Province, ma come la pensa la politica? A Roma sembrano tutti ubriachi…
L’Aquila – (Foto: i presidenti delle province abruzzesi da sinistra, alto, in senso orario Di Giuseppantonio, Testa, Catarra, Del Corvo) – Furono ottimi profeti coloro che, già nel 2011, previdero che la storia delle province sarebbe stata uno dei più vistosi pasticci all’italiana. Abolire, ridurre, accorpare, dimenticando del tutto la buona idea delle aree metropolitane zampillata da cervelli lungimiranti molti anni orsono. E alla fine arrivare assurdamente ad una serie di “trovate” e proposte che sono più che altro assurde, e quindi allontanano il problema più che risolverlo.
A meno che tutto ciò non rientri proprio nei propositi dei detentori del potere, ai quali fa sempre comodo che nulla cambi, se qualcosa incrina o rende insicuro il loro potere, spesso ben lontano dall’interesse collettivo, dall’obiettivo di realizzare veri risparmi.
Partiamo da un ricordo: luci e riscaldamenti accesi anche durante il ponte festivo – qualche anno fa – nei palazzi istituzionali aquilani. Sprechi senza pudore, indifferenza, superficialità da parte di tutti i dipendenti della pubblica amministrazione, e ovviamente dei loro dirigenti, nella quasi totalità dei palazzi. Risparmiare? Lo facciano gli altri, sembravano dire in tanti. Auto blu, caloriferi a manetta, telefonate libere anche all’amichetta oltre oceano, oppure sulla linea calda. E’ accaduto anche questo.
Poi arriva l’epidemia economica, coliamo a picco, Monti spunta armato di forbici e si comincia a tagliare all’impazzata. Mai però stipendi e pensioni d’oro, o solo in pochi casi. Torna a galla la manìa – perchè di questo si tratta – di azzerare gli enti, cominciando dalle province. Ma nessuno ha gli attributi per decidere – e non solo proporre – di eliminarle davvero. Via tutte, cento e passa quante sono, perchè, non dimentichiamo, mentre si parlava di eliminarle, se ne facevano in fretta e furia di nuove: Barletta, Fermo, Carbonia e chi sa quante altre. Ormai quante siano le province italiane non so sanno neppure i maestri delle elementari, e tanto meno i loro alunni. In Abruzzo, c’erano Avezzano e Sulmona che aspiravano, ma non hanno avuto adeguati santi in paradiso e sono rimaste al palo.
Ora siamo alle farneticazioni. Restando in Abruzzo, c’è chi parla seriamente di azzerare la provincia di Pescara, o annullare quella di Chieti. O unificare all’impazzata, non si sa bene cosa. E’ urgente chiedersi cosa abbiano in testa coloro che pensano a eliminare, per esempio, Pescara, o a smembrare Chieti, o a tagliuzzare Teramo. L’Aquila no, non la tocca nessuno (per ora) per via del terremoto: ha già avuto la sua dose micidiale di mazzate.
Chiediamo al presidente Chiodi, o al presidente Pagano, ma anche ai deputati (alcuni dei quali si accingono a chiederci il voto nel vicino 2013): siete proprio convinti di queste fandonie, di queste pinzillacchere (Totò insegna), di dissennatezze tipo “togliamo la provincia a Pescara”? Lo pensate davvero, siete convinti che possa accadere, che se ne possa parlare restando con i piedi per terra? Forse i politici dovrebbero contenersi nel consumo di alcol, o riposarsi, perchè hanno fuso.
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