Lusi: “Spartizioni”, ma nomi non ne escono
L’Aquila – (ore 00,21) – Rivelazioni esplosive, coinvolgimenti clamorosi? Che sia trapelato da Rebibbia, niente di tutto questo. Forse una tattica, certo niente di sconvolgente, almeno per oggi. Sette ore di interrogatorio, carcere di Rebibbia, ma sostanzialmente nessun nome. E’ la sintesi della giornata del senatore Luigi Lusi, accusato per un ammanco milionario di risorse dalle casse dell’ex Margherita. Vengono fuori, invece, spartizioni o almeno quelle indicate come tali dall’uomo politico indagato. L’ex tesoriere avrebbe spiegato al gip di aver destinato le risorse adeguandosi alla logica spartitoria 60-40 prevista tra rutelliani e popolari, circostanza di cui aveva gia’ parlato nel secondo interrogatorio con i magistrati della procura di Roma.
“Dal 2001 al 2006 costi e obiettivi della Margherita sono stati intrapresi e seguiti con estremo rigore. Dal 2007 al 2011, con un partito destinato a morire e tanti soldi in pancia, la distribuzione delle risorse da parte dei vertici del partito e’ avvenuta con piu’ leggerezza e meno intransigenza”.
Cosi’ il senatore ha spiegato al gip come, nell’ultimo quinquennio, fosse “scarsamente controllata” la logica distributiva all’interno della Margherita, nonostante il partito contasse sul lavoro degli amministratori, dei collegi dei revisori, del comitato di tesoreria e dello stesso tesoriere Lusi. Di questo scarso controllo su tanti soldi è difficile farsi un’opinione, ma per il momento le cose stanno così e l’inchiesta va avanti.
“La corrente rutelliana, di cui parla Lusi, non e’ ne’ un nome ne’ un cognome. Il senatore abbia il coraggio di fare i nomi una volta per tutte e dire chi, dove, come, quando e perche’, avrebbe compiuto queste sottrazioni di denaro dalle casse della Margherita”. L’avvocato Titta Madia, legale del disciolto partito, smentisce ancora una volta l’esistenza di un patto fiduciario che abbia consentito al senatore Lusi di operare investimenti immobiliari con i soldi della Margherita. “E poi Lusi si metta d’accordo una volta per tutte – conclude l’avvocato Madia – con sua moglie, Giovanna Petricone, che ai pm aveva dichiarato che suo marito si era appropriato dei soldi della Margherita per suoi scopi personali, non certo per soddisfare pretese correntizie altrui”.
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