Faglie e spocchia, la scienza frena e “non esclude…”
L’Aquila – (di G.Col.) – L’angoscia degli aquilani di fronte alle ridondanti cascate di immagini della tv sui terremoti emiliani, dover rivedere ciò che li ha distrutti tre anni fa, insieme con le loro case e le loro chiese, è un supplizio. Un altro terremoto, altri morti innocenti (stavolta addirittura sacrificati da attestati di fasulle agibilità ), altre sofferenze, altro smarrimento. I tre anni del doposisma aquilani si estendono a questo nefasto maggio 2012. Ma qualcosa di nuovo c’è, e ci riguarda tutti.
I cervelloni hanno deposto la spocchia della sapienza fasulla, e ora nessuno, dal primo sismologo all’ultimo geologo, propala sicurezze. I cervelloni si sono arresi alle faglie emiliane, che li hanno colti di sorpresa. Ora tutti dicono che lo avevano detto… Tutti ammettono che il rischio di altre scosse c’è e come, e che possono essere anche forti. perchè le faglie padane – di cui la scienza italiana non si occupava neppure come remota possibilità – si sono aperte e continuano ad aprirsi. Fino a quando e dove, non lo sa nessuno e allora… con un processo in corso, a L’Aquila, e con la catastrofe in atto, meglio tenersi prudenti. La scienza ha cambiato completamente atteggiamento.
Confermato ciò che si sapeva (i terremoti non si prevedono), confermato anche ciò che da anni personaggi autorevoli, e anche più modestamente noi (come abbiamo fatto anche in tribunale, da testimoni) andiamo dicendo: prevedibili no, predicibili sicuramente sì. Specie quando c’è stata una scossa 5,9 Richter, come in Emilia, sicuramente non l’unica in una sequenza sismica. Predicibili soprattutto in base ai dati storici, i quali dicono che in quella zona emiliana nel 1570 ci fu un precedente, forte e lungo terremoto, il cui periodo complessivamente durò 4 anni. Come tre anni è durato, del resto, lo sciame sismico seguente il terremoto aquilano, a sua volta preceduto per mesi da scosse di cui nessuno si occupò. Pensate, in una città in cui decine di edifici erano dichiarati a rischio, e in cui geologi avevano scovato un sottosuolo capace di fortissime accelerazioni sismiche… politica e istituzioni non avevano neppure un piano di evacuazione. Che tuttora non c’è, del resto.
A Ferrara è accaduto di peggio. Il terremoto del 1570 è stato dimenticato, ignorato, e la zona fu – nel tempo – dichiarata a scarso rischio sismogenetico! Non possiamo dimenticare, del resto, neppure le candide dichiarazioni di alcuni sismologi pagati dallo Stato al processo aquilano: “La faglia di Paganica? Non la conoscevamo nè era studiata con attenzione”. E’ la faglia che a metà del ’400 distrusse la città . La stessa dell’aprile 2009: la scienza non se ne occupava, non la conosceva, e a L’Aquila si danzava beati sull’orlo dell’abisso, con mezza città riconosciuta fragile, instabile, a rischio crollo, e un sottosuolo micidiale.
Ora i cervelloni, dopo l’Emilia, corrono ai ripari e sono prudenti, cauti, spesso persino pessimisti. Sì, può ripetersi, questo terremoto. Complimenti, bella scoperta. Vale almeno quanto la sbalorditiva confessione di ignoranza sulla faglia di Paganica. Quando questo paese deciderà di impegnarsi nella prevenzione, nell’informazione onesta delle persone, nel realismo delle situazioni con cui bisogna convivere? Quando diventeremo un’Italia affidabile, consapevole, matura, senza santoni dello scibile flessibile, senza superstipendiati per presiedere e dirigere un beato tubo di niente?
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