Balneatori, il governo li ha mollati?
Pescara – Regione, province, comuni, associazioni produttive collaterali: tutti sono vicini ai balneatori, che in Abruzzo rappresentano una bella fetta di PIL regionale e sono ben 600 aziende con un gran numero di occupati diretti e indiretti. Tutti guardano con ansia alle disposizioni europee che, a detta degli interessati, segnerebbero la fine di un settore economico. Meno il governo italiano, che sembra aver quasi mollato la categoria. Pronta ad un clamoroso sciopero del settore, che lascerebbe vuote le spiagge nel cuore dell’estate.
Uno sciopero sulla spinosa vicenda delle concessioni demaniali, il cui regime con le disposizioni europee potrebbe cambiare profondamente. Non è un orizzonte sereno per chi ha investito soldi ed energie nella balneazione. Cristiano Tomei, rappresentante di categoria a livello nazionale, bandiera dei 600 balneatori abruzzesi, dice chiaro e tondo ai microfoni della Rai: “Se non vogliono ascoltare o non capiscono le nostre ragioni, non ci resta altro da fare che scioperare”. Per Tomei, il governo si impunta nel voler ignorare non solo i rappresentanti di categoria (le aziende sono 30.000 in Italia, paese con oltre 2500 km di coste e quindi di grande balneazione), ma la regione e tutti gli altri enti e istituzioni locali, che sono più o meno a fianco dei balneatori.
Rifiutarsi di considerare le ragioni esposte significa, per i balneatori, addirittura rifiutare persino un confronto. Ed è un tavolo di lavoro per aprire un dialogo, per instaurare un confronto, che la categoria chiede.
Amaro e sonfortante che la crisi della balneazione coincida, a Pescara, con quella della marineria portuale strozzata dal mancato dragaggio e dalla criminosa vicenda che fa la retroscena. Amaro perchè nessuno poteva immaginare il tracollo del mare, i problemi della pesca, quelli della balneazione e dei marinai, insieme con l’inevitabile ribasso del turismo, dovuto alla sparizione dei collegamenti con la Croazia, annullati insieme con l’azzerato porto di Pescara. Così è e l’Abruzzo assiste inebetito ad uno spettacolo che significa, per quanto uno voglia essere ottimista e fiducioso, soltanto disastrosa recessione.
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