Una città senza porte che cattura le idee dal mondo


L’Aquila – (di Luciano Ardingo, industriale) – POSSIBILE UNA CITTA’ “LIQUIDA” BEVIBILE OVUNQUE… – L’analisi attuale evidenzia che L’Aquila, con i nuovi agglomerati suburbani , è oramai una città multidimensionale, in cui non esiste più la distinzione tra “interno” ed “esterno”. Una città totalmente diversa per struttura spaziale rispetto alla città medievale, perimetrata da mura e da porte di accesso. Una “città senza porte” che con la sua cintura periferica post-terremoto, con i suoi quartieri dormitorio e con i debilitati centri urbani limitrofi , è oggi di fatto fatalmente predisposta per diventare una grande ed innovativa nuova area metropolitana.
Un’area dove la città diventa liquida (Bauman), “bevibile” ovunque, dove anche le case, gli edifici, gli spazi pubblici dovranno trovare il percorso per diventare liquidi. Una città senza porte, aperta, intesa come un insieme di nodi attraversati da flussi informazionali . Percorsa da un’elettricità che farà implodere lo spazio, come profetizzava McLuhan nel 1960 nel suo concetto di “Villaggio Globale”. Un territorio innovativo dove “La società in rete “ e il “Capitalismo culturale”, potranno andare di pari passo e co-evolvere con l’affermarsi e lo svilupparsi delle nuove tecnologie digitali della comunicazione e dell’informazione. Un network collettivo, un insieme di nodi attraversati da flussi che generano, veicolano e distribuiscono la conoscenza, i prodotti e i servizi .
Una rivoluzione sociale dove la trasformazione urbanistica e tecnologica dovrà essere accompagnata da una trasformazione economica e sociale, da società della produzione basata su una fabbrica che non c’è più a società dell’informazione. Una tendenza evolutiva del capitalismo all’interno della quale il ruolo della creazione, della produzione e della vendita della cultura, incorporata nei prodotti e servizi, tenderà sempre più a costituire un fattore fondamentale per la creazione di valore locale e per l’incremento dello sviluppo territoriale.
La nascita di una vera e propria industria dell’esperienza: partire da quello che c’è e costruire sull’esistente.
La ricostruzione dell’Aquila come base della politica industriale dell’intera Regione Abruzzo, le smart cities come strumento d’innovazione territoriale. L’Ocse nel suo ultimo documento sull’Aquila (ABRUZZO VERSO IL 2030) ha opportunamente identificato la conoscenza e l’innovazione come colonne portanti per trasformare questo progetto in realtà. L’individuazione della conoscenza e le successive fasi attinenti al trasferimento della stessa conoscenza sul territorio, rappresentano a mio giudizio l’aspetto critico di questo progetto. L’innovazione è un processo a spirale, dinamico e continuo: “invenzione-soluzione-mercato ”. Un processo irrealizzabile con continuità nelle nostre piccole imprese, che rappresentano il 93% del tessuto industriale regionale.
Le esperienze, il linguaggio e i tempi tra il mondo della ricerca tradizionale e il sistema della piccola industria sono diversi. E’ necessaria, e oramai improcrastinabile, una radicale trasformazione nella filiera nazionale dell’innovazione. Soprattutto alla nostra Regione serve oggi un broker per l’innovazione, una figura conosciuta e massicciamente utilizzata a livello internazionale la cui missione è quella di collegare i vari mondi costituenti le reti di innovatori con le nostre PMI. Solo così le “colonne portanti” della conoscenza e dell’innovazione potranno supportare e sviluppare i piani strategici ed innovativi della ricostruzione, interpretare e realizzare gli scenari di smart city, coerentemente con uno sviluppo locale gestito dalla collettività.
Il dipartimento di Business innovation, parte integrante del neo costituito Gran Sasso Science Institute , dovrà necessariamente differenziarsi dagli altri 200 Business Innovation Centre nati a partire dal 1984 e promossi dalla Direzione Generale delle Politiche Regionali della Commissione Europea. Il nostro dipartimento di Business innovation dovrà ben strutturarsi per assolvere alle strategiche finalità territoriali ed interpretare così il ruolo innovativo più atteso: quello di broker territoriale. Un’organizzazione innovativa che dovrà mettere a disposizione del territorio la competenza per identificare l’area e i problemi su cui trovare nuove soluzioni, il supporto per integrare e gestire l’intero processo di innovazione sull’intera Regione. Un’innovazione aperta e globale, integrata con comunità di scienziati, centri di ricerca, inventori , università, ossia da un numero incredibilmente alto di attori in ogni parte del mondo. Un broker abruzzese per il territorio abruzzese, in grado di fare ricorso massivo e strategico all’innovazione aperta, quella cioè messa a disposizione dal mercato per il mercato senza vincoli speciali; in grado di adattare il linguaggio, i tempi e i costi ai fabbisogni reali del territorio e creare il nostro “negozio” dell’innovazione. Se questo non accadrà avremo aggiunto un altro carrozzone al già lungo elenco di quelli realizzati e cosa ancor più grave avremo nuovamente fallito, questa volta forse per sempre, sul tentativo di creare sviluppo autoctono nel nostro territorio. Saremo invasi nuovamente da multinazionali, che come in ogni territorio sottosviluppato, occuperanno per un tempo conveniente ai loro interessi il nostro mercato, riservando agli operatori locali la possibilità di fornire (se competitivi) la necessaria manovalanza.
Catturare le idee dal mondo è il nuovo paradigma dell’open innovation, ma trasformare la conoscenza in innovazione industriale e territoriale, spetta agli abruzzesi.
Se capaci.


18 Aprile 2012

Categoria : Economia
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