Province, tagli bislacchi e fantasie
Che si vogliano eliminare le province è una voce che circola da tempo. Alcuni partiti e singoli politici ne hanno fatto il ritornello noioso, una sorta di bandiera della loro furia risparmiatrice. In verità , forse, le province non vuole eliminare davvero proprio nessuno. C’è chi dice che toglierle costerebbe più che tenerle. La solita gara di strepiti all’italiana, in cui nessuno ha le idee chiare. Magari, per la politica è troppo difficile pensare che le province potrebbero semplicemente funzionare meglio e costare di meno, producendo dei risultati. Per l’Abruzzo, l’ultima voce stonata da un coro scomposto suggerisce di tagliare la provincia di Chieti, unendo Pescara a Teramo, punto e basta. Figuriamoci con quale gioia hanno accolto la pensata i teatini… Ai quali, del resto, è difficile dar torto: chi può pensare cose di questo genere? Si taglierebbe Chieti che ha 3.000 anni, dopo aver fatto una serie di nuove province inutili in tutta Italia?
Le province o si tolgono tutte, se davvero qualcuno vuole, o si tengono tutte. La razionalità , la logica, la storia, il senso pratico dovrebbero indurre chi fa politica standosene seduto dietro una sontuosa scrivania, e aspettando lo stipendio da satrapo, a tenere i piedi per terra, visitare i territori, parlare con la gente, sentire i politici locali. Cominciamo, semmai, a licenziare gente che non produce nulla, anche negli alti ranghi, a verificare i risultati del lavoro, ad azzerare spese inutili, auto e telefonini di favore. Risparmiare si può, semplicemente essendo seri, lavorando, producendo, togliendo di mezzo la politica delle chiacchiere e delle sparate.
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