Disgustati, poveri aquilani
L’Aquila – (di G.Col.) – Altrove la campagna elettorale, pur fiera e senza esclusione di colpi, ha portato persino bene ai cittadini. Ad Avezzano, al candidato Cipollone che prometteva di dimezzare lo stipendio a se stesso e agli assessori venturi, il candidato Di Pangrazio ha risposto: “Ah sì? Allora noi per un anno lo stipendio non lo prenderemo per niente”. Scaramucce, confronti aspri, voci stentoree si sono sentite ovunque. Ma, tutto sommato, le elezioni sono elezioni e – comunque – a L’Aquila le cose sarebbero dovute andare diversamente.
Invece la campagna elettorale è cominciata male e finisce peggio. La gente è digustata. Andrà a votare, o lascerà i belligeranti cuocersi nel loro brodo? Sarà una distratta croce su un nome, o una silenziosa non-partecipazione?
Da una vita ci sforziamo di essere obiettivi e psicologicamente onesti. Sarà anche per questo che la politica, prodiga di denaro e lusinghe, ha riempito di costosa pubblicità tutti i siti e chiuso le porte in faccia al nostro. Che certo non è l’ultimo come numero di lettori… Ma, come abbiamo scritto, tutto ciò ci inorgoglisce e ci lascia come eravamo, cioè poveri. Ma liberi. Sì, siamo nostri e lo restiamo.
E’ in nome di questa libertà di giudizio e pensiero che, alla vigilia del voto, diciamo chiaro e forte: L’Aquila avrebbe dovuto portare gratitudine a Berlusconi, a Letta e al PdL. Avrebbe dovuto tenere a mente che dopo la tragedia, quando c’erano solo lutti, urli, sangue e lacrime, fughe e disperazione, paura e gelo nelle menti e nei cuori aquilani, il governo accorse e fece subito il meglio possibile allora. Sborsò anche pacchi di miliardi di euro, che la politica, le incapacità locali, gli appettiti insani, la disonestà di molti, la autentica incapacità di molti altri, non seppero utilizzare. Ma quei soldi furono sborsati e ci sono.
Di questo la gente avrebbe dovuto – e lo avrebbe fatto – conservare memoria, e premiare oggi, al voto, il PdL e i suoi uomini. Che, però, alla premiazione… non si sono presentati. Se il PdL avesse scelto un candidato adeguato, avrebbe potuto vincere al primo turno. La gente non avrebbe avuto il cuore di punire quel simbolo.
In seguito a questo errore (come chiamarlo?) si è scatenato il caos. Oggi la politica, poche ore prima del ballottaggio, è una sconcia caricatura di girone infernale, urla, strepita, offende, ferisce, imbraccia il pugnale (anche se è un temperino spuntato e arrugginito), sguazza in risse ridicole in cui svolazzano piume come nei fumetti di Paperino. Niente di dignitoso, niente di buon livello, solo una blanda lotta goffa tra titolari di modesti consensi di popolo: uno il 40%, l’altro meno del 30%. Non dimentichiamo che nel 2007 Cialente vinse al primo turno con il 53,3%. Cos’è questo risicato 40% del primo turno? Per caso, qualcuno vorrebbe scambiarlo con una buona affermazione? E se al coriaceo De Matteis avessero messo a disposizione la forza del PdL, quanto avrebbe preso al primo turno? Domenica, con il PdL in liquefazione, quanto penderà ?
Noi, da residenti nella città perduta, diciamo che un riconoscimento a Berlusconi e ai suoi, è dovuto, perchè è onesto, giusto pensarla così. Ma tutto il resto è nebbia e pare di navigare verso il porto di Londra a metà Ottocento. Il clangore delle risse, dei sotterfugi, dei patti, delle bugie elettorali, sono soltanto segno di inarrestabile degrado. L’ultima cosa di cui L’Aquila ha bisogno. Povera, sfregiata città di erbacce e rovine intrise di muschio e putredini. Stringe il cuore ciò che sta accadendo, in nome della politica e dell’amore per la città . Nessuna ti ama, L’Aquila, perchè sei diruta e sderenata. Vae victis, oggi come 2000 anni fa.
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