Porto canale, di chi è la colpa?
(Foto: fanghi tossici) – Rimbalzata da ogni sponda, la pallina del porto canale di Pescara morto perchè nessuno lo ha dragato, finisce nell’ultima buca: le mani del presidente della Regione Chiodi. Costui, convinto di avere tra le dita il fiammifero acceso che finirà per bruciarlo, proclama oggi: “Adesso basta con le inerzie” e avvia un intervento ispirato da un concetto che la dice tutta: emergenza. Anzi, viene nominata anche un’unità di emergenza. Morale della favoletta tanto abruzzese, è che provvedere a fare le cose normali, ordinarie, diventa un’esigenza emergenziale.
Siamo fatti così: viviamo di energenze e urgenze, allarmi sociali, ansie, catastrofi annunciate che ci sfiorano e dobbiamo evitare acrobaticamente. Roba da ridere, se non fosse drammatica. E’ come se la mamma di casa dovesse considerare emergenza preparare la minestra per marito e figli. E’ come se aprire l’ombrello quando piove, diventasse una situazione emergenziale, affannosa, complicata. Chiodi stesso parla di inerzie e dice che è ora di farla finita. Quindi inerzie ci sono e ci sono state, parlano i fatti e i fanghi tossici affioranti, ormai, dai fondali.
Un giorno, tuttavia, questa vicenda dovrà avere un esito, una fine, che non dovrà essere la morte del porto. E quel giorno Chiodi o chi per lui dovrebbero avere la lealtà di dire agli abruzzesi di chi è la colpa di tutto ciò. E’ molto decadente il fatto che esistano colpe del genere. E’ crepuscolare. Diventerebbe qualcosa di assai peggiore se nessuno riuscisse a capire chi è stato. E conoscessimo solo salvatori della patria.
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