Maxiemendamento, Abruzzo tardivo


- Prof. Flavio Colacito -
L’Aquila – Più volte è stato sottolineato come il vero nemico silente e pericoloso per il futuro dell’Aquila e del cratere sia la mancanza tempestiva di programmazione nel tempo, così come il tempo stesso che è trascorso in questi tre anni ha portato ad un nulla di fatto con annesso il peso delle sofferenze psicologiche, sociali, economiche, tra le quali le prime due sono state sempre sottovalutate e addirittura snobbate anche dall’attuale governo.
Ma il paradosso è tutto nel maxi-emendamento sulla ricostruzione, legato al decreto legge sulla crescita e approvato dal consiglio dei ministri, ormai giunto alla sua stesura definitiva si appresta ad essere varato in parlamento e segnerà il destino della città dell’Aquila e dei comuni ricadenti nel cratere simico.
In realtà non si capisce perché ci siano voluti ben tre anni per arrivare a formulare un provvedimento – tra l’altro molto lacunoso- che, oltre a lasciare dubbi, giunge tardivo dopo che da più parti era stato auspicato da subito, per arrivare solo adesso a considerarlo lo strumento per garantire una ripartenza trasparente e funzionale.
Sembra confermata la tendenza dell’attuale governo a trarre dal cilindro magico il coniglietto di turno, in linea con il principio ragionieristico adottato su scala nazionale dove l’unico imperativo categorico è tassare, ridurre, abolire, senza pensare più di tanto alla crescita e al futuro delle nuove generazioni con punti interrogativi anche su quelle prossime alla pensione.
Le colpe naturalmente sono anche del governo precedente, perché fatta salva le gestione a cinque stelle dell’emergenza, tutto si è fatto tranne che gettare le basi per una legge ad hoc per L’Aquila, come nulla si è visto per la famosa zona franca, mentre aziende ed attività commerciali hanno dovuto lottare contro gli affitti a peso d’oro, la burocrazia, le incertezze del mercato, la mancanza di un asseto normativo certo sul quale investire per il futuro.
Futuro, pensiero, azione: parole coraggiose di mazziniana memoria che forse avrebbero meritato maggiore considerazione fin da subito dopo quel 6 aprile 2009, ma che hanno portato solo ora ad affrontare con superficialità la condizione, o meglio le condizioni, per partire con la ricostruzione vera, il tutto accompagnato dalle solite liti e accuse, comprese le dimissioni di cinque sindaci coordinatori delle cosiddette “aree omogenee” del cratere.
Viene spontaneo chiedersi quale costruttiva forma di dialogo ci sia tra le istituzioni rappresentative degli interessi collettivi cittadini e il Ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, come sia concepibile lavorare tardi e male in un momento delicatissimo per L’Aquila e il suo territorio, assistere all’uscita della bozza definitiva di un emendamento sulla ricostruzione senza che la volontà di chi rappresenta la città abbia avuto la meglio per soddisfare la popolazione afflitta da mille problemi che evidentemente non sono al centro dell’attenzione della classe politica.
Purtroppo non basta e mai sarà sufficiente confrontarsi in modo sommario sotto un asfissiante tendone di plastica in Piazza Duomo, seguendo il modus operandi della politica di parte, senza la partecipazione attiva di tutti, abbandonando le divisioni ideologiche che nulla hanno a che fare con il bene della comunità.
Al danno generato dal ritardo si è aggiunta la beffa di un documento vitale che sta alimentando un vespaio di polemiche mentre i cittadini guardano inermi, senza che vi sia stato quel minimo senso civico che il governatore dell’ Emilia Romagna, Vasco Errani, considera il fiore all’occhiello della regione, condizione sfavorevole per la credibilità dell’Abruzzo in Italia, allontanando il nostro territorio dal modello nord.
Il concetto di risparmio è accettabile in ogni manovra economica che si rispetti, tuttavia in un maxi-emendamento come quello sulla ricostruzione è imprescindibile garantire in modo chiaro e certo chi dovrà operare nelle varie fasi e come, dando certezze a quei lavoratori che si sono distinti nel prestare il loro servizio a favore delle popolazioni già da tempo, una goccia nel mare per risollevare il territorio a cominciare dall’occupazione, una garanzia in più per lo snellimento celere di tutte la pratiche o i servizi legati alla ricostruzione tout court.
Un’ultima domanda sorge spontanea: dov’è la governance ?


10 Luglio 2012

Categoria : Senza categoria
del.icio.us    Facebook    Google Bookmark    Linkedin    Segnalo    Sphinn    Technorati    Wikio    Twitter    MySpace    Live    Stampa Articolo    Invia Articolo   




Non c'è ancora nessun commento.

Lascia un commento

Utente

Articoli Correlati

    Nessun articolo correlato.