Tancredi, l’Abruzzo che sbiadisce
Il patriarca buono, ha detto esprimendo cordoglio il sindacato SINALP di Antonio Tancredi, che se n’è andato a 80 anni. L’Abruzzo che sbiadisce, sfuma, si sbianca. L’Abruzzo di venti, trenta anni fa, pieno di patriarchi buoni, politici di spessore, padrini in versione Maiella e Gran Sasso, big che prendevano voti e davano sviluppo, crescita, università , autostrade, fabbriche (cattedrali nel deserto, dicevano gli irriducibili). Gestori del potere assoluto della Balena Bianca o, poi, del socialismo “da bere” di marca craxiana. Personaggi capaci di coagulare consensi giganteschi (Gaspari prendeva 160.000 preferenze…). Capitani che occupavano le stanze del potere dal pavimento al soffitto. Raccomandatori di professione, padroni di casa in segreterie che radunavano migliaia di questuanti ed elemosinanti.
Soprattutto, capi lucidi e autorevoli che facevano funzionare i partiti come macchine oliate. Mai ad uno di loro sarebbe accaduto, come è capitato al PdL, di non azzeccare un candidato sindaco a L’Aquila, lasciando spadroneggiare un terzo polo indistinto e personalistico. Tutto è cambiato, e un altro patriarca buono, Tancredi, si è dissolto in silenzio, muto spettatore di un cambiamento politico che tutto è, meno che un’evoluzione. Insieme con la melanconia di ogni commiato, umana e rispettosa, emerge sommessa la conta delle pagine girate, dei treni passati, delle potenti figure che oggi sono solo ombre. Tutti dormono, come sempre, sulla collina di Spoon River. Sempre più affollata, mentre da questa parte cresce a dimisura la solitudine. Che è anche uno smarrimento.
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