L’Adriatico abruzzese trema? Non è una novità, capita da milioni di anni…


L’Aquila – (di G.Col.) – SOPRESA, TERREMOTO AD ALBA E MARTINSICURO… – (Foto: una mappa sismica con gli eventi anche in Adriatico, la miniplacca adriatica tra Italia e Croazia, il prof. Antonio Moretti) - I cronisti non credevano ai loro occhi, ieri sera alle 22 circa: una scossa sismica 2,2 ml con epicentro in mare, a pochi chilometri dalle spiagge di Martinsicuro e Alba Adriatica. Nessuno nelle due località (dove in pochi se ne sono accorti) ricorda un fenomeno del genere. Memoria corta e voglia di far finta di niente?
In altri casi, terremoti sono stati avvertiti nelle cittadine rivierasche del Teramano, ma “giunti” da lontano, soprattutto dalla zona di Ascoli (dove ieri, comunque, ci sono state due scosse), che spesso fa tremare anche la Val Vibrata, L’Adriatico fa brutti scherzi? Ci sono collegamenti con Ravenna?
L’ADRIATICO “SPINGE” – La verità sta nei libri di sismologia e, come sempre, nei dati storici. L’Adriatico sovrasta una miniplacca, un “corno” della grande placca africana, che si insinua proprio sotto il nostro piccolo mare, fino al Veneto e alla Romagna. La miniplacca “spinge” sia contro la Croazia che contro la penisola italiana: milioni di anni orsono, la sua spinta contrapposta a quella della placca eurasiatica generò la catena appenninica. La geologia, guardando una mappa, parla molto chiaramente. Questa spinta contro la penisola continua, forse si è anche accentuata (terremoto in Emilia e Romagna), e lungo le coste adriatiche genera una serie di faglie parallele alla costa o trasversali.
MORETTI – Dice il sismologo prof. Antonio Moretti: “Si verificano il piegamento e l’affondamento della piastra crostale adriatica al di sotto della penisola Italiana. Si generano terremoti lungo una fascia che va grossomodo da Reggio Emilia fino alla zona di Chieti-Vasto, e non sono direttamente connessi con quelli più superficiali tipici della dorsale appenninica anche se, ovviamente, sono entrambi espressione degli stessi movimenti di deriva della Penisola verso Nord-Est”.
Spiegava il sismologo aquilano in una intervista del 2010, che tutti avrebbero dovuto leggere e memorizzare: “L’Appennino si muove verso NE, formando una serie di grandi “archi” montuosi che spingono verso il basso la crosta del mare Adriatico; questa si piega, e nella parte interna della piega si generano faglie e fratture che producono rilasci di energia elastica, terremoti appunto. A seguito dell’affondamento della crosta adriatica, poi, la catena appenninica trova spazio per avanzare ulteriormente verso i Balcani, ed a sua volta si frattura formando una serie di fosse tettoniche o “graben” (come quello di L’Aquila, di Colfiorito, di Rieti, di Sulmona ecc.) delimitati da sistemi di faglie più superficiali, generalmente non oltre 10 km, che sono i più pericolosi dal punto di vista sismico (come quello del 6 aprile 2009) sia perché le faglie spesso arrivano in superficie, sia perché le vallate sono spesso densamente abitate”..
IL FUTURO – Che cosa ci aspetta? “Per loro natura, i terremoti “esterni” (che chiamiamo di “trust” perché legati a sovrascorrimenti di masse rocciose) sono moderatamente profondi (25-35 km) e quindi non producono danni di grande intensità, poiché distribuiscono la loro energia su aree più ampie; in genere, le faglie collegate (i trust appunto) sono a basso angolo, e non giungono direttamente in superficie; ancora, sulle aree esterne si accumulano grandi spessori (molti km) di sedimenti sabbioso-argillosi “soffici”, che trasmettono male le onde sismiche”.
Quindi? “Sui versanti esterni dell’Appennino possiamo avere (ed abbiano avuto) terremoti di energia medio-alta (magnitudo anche superiore a 5, come quello del Gran Sasso del 1950, che danneggiò una vasta area tra Amatrice e Teramo) ma di intensità relativamente bassa (fino all’VIII grado Mercalli, come i terremoti del 1881 e 1882 che colpirono Chieti e Lanciano.
In pratica, il terremoto attuale di Ascoli Piceno va a “caricare” progressivamente le strutture di Rieti-Amatrice, così come probabilmente quello del 1950 ha “caricato” le strutture della valle aquilana, e quelli di Chieti-Lanciano del 1881-82 le strutture del Morrone-Valle Peligna”.
STORIA DEI TERREMOTI – Rapidamente un’occhiata alla storia sismica adriatica. Partendo da tempi relativamente recenti, nel 1706 il terremoto della Maiella portò danni e vittime sia a Sulmona che nel versante teatino e a Chieti. Nel 1781, terremoto a Ortona. Quindi ad Atri, in Frentania e nel 1884 una serie di terremoti lungo la costa, tra l’Ascolano e l’area di Pescara. Ve ne sono stati molti altri. La zona di Vasto-Termoli è direttamente coinvolta nei sismi garganici, che tuttora continuano. Nel 1950, il forte terremoto tra Amatrice-Campotosto e il versante teramano del Gran Sasso colpì tutta la provincia teramana, il capoluogo, la Val Vibrata, la costa, parte dell’Ascolano.
NESSUNA SORPRESA – Terremoti adriatici a sorpresa, quindi? No, ma senza fare allarmismi e realisticamente, occorrerebbe solo studiare un po’ di più le zone in cui si vive: dovrebbero occuparsene anche le scuole, le istituzioni culturali, le università, le istituzioni, e in genere i politici. I quali, per il terremoto di ieri sera sulla costa teramana, hanno fatto finta di nulla. Bocche cucite, la stagione turistica è alle porte…
Tocchiamo ferro sembra la scelta dei più. Che è anche la meno evoluta, quella più pericolosa, perchè per battere il nemico, prima di tutto bisogna conoscerlo. E magari capire che occorre conviverci, visto che combatterlo è impossibile. Ma esistono mille modi per cavarsela al meglio. L’Aquila, città sismica distrutta tre volte prima del 2009, era a fortissimo rischio crolli, tutti lo sapevano, e non esisteva neppure un piano di evacuazione o di raccolta della popolazione. Poi venne il 6 aprile.


08 Giugno 2012

Categoria : Scienze
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