Con “Soli” l’omaggio al territorio


(di Carlo Di Stanislao) – Occuparsi del rapporto tra cinema e letteratura non significa semplicemente stilare un elenco, che sarebbe sterminato, di film tratti da libri. Significa soprattutto risalire alle origini della settima arte e ripercorrerne la storia, riflettere sul concetto di mythos come narrazione, analizzare fenomeni di trasformazione di metodi e stili nel cinema e anche nella letteratura, studiare il rapporto degli intellettuali e degli scrittori con la cinematografia ed ovviamente fare i conti con le logiche del mercato, ultimamente prevalenti.
Quando a fine Ottocento fu inventato il cinema, che non doveva avere futuro, non c’era l’idea della narrazione, né tantomeno dell’intrattenimento.
Che si trattasse dell’uscita degli operai dalla fabbrica, o dell’arrivo del treno che terrorizzava gli spettatori, la caratteristica era quella di rubare un pezzo di vita e di realtà, come la fotografia, cioè far vedere le cose come sono. L’introduzione del sonoro contribuì all’idea di cinema come spettacolo e quella del montaggio fece capire che, anche quando non c’erano ancora i lungometraggi, con i film si potevano raccontare storie. Ovviamente allora fu logico pensare alla letteratura come fonte inesauribile di storie alle quali attingere; i primi casi di trasposizione però non riguardano romanzi, a volte si ricorreva ai grandi classici, come la Divina Commedia, destinata per forza ad un pubblico colto ed elitario, altre volte alla tradizione popolare delle sacre scritture e delle fiabe.
Sia la Bibbia e i Vangeli sia le fiabe sono sempre state e sono ancora fonte di ispirazione per la realizzazione di colossal. Nel caso delle fiabe si tratta spesso anche di rivisitazioni e di trasposizioni indirette; si pensi solo al personaggio di Cenerentola e alle innumerevoli versioni, dalla parodia maschile di Jerry Lewis a Pretty Woman fino al recente Precious o al recentissimo “il primo uomo”, uscito ad aprile nelle sale e che Gianni Amelio ha tratto con forza dall’ultimo, incompiuto romanzo di Camus, in cui si ripercorre a ritroso le vicende di un personaggio straordinario, silenzioso e deciso, che ricerca nel proprio passato anche doloroso le convinzioni che lo hanno portato ad essere ciò che è nel presente.
Si intitola “Soli” ed è l’ultimo romanzo, pubblicato dalle edizioni Paoline, dello scrittore, di origine sulmontina, Giovanni D’Alessandro, dove la passione per la ricerca e le miserie del mondo accademico, si confrontano sullo sfondo di fatti storici e incidenti quotidiani, tra sogni inquietanti e realtà imbarazzanti. E le cose si complicano se nell’analisi si inserisce anche il territorio, perché i luoghi, molto spesso, fanno i film: l’Inghilterra di Harry Potter, le Highlands di Braveheart, la Tokio di Lost in Translation; oppure, senza allontanarsi troppo, la Salina del ‘Postino’, la Lecce di ‘Mine Vaganti’ e così via.
Oggi esiste una nuova tendenza, definita con neologismo anglofono “film–induced tourism”, che nasce da una complessità di rapporti tra chi rappresenta il territorio turisticamente e non solo, e le società di produzione, per poi di offrire spunti particolarmente interessanti per eventuali progetti da avviare e politiche da adottare nel nostro Paese e nei suoi vari territori. Territori molto ben sfruttati, come accade in Puglia e Piemonte o quasi del tutto negletti, come l’Abruzzo, abbandonato, nonostante la prossimità con Roma e la varietà delle “location”, dopo una intensa frequentazione fra la fine del ’50 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso.
Con la presentazione del libro, il prossimo 25 maggio presso la Sala Conferenze della Biblioteca Provinciale “S. Tommasi”, alla presenza dell’Autore e con lettura a cura di Giovanni Chilante, partirà un ciclo di sei incontri, sviluppato lungo l’intero mese di giugno, per omaggiare il territorio de L’Aquila, attraverso la letteratura ed il grande cinema.
Il ciclo, che coinvolgerà altre al Capoluogo anche Sulmona e Celano, è stato ideato dall’Istituto Cinematografico dell’Aquila “La Lanterna Magica” e dalla Provincia dell’Aquila, con il prezioso sostegno della Fondazione Carispaq e si compone di una suggestiva miscela di letteratura, cinema, storia, con una particolare attenzione alla analisi della società degli ultimi anni, vista, attraverso gli occhi di alcuni grandi maestri.
La rassegna, dedicata al comprensorio provinciale, prevede la proiezione di grandi capolavori di autorevoli maestri del cinema quali, Mario Monicelli, Liliana Cavani, Jean Jacques Annaud, con film di vario genere, realizzati negli incantevoli promontori della città dell’Aquila; nel centro storico di Sulmona ed in altri luoghi della variegata provincia.
Vera chicca del ciclo “Auguri Professore”, film d’esordio di Riccardo Milani, che analizza il mondo della scuola attraverso le sue contraddizioni e difficoltà, film del 1997, girato in questo nostro territorio, magistralmente interpretato da Duilio Del Prete, Silvio Orlando e Claudia Pandolfi.
Sempre in Abruzzo, ma nel pescarese, Milani ha realizzato poi La guerra degli Antò: commedia in tono minore, che comunque lascia trapelare le linee guida per l’interpretazione della poetica dell’autore, formatosi attraverso una lunga gavetta, assistendo registi come Nanni Moretti, Mario Monicelli e Daniele Luchetti e lavorando al fianco di grandi attori come Nino Manfredi, Enrico Montesano, Giancarlo Giannni e Silvio Orlando.
Tornando ai sei incontri del progetto Lanterna Magica-Provincia, sono stati tutti pensati per un’ampia gamma di utenti, quali studenti, insegnanti, semplici appassionati di cinema, associazioni culturali e concepiti in modo da mostrare il connubio fra cinema-letteratura e territorio e per ribadire che la settima arte è un bene culturale fruibile da tutti, capace di approfondire, in modo piacevole ed intelligente, le più diverse tematiche, letterarie ed esistenziali.
L’Autore d’esordio, Giovanni D’Alessandro, profondo conoscitore della letteratura anglosassone e sperticato appassionato d’arte, ha esordito in letteratura nel 1996, con il romanzo Se un Dio pietoso, finalista ai premi Viareggio e Palazzo al Bosco, tradotto in diverse lingue e letto in tutto il mondo.
Con le edizioni San Paolo sono stati pubblicati il suo primo libro di racconti, Il guardiano dei giardini del cielo (2008), premio Maiella lo stesso anno e Sulle rovine di noi (2009).
Protagonosti di “Soli” (2011, 328 pagine, 18 euro), sono Luca e Manuela, che insegnano Storia dell’arte medievale all’università fin dalla laurea, quando ancora non stavano insieme.
I primi anni sono trascorsi con l’incertezza che segue il diploma, gli altri nella certezza di aver intrapreso una strada rischiosa.
Se all’inizio, infatti sono stati la punta di diamante dei collaboratori della cattedra, tanto da permettere a Luca di superare brillantemente il concorso di ricercatore e di diventare associato a soli trentasette anni, poco a poco, si sono visti isolare, mettere da parte da una melma di raccomandati, apparentati, sponsorizzati, segnalati, mezze calzette che guardavano Luca e Manuela, troppo bravi, troppo preparati, troppo apprezzati all’estero, come corpi estranei.
Estranei sì, ma a un’università italiana che è andata trasformandosi in un’altra scuola superiore, un’area di stazionamento per ragazzi, sempre più lontana dal mondo del lavoro, ma dove le vecchie baronie sono rimaste intatte e dove il corpo docente – la maggior parte senza alcuna vocazione per l’insegnamento e per la cultura – deve il proprio posto a contatti con il potere.
Un romanzo dalla trama è estremamente avvincente e ben equilibrata nelle sue parti – la presentazione dei protagonisti e lo scontro in università; l’esperienza di reclusione e le sue conseguenze; il congresso.
Con una scrittura, visionaria e lucida al tempo stesso, ricca di dialoghi vivaci, ma che si concede anche intense pause descrittive, ben si adatta alla diversità delle situazioni e dei registri espressivi.
Il lettore non dovrà far altro che lasciarsi trasportare in questa avventura dell’anima che è, in parte, storia d’amore – fra un uomo e una donna, ma anche per la Storia e per l’Arte -, in parte, gotico moderno, e in parte viaggio nel mondo universitario italiano dove tensioni, lotte interne e ostruzionismo spesso ostacolano chi, invece, è mosso dalla vera passione per la conoscenza e per la ricerca.
Di Giovanni D’Alessandro ho particolarmente apprezzato, quattro anni fa, “Il guardiano dei giardini del cielo”, definito da L’Unità “un autentico caso letterario” ed il suo romanzo d’esordio, ambientato a Sulmona nel ‘700, dove si racconta, con sensibile ispirazione, la realizzazione di una statua della deposizione per la cattedrale della cittadina abruzzese.
Cattolico praticante, D’Alessandro ha infuso la propria spiritualità anche nei romanzi successivi, in cui è evidente uno sperticato amore per la sua terra d’Abruzzo e per i colori e sentimenti che ne compongono il cuore.


08 Maggio 2012

Categoria : Cultura
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