… ma L’Aquila è sempre uguale
L’Aquila – PORTE CHIUSE IN FACCIA NEL “PONTE” – Pasqua e pasquetta, si sono lette sui giornali polemiche che avrebbero potuto portare la data di cinque o dieci anni fa, perfettamente adattabili ad oggi: L’Aquila non cambia mai. Ha solo dolorosamente cambiato il suo aspetto urbano. La sua fisicità violata e giacente nell’inerzia che domina tutto e tutti. Compresi molti di coloro che si candidano alle elezioni. Il carattere delle persone e l’assenza di ogni iniziativa per cambiare cominciando dal basso sono immutabili. Negozi chiusi, bar e locali sbarrati, tranne qualche lodevole eccezione. Come non apprezzare quei commercianti che, distinguendosi dalla massa, dicono: “Non prendetevela con me, io sono rimasto aperto e così faccio per 361 giorni l’anno”. Ma come giustificare coloro che, invece, a centinaia, chiudono in faccia ai turisti?
Costoro, infatti, che siano attratti dalle macerie o dai servizi tv sulla città che non rinasce (tanti nel terzo anniversario del sisma), a Pasqua ma soprattutto a pasquetta, c’erano ed erano tanti, un numero davvero rilevante, se il presidente dei baristi Mario Maccarone dichiara ai giornali di aver dovuto ospitare nel bagno del suo locale “almeno 400 persone”. Un numero soddisfacente, se un ristoratore e un pasticcere ammettono di aver realizzato ottimi incassi. Per forza, erano i soli con la porta aperta…
L’Aquila, o meglio quella maggioranza che si lamenta, piange miseria, parla di rovina economica, e poi rinuncia agli incassi del turismo delle macerie, è quindi sempre la stessa: quella che pensa, come ci disse una volta un commerciante, che se tieni aperto nei giorni festivi, dicono che sei povero. E’ sempre la stessa l’organizzazione di categoria che non riesce a stabilire dei turni (non solo bar, anche negozi, edicole, gommisti, elettrauto, banche e così via), è lo stesso il Comune che non ha neppure un assessore al turismo (o se lo ha, nessuno se n’è accorto). E’ sempre la stessa la gente che a Pasqua e Natale si lamenta, e poi per tutto l’anno dimentica. E’ sempre immuabile quella sostanziale, radicata incapacità di pensare al turismo, di accoglierlo, di offrirsi in modo meno rudimentale a chi viene (sia pure, oggi, per le macerie), di prepararsi, di pensare, organizzare, o almeno tentare. Se si tenta e non si riesce, si saprà chi ha impedito, ostacolato, insabbiato, fermato le iniziative.
Di questi temi non parlano i candidati sindaci, nè le forze politiche “ufficiali”, quelle sotto simbolo e partito. Anzi, non lo ritengono eppure un tema da trattare. E così l’anno prossimo leggeremo le stesse cose, identiche, come l’anno successivo. Immota manet è davvero un concetto basilare nell’aquilanità genuina e diffusa.
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