Alternative al fumo
(di Carlo Di Stanislao) – Mentre continuano gli attacchi concentrici, in Gran Bretagna e Australia, sulle Medicine non Convenzionali (soprattutto omeopatia), sulla prestigiosa rivista American Journal of Medicine (JAMA), è uscito uno studio che dimostra l’efficacia della agopuntura in corso di tabagismo.
I ricercatori, della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Montreal, hanno esaminato, nel loro lavoro di revisione (Alternative Smoking Cessation Aids: A Meta-analysis of Randomized Controlled Trials: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22502956 ) 14 studi internazionali in cui si impiegavano, come tecniche o agopuntura o ipnosi ed hanno concluso che le persone che si sono sottoposte a trattamenti con l’agopuntura avevano in media tre volte più probabilità di smettere di fumare definitivamente nell’arco di 6 mesi o un anno dal trattamento. Invece, nel caso di ipnosi, si sono mostrati successi nello smettere di fumare definitivamente in una percentuale variabile da 20 a 45%.
I ricercatori, nel loro lavoro, sottolineano comunque che ognuno è sempre un caso a sé, per cui se un metodo funziona su qualcuno non è detto che sia lo stesso per un altro.
Molto spesso il successo è legato alla forza di volontà che è il supporto principale di ogni tecnica terapeutica. Un altro ampio lavoro pubblicato in Germania a fine 2011 (Zok C. Nicotine withdrawal: best results with combination therapies, Dtsch Med Wochenschr. 2011 Oct;136(41):p30. doi: 10.1055/s-0031-1271848), dimostra inoltre che agopuntura e supporto psicologico sono in grado di determinare cessazione della dipendenza da fumo in sei mesi, in oltre il 70% dei soggetti trattati.
Va qui ricordato che fumare è il risultato di scelte individuali, spesso influenzate da fattori sociali e culturali. Oltre al sesso e all’età , altri fattori che incidono in maniera significativa sulla frequenza di tabagismo sono la classe sociale e il livello di istruzione: l’abitudine al fumo risulta più diffusa tra le persone con diploma di scuola media inferiore e con difficoltà economiche.
Anzi, a fronte della riduzione complessiva verificatasi a partire dagli anni Ottanta, nel tempo si è ampliato il divario tra classi sociali, con una maggiore incidenza nelle categorie più svantaggiate. Secondo i dati riferiti dal ministero della Salute, si stima che in Italia siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70 mila alle 83 mila morti l’anno.
Oltre il 25% di questi decessi è compreso tra i 35 e i 65 anni di età e oltre un milione sono gli anni di vita in buona salute persi.
Questi dati fanno del fumo di tabacco la principale causa prevenibile di mortalità anche nel nostro Paese, come nel resto del mondo occidentale. Il 26,7% dei fumatori intervistati per l’indagine Iss-Doxa 2011 (vedi: http://www.iss.it/binary/fumo/cont/fumo_2011_long_def2_.pdf ) ha riferito di aver fatto almeno un tentativo di smettere di fumare. La grande maggioranza non ha fumato solo per qualche giorno (24,2%), qualche settimana (13,3%) o qualche mese (34,6%).
Le motivazioni prevalenti al tentativo di cessazione sono generici motivi di salute (41,4%) e la consapevolezza dei danni provocati (35,9%).
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