1984, quel terremoto dimenticato
L’Aquila – (di G.Col.) – (Foto del terremoto del 1984 e di alcune tendopoli) – Fu forte – 7 maggior 1984 – e colpì di sera, all’imbrunire, una vastissima area appenninica del Centro Italia, sparando le sue onde sismiche da San Donato Val Comino (a confine tra Parco nazionale d’Abruzzo e Ciociaria) a centinaia di chilometri di distanza. Magnitudine, almeno 5 Richter, ma allora tutti usavano la vecchia scala Mercalli e si parlò di ottavo-nono grado.
Danni ingenti, paesi sconquassati o distrutti, tendopoli, soccorsi, paura (anche a L’Aquila, dove la scossa delle ore 20 circa provocò panico) e le prime grandi parate televisive su un evento del genere. Eppure, è un terremoto dimenticato. A ricordarlo – almeno a chi come noi lo ha vissuto da cronista – l’arrivo a L’Aquila dell’on. Zamberletti, l’uomo che proprio in quella occasione inventò e realizzò la protezione civile dandole un assetto simile a quello che ha oggi.
Il vostro cronista, spedito nella zona dal quotidiano Il Tempo, in piena notte, e per l’Agenzia Italia (carta, penne e telefono a gettoni) beccò una scossa di assestamento 4,5 ml mentre viaggiava in auto tra Alfedena a Barrea. Roba da far sbandare l’auto. Imparò cos’è il terremoto che fa danni. E con lui tanti altri, perchè manco a dirlo, autorità e sindaci non erano preparati e all’inizio fu confusione, anzi smarrimento. Bisognava aiutare migliaia di persone senza casa, dar da mangiare, innalzare tende. Già , le tende: per la prima volta vedemmo e visitammo tendopoli in cui pullulavano soprattutto i militari e la Croce Rossa, e il solito enorme numero di volontari che nelle occasioni drammatiche di materializzano ovunque. Siamo generosi, quando serve, in Italia.
La verità storica è che nessuno sapeva niente di aree sismiche, edilizia antisismica, mappe sismiche, zone a rischio. L’Alto Sangro lo era, storicamente, ma non sulle mappe. Da tutte le parti, affiorava solo la paura che le cronache giornalistiche mettessero a rischio il turismo a Roccaraso e negli altri centri. Il terremoto, pur sempre probabile in Appennino, era di fatto sottovalutato quando non del tutto ignorato. Arrivò a scombussolare tutto e gli ultimi indennizzi sono arrivati solo una decina di anni fa. Un anno dopo, nel maggio del 1985, ci fu un’altra scossa, meno potente ma quasi nello stesso giorno del mese di maggio.
Da allora sono trascorsi decenni, e ci sono stati tanti altri terremoti, che molti non vogliono neppure ricordare. Fino all’aprile 2009, terza distruzione dell’Aquila dal ’300 ad oggi. Come nel 1984, nessuno voleva sentir parlare di terremoto, di scosse premonitrici, di possibili precursori sismici, di mappe, sottouolo pericoloso, territori con alta accelerazione sismica. Anzi, L’Aquila aveva scelto di crescere estendendosi lungo la faglia di Pettino e nell’area di Bazzano, dove c’era e c’è una faglia che causò la distruzione a metà del ’400. Una faglia quasi ignota, poco studiata, hanno confessato sismologi e scienziati. Chi sa ora decideranno di studiarla.
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