Rabottini, padre tifoso ma attento
Pescara – (di Stefano Leone) – Luciano Rabottini, classe 1958, ex corridore professionista di ciclismo, è il papà di Matteo, 24 anni che ieri, sulle terribili discese e salite delle Prealpi Lombarde, ha messo in fila dietro di lui compagni ed avversari nella 15° tappa del 95esimo Giro d’Italia. Impresa dal sapore del ciclismo di altri tempi, quello più agonistico e meno tecnologico, quello aggressivo e meno studiato, insomma Matteo ieri ha fatto emozionare, con il nodo alla gola, anche campioni consumati come Bugno e Gimondi. Oggi, i resoconti delle cronache parlano solo di lui, il “ragazzino” pescarese che ha dettato legge al Giro. A lui si sono inchinate le grandi montagne e la loro bellezza, ma anche le migliaia di sportivi lungo il percorso; non ultimi i suoi avversari. Siamo andati a trovare il papà Luciano nella sua azienda a Marina di Città S. Angelo, confine nord di Pescara. Oggi il telefono dell’azienda e il suo personale non trovano pace. Per poterlo intervistare abbiamo dovuto ripararci in ufficio chiudendo i telefoni.
- Luciano, dove hai visto la tappa di ieri?
- A casa. Ho detto a mia moglie di spegnere i telefoni e, insieme ci siamo messi davanti alla tv; mia moglie, emozionata nel vedere Matteo faticare in quel modo faceva da contraltare a me che guardavo con un occhio diverso la corsa. Un momento di trepidazione c’è stato quando a 18 km dall’arrivo, in quella discesa tremenda resa ancora più insidiosa dalla strada bagnata Matteo è caduto. Quando lo abbiamo visto risalire da solo in bici ci siamo tranquillizzati.
- Nell’ultimo chilometro Joaquin Rodriguez, che voleva la maglia rosa, era in rimonta forsennata e, a 400 metri dall’arrivo ha raggiunto e superato Matteo. Cosa hai pensato?
- Ho pensato quello che, normalmente accade in quei casi. Il corridore che si vede ripreso e superato ha una specie di crollo repentino, improvviso, è come se schiantasse e rimanesse sui pedali. A guardarli sembra che chi è in rimonta vada a 100 all’ora, chi viene rimontato sia fermo. Li Matteo è stato davvero bravo. Si è incollato alla ruota dello spagnolo, chiedendo alle sue gambe ancora di più di ciò che avevano dato fino a quel momento e gli è rimasto a ruota meravigliando lo stesso Rodriguez. Poi quando negli ultimi 80 metri ha ingranato di nuovo la marcia, lo ha rimontato passandolo e tagliando per primo il traguardo, quasi con una bicicletta di vantaggio, ha cononato una azione davvero da grande corridore.
- Oggi le cronache parlano tutte della sua impresa e, da qualche parte, è uscito fuori il soprannome “Rambo”, giocando un po’ con il cognome.
- Rambo era il soprannome che avevo io quando correvo; dopo questa impresa si sono ricordati dell’aneddoto e lo hanno ora affibbiato a lui.
- Matteo è arrivato tardi al ciclismo. Aveva 18 anni quando iniziò. A distanza di soli 6 anni si trova a scudisciare sulle montagne che contano campioni affermati e smalizziati.
- Si, vero. Matteo è arrivato tardi al ciclismo. Quando però dopo solo 3 anni vinse il Campionato Italiano Dilettanti, capii che aveva i numeri. Normalmente non accade questo e quindi fu quello il segnale che sul ragazzo si poteva lavorare.
- Luciano, quali sono le differenza sostanziali fra il tuo ciclismo e quello di oggi che corre tuo figlio?
- Il mio ciclismo era composto da uomini che solo nominarli facevano tremare le gambe; era un ciclismo più aggressivo, meno calcolatore. Lasciava molto all’individualità di spicco anche se il gioco di squadra era importante. Oggi è però più veloce. Grazie alle nuove tecnologie sempre più avanzate, ma anche al DNA dei giovani d’oggi cambiato rispetto ai miei tempi, fa si che il ciclismo di oggi è meno poetico e più tecnologico. Ecco perché, forse, l’impresa di Matteo di ieri assume ancora maggior valenza. Ha riportato a quel ciclismo fatto di tanto tanto agonismo.
- Cosa pensi del fatto che il Giro d’Italia inizia con tre tappe all’estero? E’ un po’ come se si dicesse Campionato Italiano di calcio però inizia le prime tre giornate in Portogallo.
- Si vero, il Giro dovrebbe iniziare e terminare in Italia ma è intuibile che, motivi di costi e ricavi porta a queste soluzioni. Oggi per ricevere una tappa del Giro bisogna affrontare un esborso di circa 200 mila euro e non tutte le amministrazioni sono nelle possibilità di fare questo oppure di trovare consorzi sul territorio per poter avere un riscontro adeguato.
- Cosa senti di dire a Matteo?
- Di tenere i piedi ben piantati a terra. Una vittoria come quella di ieri non cambia la vita; certo può cambiargli la carriera ma il ciclismo è sempre pieno di insidie e, quindi è bene che rimanga tranquillo e continui a lavorare come sta facendo.
Ci congediamo ma, nel momento dei saluti, notiamo che una sorta di lucido appanna gli occhi di quest’uomo che, pur essendo stato “Rambo”, sulle strade inforcando una bicicletta, è ora un papà affettuoso e consapevole di voler dare i migliori consigli al campioncino di casa.
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