L’Aquila “bella mè” è così


L’Aquila – (di G.Col.) – Quattro passi, il 25 aprile, in alcune solitudini del centro. L’Aquila “bella mè” (una vecchia canzone aquilana in dialetto) è come sempre solitaria e silenziosa, davanti e dietro le transenne ormai quasi ovunque abbattute, divelte, mai rimesse in piedi. Tre anni pesano come rovinosi macigni, tra qualche cantiere e qualche carriola, o accanto a poderose macchine edilizie ferme per la festività.
Via S.Agostino, il palazzo che fu della provincia, davanti al quale fu portata in trionfo Stefania Pezzopane appena eletta presidente, è un malconcio isolato circondato da erbacce, pietre spezzate, pezzi di plastica abbandonati, cespugli inselvatichiti.
Di fronte alla sbarra che impediva l’accesso ai non raccomandati nel piccolo spazio davanti al palazzo, abita un gatto soriano. Gli hanno accomodato un po’ di paglia sotto un cespuglietto, e un paio di ciotole per acqua e pezzetti di cibo. Si accoccola muto e guarda il mondo con la sovrana saggezza che è solo negli occhi dei gatti, dei felini, spalancati e vividi. Non è che abbia tanta paura del nostro avvicinarci per chiamarlo “micio” e accarezzarlo. Si scosta un attimo, fa un giro e torna ad accoccolarsi. La sua solitudine è dignitosa e accettata. Come l’asino di Carducci, non ci degna di uno sguardo mentre ci allontaniamo verso il palazzo accanto, diventato l’anticamera di un nulla pieno di rottami e rifiuti.
Tutto è in desolato disuso, pare il giorno dopo la fine della prima vita, 7 aprile 2009. Di nuovo c’è solo il verde umido e primaverile dell’erba che ha coperto il parcheggio.
Ad aver sofferto di meno sembra il massiccio dorso della chiesa di San Marco, ma guardando in su, verso la sconquassata cupola, si comprende che è solo un’impressione. Spaccature larghe come una mano tesa solcano il tamburo della cupola. Poi ti sbarrano il passo le recinzioni di piazza della Repubblica, dove si ritira su un massacrato palazzo del Governo. A destra salendo, verso corso Federico II, le ferite sulle pareti di case e palazzi sono spaventose. Segni di vita, la Carichieti e in galleria Irti, un bel negozio di alimentari di qualità. Una desolazione i corti porticatini, sempre sporchi e trasandati anche prima, che portavano al cinema Massimo, diruto e avvolto dal silenzio. Una vita davanti al grande schermo, ricordi a catena. La prima del cinemascope con La Tunica, anno 1955. Un passato assolutamente, totalmente polverizzato. L’Aquila “bella mè”, anno 2012, terzo della nuova vita. Il silenzio dignitoso e la solitudine di quel gatto, il silenzio e la moltitudine dei ricordi che sciamano nella mente, e ci sono anche se vuoi respingerli, chiuderli dentro uno spazio e un tempo. 25 aprile, liberazione e partigiani. Poche ore prima cerimonie e riti ingessati, tra gli alberi della villa comunale. Chi sa come sarà il 25 aprile, tra dieci o quindici anni. Oggi ci è sembrato muto nella città morta come i martiri della Resistenza.


25 Aprile 2012

Categoria : Cronaca
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