Due questioni rimaste irrisolte: contributi o indennizzi? Perchè affidamenti senza ribasso?
(di Giampaolo Ceci) – Mi tocca il compito sgradito di riproporre due questioni già evidenziate, ma a mio parere, non ancora compiutamente risolte, perché potrebbero produrre danni gravissimi alla ricostruzione e ancor più agli aquilani.
Le questioni degli indennizzi e dei ribassi sono spiacevoli, ma bisogna affrontarli, una volta per tutte, per dare loro, quantomeno una base giuridica certa, affinché non si ripropongano, magari in sede giudiziaria o con una sentenza della Corte dei Conti che tacci di illegittimità tutti gli appalti stipulati fino ad oggi.
È questa la funzione di un buon politico: governare i fenomeni per indirizzarli verso soluzioni volute che prevedano i guai e li evitino.
Per questo mi scuso coi politici perché ho aggravante di essere consapevole di operare in un campo non mio.
La prima questione: quella che dovrebbe stabilire, una volta per tutte, la corretta forma giuridica con cui vengono elargiti i “contributi”, riveste particolare urgenza, trattandosi, in alcuni casi, di “contributi pubblici” multimilionari.
Bisogna rilevare che l’attuale interpretazione intesa a considerarli degli” indennizzi” non si basa su serie valutazioni giuridiche né su alcuna ordinanza o disposizione legislativa.
La valutazione, a quanto ne so, è basata solo su un “parere” che, per quanto autorevole, sempre “parere” resta.
Tra l’altro, se di “indennizzo” si tratta, seppure fosse elargito con obbligo d’uso per la ricostruzione (ma del vincolo a questa finalità non vi è traccia nell’attuali ordinanze), si aprono questioni anche esse non risolte, quali ad esempio: perché mai si debbano elargire tutti gli indennizzi ricevuti alle imprese che eseguono i lavori a prezzo pieno, invece che impiegarli più efficacemente per realizzare il maggior numero di migliorie rivolgendosi ad imprese disposte ad eseguire più lavori a fronte dello stesso indennizzo?
Il principio è che se ho diritto ad un indennizzo per i danni del sisma me lo spendo al meglio possibile, seppure con vincolo di finalità e non lo” regalo” immotivatamente alle imprese che eseguono i lavori.
Se questo fosse invece il volere dell’amministrazione pubblica, si dovrebbe supportare questa interpretazione con una chiara e motivata disposizione giuridica, magari chiarendo anche quali debbano essere i criteri da adottare per la scelta delle imprese che ora sono assolutamente soggettivi e lasciano spazi a ogni malevola interpretazione.
La seconda questione che riguarda gli affidamenti dei lavori senza alcun ribasso è collegata alla prima.
È una questione seria che può spalancare la porta a corruzioni e malaffare (se non lo ha già fatto).
Un politico avveduto non può non rendersene conto, quindi perché non si governa il fenomeno? Sorge qualche sospetto….
Se le imprese desiderano lavorare a prezzo pieno ci dovrebbero gentilmente spiegare le motivazioni per cui negli appalti pubblici, ritengono remunerativi prezzi che vanno fino al 40% in meno di quelli stabiliti dallo stesso prezzario di riferimento.
Possibile che i politici e i costruttori Aquilani non si rendano conto che alla lunga questa mole ingente di “Utili” agevola le imprese disposte a pagare tangenti, molto più che quelle locali?
Come dire di no a chi ti propone il 20% del valore dell’appalto se lo favorisci? Perché tutti sorvolano su queste ovvietà? È un salto culturale che bisogna iniziare a fare qui all’Aquila, ma credo in tutto il paese. Sempre di spreco immotivato di soldi pubblici si tratta!
Bisogna ricostruire un quadro di legalità, se non addirittura di etica sociale, che non sembri costruito per favorire la lobbie di turno, ma sia semplicemente ispirato a criteri di giustizia, equità e par condicio per tutti.
Non vuole dire che poi tutti partano dallo stesso punto. Le imprese che sanno fare i conti riusciranno comunque a “rubare” legalmente inserendosi sapientemente nelle pieghe di una legislazione che lascia sempre margini di manovra legale ai competenti. Ma almeno la competizione avrà le regole del merito.
Varare misure che favoriscano la trasparenza, la concorrenza, il contrasto alle mafie, l’organizzazione e la velocizzazione della ricostruzione sono questioni difficili da affrontare, ma non impossibili.
Il peggio sarebbe dare tutto per scontato e, invece che guidare i processi e prevenirne le storture, affidarsi al caso quasi che le conseguenze non dipendano dalle nostre decisioni.
Ci sono nuove amministrazioni nei comuni del cratere.
Se le questioni che denuncio sono dei problemi veri, si attivino nelle sedi opportune per risolverli subito, se non si ritiene siano seri, non importa, non si faccia nulla, come fino ad ora.
Il tempo certificherà poi, senza scusanti, chi aveva lo sguardo più lungo.
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