il Papa del “gran rifiuto” o meglio della “rinuncia” al papato, emerge quella di Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro dei Templari.
Veniamo ora ai prestigiosi interpreti di Nûr. Tiziana Fabbricini, soprano, e Paolo Coni, baritono, veterani fuoriclasse dell’interpretazione teatrale in musica, rivelatisi nella storica “Traviata” scaligera del 1990, tornano insieme per dar vita, rispettivamente, a Luce, con le sue nevrosi emblematiche della crisi del nostro tempo, e al vecchio Monaco dei monti d’Abruzzo, diventato papa Celestino V, portatore di un messaggio di redenzione. Due giovani tenori come David Ferri Durà e David Sotgiu impersonano, rispettivamente, il giovane Medico arabo e l’apparizione del Cavaliere Jacques. Completano il cast le belle giovani voci della soprano Marta Calcaterra (l’Infermiera) e del basso Emanuele Cordaro (il Primario).
L’opera, della durata di settantacinque minuti, vede impegnato l’ensemble cameristico di diciannove elementi dell’Orchestra Internazionale d’Italia e un Gruppo vocale di dieci giovani cantanti dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”. Sul podio, il trentaseienne spagnolo Jordi Bernàcer, uno dei più interessanti direttori iberici dell’ultima generazione. La regia è affidata alla fine sensibilità di Roberto Recchia, ammirato in penetranti e poetici spettacoli in Italia e all’estero, che si avvale in questa occasione delle scene e dei costumi di Benito Leonori.
Ma personaggi e interpreti non finiscono qui. Lo ha rivelato il Maestro Marco Taralli nel corso della conferenza stampa di presentazione di Nûr, svoltasi all’Aquila il 21 giugno 2012 presso la Cartiera del Vetoio, in occasione della Festa Europea della Musica, organizzata dai Solisti Aquilani e dalla Società Aquilana dei Concerti.
“Tutto il lavoro, dai colori foschi e cupi delle prime scene, passando dalla morbidezza di un ricordo lontano evocato da una semplicissima nenia araba, fino al sollievo del primo raggio dell’alba, trova base formale in una particolare sequenza di note, una sorta di scala speculare di sette note, da DO# a DO#, interamente ricavata dai rapporti matematici interni alle geometrie costruttive della Basilica di Collemaggio. Ne consegue che la Basilica della Perdonanza, dove è sepolto Celestino V, ha pieno titolo per essere considerata un personaggio dell’opera”, dice il Maestro Taralli.
Nûr ambisce a trasmettere un messaggio di fondamentale importanza. Nelle intenzioni di Marco Taralli, “Nûr parla di angoscia e sofferenza, ma è anche un cammino alla ricerca della luce: la luce della compassione e dell’accoglimento di chi è diverso da noi o, più semplicemente, lontano, altro da noi”.
Il tema affrontato è quindi quello dell’integrazione culturale e del superamento delle barriere religiose, del valore del dialogo e della forza salvifica del perdono; con la provocazione neanche troppo occulta di un messaggio civile, oltre che spirituale: quello di chi afferma che, oggi, la salvezza per “noi” può venire soltanto dall’integrazione con “l’altro”.
È un messaggio di Pace, che riempie di gioia le nostre menti, i nostri cuori e le nostre anime, facendoci commuovere.
Questo messaggio lo accomuniamo a quello di un grande Pugliese, di un prossimo Santo, don Tonino Bello. “Pace non è la semplice distruzione delle armi. E non è neppure l’equa distribuzione dei pani a tutti i commensali della terra. Pace è mangiare il proprio pane a tavola insieme con i fratelli. Di qui il nostro compito: dire alle nostre comunità, alle nostre città, in cui serpeggiano dissidi, di saper stare insieme a tavola. Non basta mangiare, bisogna mangiare insieme! Non basta avere un pane e ognuno se lo mangia dove vuole: bisogna poterlo mangiare insieme! Di qui la nostra missione: sedere all’unica tavola, far sedere all’unica tavola i differenti commensali senza schedarli, senza pianificarli, senza omologarli, senza uniformarli. Questa è la pace: convivialità delle differenze”.
Sia dunque lode e gloria a Nûr, meravigliosa Opera che porterà tanta luce aquilana al Festival della Valle d’Itria e, ne siamo certi, al mondo intero.
* Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi – Milano
** Componente Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo – L’Aquila
Non c'è ancora nessun commento.