Progettare una città nuova proiettata nel futuro ma con le radici nel passato millenario


L’Aquila deve tornare a volare e per volare in un mondo globalizzato ed in continuo cambiamento deve lasciarsi contaminare da idee, esperienze e visioni della vita provenienti da tutto il mondo. I territori più innovativi sono quelli più aperti al mondo. Per aprirsi al mondo è necessario abbattere le barriere di posizione raggiunta da parte dei vari “burocrati” o “capi bastone” presenti da tempo sul territorio provinciale, sviluppare interconnessioni geografiche con le infrastrutture ferroviarie ed aeroportuali oltre che stradali, favorire la diffusione della banda larga per colmare i gap infrastrutturali e di conoscenza. Insomma, lasciare che il nuovo inteso come innovazione ed il diverso inteso come risorsa travolgano le croste di inefficienza ed inefficacia che riescono a partorire solo tanti Bla. Bla. Bla nella speranza di una rendita di immagine post terremoto.

Nel mondo tutti i territori più dinamici e competitivi stanno cercando di riconvertire le proprie università per renderle funzionali al proprio territorio ed attraenti per gli studenti di tutto il mondo. Quale occasione migliore per L’Aquila per favorire la nascita di una nuova Università, una Innovation University basata sulla interconnessione tra le varie facoltà universitarie già presenti ed in particolare fra le aree umanistiche, economiche ed ingegneristiche oltre che la connessione reale e costante del sistema universitario con il sistema delle microimprese e delle imprese presenti sul territorio regionale e nazionale. Non ci sono altre strade. O si rende l’Università un prodotto di qualità (non in termini autoreferenziali ma come tale riconosciuta dalla comunità scientifica mondiale) o la si dovrà ridurre ad una Università a bassissimo costo e facile da affrontare. Come sempre ridursi ad una via di mezzo sarebbe alla lunga non utile se non a obiettivi personali di basso profilo. E’ fondamentale favorire l’internazionalizzazione dell’Università aprendo le porte a stranieri e favorendone l’inserimento costante con borse di studio ed altre attrazioni (servizi di collocamento post laurea, accordi di programma con aziende, enti pubblici ed istituzioni internazionali). Come non pensare ad attivare da subito corsi di laurea in lingua inglese e fare accordi con le migliori università del mondo per dei corsi congiunti specialistici? Si doveva fare già da prima del G8 per cavalcare il momento e rendere funzionale la presenza dei capi di governo dei paesi più ricchi del mondo. Ma forse la pigrizia o forse la mancanza di idee non lo hanno permesso. Forse un’altra occasione persa per mantenere le cose così com’erano e ricreare una fabbrica di emigranti laureati. Lo si faccia ora.

Si stanno sentendo le più svariate opinioni tecniche e politiche su come e cosa ricostruire ma nessuno parla e legifera sui metodi di ricostruzione basati sulle più moderne linee di prevenzione testate profittevolmente in California e in Giappone. Mobili, tipologie di cemento armato, piattaforme antisismiche ed altro. Dovrebbe essere il pane quotidiano dei tecnici, degli architetti e degli ingegneri presenti sul territorio per la ricostruzione. Non se ne sente parlare. Forse si pensa che passato il pericolo il prossimo terremoto avverrà tra altri 300 anni e quindi è un problema delle prossime generazioni. I cortei che si vedono in giro dovrebbero battersi per questi problemi più che per andare contro qualsiasi cosa propone il governo nazionale e regionale a prescindere dal merito dei contenuti.

Per quanto riguarda la politica, ritengo che non deve passare un giorno di più senza una guida della città. E’ impensabile. E’ sconsiderato. E’ imprudente così come lo è stata la gestione di prevenzione del terremoto. Una nave senza un uomo al comando e senza il controllo di un consiglio comunale vivo ed attivo in un momento in cui si devono prendere delle decisioni vitali rappresenterà una nuova catastrofe che in una mia precedente opinione pubblicata i giorni successivi al terremoto mi auguravo fosse possibile evitare con la definizione di un progetto passato al vaglio del consiglio comunale e condiviso da tutta la popolazione. Così non è stato.

Non è tollerabile sentire delle dichiarazioni in stile libero sui tempi ed i modi di rientro dei cittadini sfollati a partire dal prossimo autunno basandosi sulle metafore dei rematori delle barche. Come dire, L’Aquila butterà al mare i pesi morti alla faccia delle politiche sociali che dovrebbero essere il caposaldo di un programma politico di sinistra. Simili ragionamenti si sono sentiti, forse, durante la dittatura nazista quando i portatori di handicap ed i diversi venivano considerati dei pesi non utili alla società ariana. Ci vorrebbero ben altre scelte difficili e coraggiose. Solo uno stolto può pensare di lasciare fuori dalla città, dopo aver perso tutti gli studenti universitari, coloro i quali decidono come e quando spendere le proprie pensioni. Forse qualcun altro meriterebbe di essere buttato a mare per permettere la ricostruzione della città. Se le cose dovessero rimanere così mi auguro che il partito di maggioranza chieda aiuto a degli amministratori pubblici di fiducia per supportare l’azione di ricostruzione. A prescindere dai colori politici ce ne sono di ottimi in alcune città del Trentino Alto Adige o in altre realtà cittadine dinamiche e innovative della Germania. Agirebbero con il dovuto distacco e non sarebbe un’umiliazione.

Con le giuste risorse umane al comando sarà fondamentale definire i riferimenti fondamentali sulla base dei quali ricostruire il futuro della città da qui a 30 anni. Con il documento “L’Aquila 2040” dovrà essere definito in modo inequivocabile come sarà la città dell’Aquila in termini di popolazione, cultura, economia, urbanistica, tecnologia, energia, spazi verdi, occupazione, sociale, infrastrutture, pil medio pro capite, credito alle imprese, turismo. Sulla base di queste visioni del futuro è necessario definire gli obiettivi intermedi e le strategie per raggiungere l’obiettivo finale insieme alle tattiche per raggiungere gli obiettivi intermedi.

Impegnarsi tutti per raggiungere l’obiettivo finale o almeno tendere verso lo stesso.

Tutti gli sforzi e gli aiuti economici che si stanno ricevendo non serviranno a niente, annullandosi vicendevolmente, se non si definisce un porto di arrivo e quindi un progetto della città. Dal 6 aprile nessuno ha fatto ciò e non è pensabile far finta di niente pensando furbescamente che lo faccia la Protezione Civile o il Governo nazionale o regionale per poi criticare gli stessi per i risultati non raggiunti.

Per finire voglio rivolgere di nuovo il pensiero ai nostri parenti, amici concittadini che sono rimasti vittime del terremoto e che hanno mangiato terra e calcinacci prima di morire. Non dobbiamo dimenticarli, dobbiamo pensare ad un grande monumento in pietra bianca da costruire in un punto centrale del nuovo centro storico in ricordo perenne di tutte le vittime del terremoto del 2009. Sarebbe bello costruirlo, coinvolgendo con un concorso di idee ad invito ristretto i dieci più grandi architetti del mondo. Lo si potrà finanziare con una piccolissima parte dei fondi ricevuti con donazioni volontarie. Penso che sarà un onore per qualsiasi architetto di fama mondiale donare alla città capitale mondiale del dolore nel 2009 tale simbolo perenne. Una grande e bellissima fontana in pietra bianca adatta ad un centro storico medievale dalla quale sgorghi tanta acqua fredda che confluisce in una vasca di raccolta e che metaforicamente possa essere utilizzata dalle vittime del terremoto rimaste sepolte in mezzo ai calcinacci e che tanto avrebbero desiderato un refrigerio di acqua nella bocca prima di morire.



06 Giugno 2009

Pier Paolo Visione  -  Dottore Commercialista e Revisore legale in L’Aquila

Categoria : Editoriale
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