Euforia calcio? Il dolore è oscurato
Nessuno vuole privare tanta gente della felicità di seguire le partite di calcio, nessuno se la prende a male se una volta tanto si gioisce invece di piangere. Ma forse l’euforia calcistica che oggi, 1 luglio, e nei giorni scorsi, ha ubriacato mezza Italia e tutto l’Abruzzo (dove si sciopera alla Sevel per vedere la partita!), ha crudelmente oscurato il dolore. Quello terribile che si vive nelle carceri, dove la sofferenza umana raggiunge il suo picco: due suicidi al Castrogno di Teramo, e uno evitato per caso.
La tumultuosa moltitudine pallonara non si deve privare, per carità , di un’ora di svago, e non si può constringerla alla riflessione. Ma stride fortemente la gioia collettiva di ore tifose e spaccone, con il cupo, irrimediabile abisso di perdizione che si vive nelle carceri. Amareggia che la politica sia tanto presente nei campi di calcio, e così poco nelle carceri, magari solo per portare impegni (seri) e parole di consolazione.
L’Italia è e rimarrà un paese barbaro per molti motivi, ma la piaga delle galere inumane, lager con disprezzo della dignità e del minimo diritto al rispetto, è tra le più cocenti. Coincide con la festa calcistica, tutti gridano “Italia”, ma l’Italia è anche la gente che si uccide dietro le sbarre. Numerosa, non in casi sporadici. E’ straziante che ciò avvenga e continui ad avvenire tra inni ed esultazioni di glorie grossolane e milionarie. Dovremmo urlare anche di vergogna, se ne fossimo capaci.
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