La “preta” della Marsica
Chieti – La “Preta” della Marsica in scena al S. Pio X di Chieti. Domenica 13 maggio, presso l’aula magna del pontifico seminario regionale S. Pio X di Chieti alcuni seminaristi metteranno in scena la figura ed il messaggio spirituale di don Gaetano Tantalo, il prete marsicano per cui è in corso la causa di beatificazione. Diciotto i seminaristi in scena che si alterneranno tra la recitazione e il canto corale con l’accompagnamento dal vivo al pianoforte. Tra questi il seminarista aquilano Federico Palmerini nei panni del venerabile don Gaetano Tantalo. I testi, la drammaturgia e la regia sono del seminarista teramano Massimo Balloni. Il titolo dello spettacolo, “La Preta”, è una tipica espressione dialettale nota in tutto l’Abruzzo, che cita testualmente un’espressione del Tantalo rivolta al fratello in cammino anch’esso verso il sacerdozio: “ricordati, fratello mio, che il prete è “preta”, cioè un sasso: dev’essere un uomo di carattere, un santo”. In queste parole è racchiuso tutto il messaggio spirituale di don Gaetano, servo di Dio che secondo quanto riportato dai documenti del seminario e dalle testimonianze raccolte fu un alunno esemplare, “dolce, affabile, rispettoso”. La sua conversione lo ha segnato per tutto il resto della sua vita e fu all’origine della riconosciuta e commovente testimonianza di carità eroica, mista a grande umiltà, che dimostrò divenuto sacerdote. Mons. Gino Cilli, rettore del seminario S. Pio X, afferma come don Gaetano fu toccato dalla grazia e si arrese definitivamente e radicalmente alla sua azione, tanto da non sfuggire ai più il suo cambiamento. “Sostenuto dalla testimonianza di S. Teresa di Gesù Bambino – ricorda mons. Cilli – conobbe però momenti difficili e dure prove, soprattutto negli affetti, che ne acuirono ulteriormente la sensibilità e raffinarono quella bontà d’animo, che rimase impressa indelebilmente nella mente e nel cuore dei suoi compagni e dei suoi educatori”. Nato vicino a Tagliacozzo il 3 febbraio 1905, don Gaetano viene ricordato per aver ospitato una famiglia ebrea fuggita da Roma a causa delle leggi razziali e per essersi offerto come ostaggio volontario ai tedeschi nel 1943 che volevano fare una retata nel suo paese natale, Villavallelonga, i cui abitanti erano stati accusati di aver preso parte alla Resistenza. Il suo nome è posto ai piedi di un albero sul Viale dei Giusti a Gerusalemme. Nella sua breve vita ( è morto all’età di 42 anni) ha incarnato la concezione tradizionale del religioso, che sfugge alle mode del momento, ed attesta il suo ufficio sacerdotale partendo da Cristo; diceva sempre “essere preti è una gran cosa. La nostra più costante preoccupazione dev’essere la formazione di un carattere forte, prudente, perseverante, perché la pusillanimità è tenace in noi come una qualità ereditaria”.
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