Le amenità della iperburocrazia
(Immagine: allegoria della burocrazia) – La Regione dimentica di presentare la domanda per ripagare i danni dell’alluvione del 2011 nel Teramano. La Regione non paga il dovuto ad un albergatore aquilano, perchè manca un tizio che prema un pulsante e produca fotocopie, o qualcosa del genere. Dettaglio: l’albergatore aspetta dal 2010. Sapere queste cosine fa impallidire la storiaccia delle auto blu che Monti voleva comprare, a 10 milioncini di euro, e che poi si è rimangiato.
Metti tutto insieme, trascurando mille altre storie che potremmo raccontare (che ne dite del piano di ricostruzione di Tempera fermo da un anno?), e viene fuori il ritratto di un’Italia che non si riesce a capire come si regga in piedi, come non sia da tempo implosa come una stella alla fine della sua vita.
Sono le amenità della iperburocrazia che domina sovrana come la gravità nello spaziotempo di Einstein. E’ ovunque, è ineludibile, onnipresente, determinante. Noi cittadini stiamo nel mezzo di questa minestra indigeribile, come foglie al vento, sempre intenti a protestare, criticare, rilevare, puntualizzare. Senza cavare un ragno dal buco.
Quando un burocrate, un responsabile di qualcosa, un dirigente, un pupazzo qualsiasi dal grande stipendio, sarà identificato come colpevole di un disservizio, di una dimenticanza, di uno svarione nocivo per il cittadino, la burocrazia sarà sulla strada della rettifica, della nemesi storica, della purificazione, e l’Italia comincerà ad avviarsi vero la normalità . A somigliare ad un paese civile. Che non significa perfezione, per carità , ma parvenza di utilità . Prima di allora, prendiamola a ridere: per non piangere. Ha ragione Roberto Gervaso: la società è fatta di gentuccia e di gentaccia.
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