Riforma province, l’Abruzzo si riarma


L’Aquila – (di G.Col.) – LA POLITICA OTTUSA E FORSE COMPLICE NON SI ACCORGE CHE SIAMO VICINI ALLE GUERRE DI CAMPANILE – (Foto: momenti della rivolta per il capoluogo nel 1971 a L’Aquila) – La riforma che prevede severi tagli e accorpamenti di province porterà al riaccendersi del peggiore campanilismo, delle meno nobili rivalità, non solo in Abruzzo, ma particolarmente in questa regione in cui per decenni le battaglie di ispirazione localistica hanno costruito le fortune dei politici maggiori. I primi fuochi di questo pericoloso fenomeno che, estremizzato, può portare persino all’eversione, si avvertono già chiarissimi.
Attriti e dichiarazioni di fierezza arrivano da Pescara, che non intende sentirsi nemmeno per un attimo o per ipotesi “subalterna” a Chieti. Teramo affila le armi al solo sentir parlare di un accorpamento con L’Aquila. Lo stesso fece, e per molto meno di una riforma imposta dal Governo, ma solo per voci e ipotesi, quando poco tempo fa si parlò di una possibile unificazione degli atenei L’Aquila-Teramo.
Chi a Roma, o peggio nei laboratori e pensatoi dei tecnici che impugnano le forbici e debbono far quadrare i bilanci nazionali, suppone che uno stravolgimento territoriale e politico così profondo e virulento, ma anche insensato, possa passare senza spargimenti… di sangue polemico, ha capito male. Non conosce bene l’Italia. Non sa nulla neppure della recente storia riguardante i capoluoghi di regione, con rivolte, incidenti, feriti, arresti, danni, barricate, fuochi e devastazioni a Pescara, ma soprattutto a L’Aquila. Se non la conoscono, Monti e i suoi imparino la storia. Perchè storia è, piaccia o non piaccia.
Pochi possono credere, e per farlo debbono essere abbastanza obnubilati, che si possa ridurre Pescara (piccola metropoli, ma comunque la nostra metropoli abruzzese) alla sottomissione istituzionale e politica a Chieti. Pochi possono pensare che Chieti, antica città dal passato più che illustre, si lasci relegare sul suo colle a morire d’inedia o a tramontare di fronte ad una Pescara ridondante e ribollente di energie e vitalità. Pochi possono, infine, credere davvero (se lo credono, sono fuori dalla realtà e forse anche fuori di testa…) che Teramo si lasci degradare per finire in provincia dell’Aquila. Una inaccettabile, enorme provincia senza la minima omogeneità sociale, storica, politica, geografica, economica e così via.
Se i parlamentari abruzzesi vogliono finalmente guadagnarsi il lauto stipendio, si muovano, insieme con tutti coloro che hanno sale in zucca, per fermare il rischioso regresso in atto verso l’età delle risse, dei campanili, delle alabarde e delle daghe insanguinate. Al debole e scalcinato Abruzzo manca solo una lunga, perniciosa, nuova guerra di campanile per finire in pezzi. Follia è quella di chi crede davvero nei territori disegnati con la matita sulla carta, come gli stati dell’Unione americana da inglesi e francesi, con riserve indiane e confini diritti come spiedi. Fermiamoci, prima che siano guai seri. Persino la tradizionale incoscienza della politica (che fa finta di non sentire, per poi trarne vantaggio elettorale) dovrebbe già percepire la minaccia che incombe su tutti noi, se non si comincia urgentemente a ragionare.


11 Luglio 2012

Categoria : Cronaca
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