Riserva Borsacchio, ecco la storia


Roseto – (Foto dal sito di Maurizio Acerbo) – Scrive Franco Sbrolla: “La storia della Riserva naturale Borsacchio raccontata ai consiglieri della Regione Abruzzo. All’inizio del 1800, l’area compresa tra il fiume Vomano e il torrente Borsacchio era amministrata dall’Università di Montepagano, mentre la zona più a nord, dal Borsacchio al fiume Tordino, era governata dall’Università di Giulia nuova. Con varie leggi emanate nel 1806, e con quella del 24 gennaio 1807, la Riforma Amministrativa promossa dal re di Napoli Giuseppe Bonaparte, fratello del più famoso Napoleone, assegnava all’Università di Montepagano l’intera area Tordino – Borsacchio, allo scopo di favorire una migliore distribuzione territoriale. Ne seguirono, da parte dei giuliesi che si sentivano pesantemente danneggiati, diversi ricorsi portati avanti fino al termine del cosiddetto “decennio francese” (1806 – 1815).
Ciononostante, le scelte compiute in quegli anni non furono più cambiate e il comprensorio Tordino – Borsacchio entrò a far parte della già esistente Marina di Montepagano.
Le prime tracce documentate di quel territorio vanno ben oltre il 1800, e sono riportate nei quattro libri dal titolo “La Guerra Gotica”, combattuta nel VI secolo, che lo storiografo Procopio di Cesarea aveva scritto negli anni 551 – 553 d.C.
I Goti, popolazione germanica, erano suddivisi in due rami: ostrogoti e visigoti. Nel 489 d.C. gli ostrogoti, dopo aver superato le Alpi, occuparono tutta l’Italia e nel 535 cominciarono a scontrarsi con gli eserciti dell’imperatore bizantino Giustiniano, comandati dai generali Belisario e Narsete.
I bizantini, dopo aver conquistato la Sicilia e l’Italia meridionale, occuparono Roma nel 536, e l’anno dopo 2000 cavalieri, al comando del duca Giovanni, oltrepassarono gli Appennini e svernarono nel Piceno. Come racconta Procopio, testimone oculare in quanto segretario di Belisario, il duca Giovanni, magister militum (maestro dei soldati), passò di vittoria in vittoria, e nel 538 devastò tutta la costa, da Ortona fino a Rimini.
E a nulla valse la debole difesa opposta dai presidi ostrogoti disseminati nel Picenum teramano e nelle altre province. Il conflitto non fu però a senso unico, ma, alla fine, nel 553 d.C., i bizantini sconfissero l’esercito ostrogoto nella battaglia campale dei Monti Lattari in Campania.
A confermare gli avvenimenti riportati nei libri dello storiografo di Cesarea, è stato il ritrovamento, avvenuto alla fine del 1896 nei pressi di Cologna, di un elmo ostrogoto e di altri manufatti.
L’elmo è stato poi catalogato come Spangenhelm (casco a fasce) del tipo Bandenhelm.
Costituito da un frontale e da sei fasce laterali, le figure impresse a punzonatura illustrano scene di caccia, simboli cristiani, personaggi ed animali feroci e mansueti, grappoli d’uva e rami di palma.
Nel tempo l’elmo ostrogoto fu oggetto di varie compravendite, ed è tuttora conservato ed esposto al pubblico nel Museo Storico di Berlino, che accoglie ogni anno più di un milione di visitatori.
Tra le poche innovazioni che nel XIX secolo mutarono l’aspetto dell’area Cologna – Borsacchio, sono degne di menzione la villa Devincenzi con il parco a mare, e l’attigua “cantina” con la famosa botte da 1000 ettolitri. Ispiratore ed artefice il senatore Giuseppe Devincenzi, agronomo versatile, patriota e uomo politico, che operò unitamente a Silvio Spaventa e Camillo Benso conte di Cavour, e rivestì più volte la carica di Ministro durante il regno di Vittorio Emanuele II.
E poiché temo che qualche consigliere regionale possa ignorare i tanti riferimenti storici collegati alla Riserva naturale Borsacchio, ritengo opportuno riportare la sintetica biografia di uno dei grandi protagonisti del Risorgimento italiano.
Nato a Notaresco nel 1814, in una famiglia borghese con vasti possedimenti dalla Marina di Montepagano alle colline teramane, Giuseppe Devincenzi studiò prima a Teramo e poi all’Università di Napoli. Nel 1848, eletto deputato e segretario del Parlamento napoletano, abbracciò le idee liberali e fu uno dei firmatari della protesta per lo sgombero forzato della sede istituzionale di Monteoliveto, durante i sanguinosi moti popolari del 15 e 16 maggio contro il re Ferdinando di Borbone. Condannato dalla Corte Criminale a 24 anni di ferri duri, andò esule in Francia, e poi in Inghilterra, dove conobbe e frequentò tre illustri uomini politici: William Ewart Gladstone, Henry John Temple Palmerston e John Russel.
Tornò in Patria dopo dodici anni e collaborò con Cavour all’impresa napoletana. Portò la Commissione Abruzzese ad Ancona da Vittorio Emanuele II e accompagnò il re all’incontro di Teano con Giuseppe Garibaldi, facendo gli onori di casa quando il 16 ottobre 1860 il corteo reale, dopo il pernottamento a Giulianova, passò sotto l’arco di trionfo eretto vicino alla sua villa.
Deputato del Regno d’Italia nel 1861, fu Ministro dei Lavori Pubblici nel 1867 e dal 1871 al 1873, organizzò il trasferimento dello Stato Sabaudo da Firenze a Roma e diede forte impulso alla viabilità e alla bonifica delle zone paludose.
Da Senatore, e poi da Ministro, iniziò a progettare una ferrovia che dalla Marina di Montepagano doveva raggiungere L’Aquila e Roma attraverso la vallata del Vomano, ma la netta opposizione di un altro parlamentare, Franceso Sebastiani di Montorio, che era invece favorevole alla costruzione della Giulianova-Teramo-L’Aquila-Roma, lo indusse ad accantonare il progetto.
Nel 1873, in seguito ad un voto di sfiducia della Camera durante il dibattito sulla nuova linea ferrata Roma-Gaeta-Napoli, rassegnò le dimissioni da Ministro e si ritirò a vita privata, anche per seguire da vicino la nipote Maddalena, rimasta orfana nel 1872.
Dietro la villa Devincenzi, chiamata poi Mazzarosa in quanto sua nipote sposò il marchese Antonio Mazzarosa di Lucca, fa ancora bella mostra di sé un altro importante cimelio, il casello ferroviario n. 318-205, che fungeva da stazione per consentire al Ministro un più facile e veloce collegamento con le sedi istituzionali e governative.
E bene ha fatto il Comitato Riserva Naturale Borsacchio, durante gli incontri per il “Piano d’area della media e bassa Valle del Tordino”, a chiedere il ripristino di quel casello.
C’è infatti un treno che sembra fatto apposta per fermarsi davanti a quella “stazione storica”: il Treno della Valle, colorato, allegro e vacanziero, che collega, nel periodo primavera-estate, l’Adriatico alla Valle del Sangro, e che porta turisti e scolaresche a visitare un campionario inestimabile di paesaggi abruzzesi (costieri, collinari, lacustri, boschivi e montani).
E una fermata davanti al parco a mare Devincenzi, ridenominato Mazzarosa e primo nucleo della Riserva naturale Borsacchio, renderebbe ancora più mirabile l’intero percorso ecoturistico.
E’ bene a questo punto precisare che, fino alla metà del XX secolo, lo stupendo paesaggio a nord del torrente Borsacchio era frequentato solo dai pochi abitudinari che amavano immergersi nel silenzio e nella natura inalterata. Raccontavano inoltre, i novelli esploratori, di aver provato sensazioni così piacevoli da indurli a riconsiderare ed a minimizzare le varie angustie della vita.
In conseguenza di quel misterioso elisir, che attirava sempre più turisti nel periodo estivo, il 27 marzo 1963, su delibera della Commissione provinciale di Teramo per la protezione delle bellezze naturali, veniva emanata, con Decreto Ministeriale, la Dichiarazione di notevole interesse pubblico della fascia costiera da Cologna Spiaggia a Roseto degli Abruzzi.
In data 25 ottobre 1969, un nuovo Decreto estendeva fino alla collina il vincolo già imposto, riconoscendo che le due zone, quella costiera e quella collinare, “formano un complesso di punti di belvedere pubblici e di quadri naturali di incomparabile bellezza, interdipendenti fra loro per il concorrere degli stessi punti di vista: dal mare e dalle strade in pianura verso i colli e le alture dell’interno, dalla strada statale e dalla ferrovia verso il mare e le alture suddette e infine da queste ultime e dai loro molti versanti verso la pianura, il mare e il vario andamento della costa e della spiaggia. Tutto concorrente a formare un eccezionale insieme di bellezze panoramiche”.
La particolare espressività della descrizione, raramente riscontrabile in altri contesti giuridico-ministeriali, ci fa comprendere che solo il fascino di quell’area poteva riuscire a trasformare l’abituale frasario burocratico in una ben distribuita composizione di versi poetici.
Sullo stesso tema ci sono molte altre testimonianze, ma, per non allungare troppo il racconto, ho preferito riportarle nei capitoli de “La storia di Roseto e della Riserva naturale Borsacchio”, che continuo a pubblicare nel mio portale, insieme ai tanti articoli correlati.
Riguardo ai progetti di legge presentati da Rabbuffo, Venturoni e Ruffini, posso solo aggiungere che sono proposte scellerate, in quanto intendono soccorrere i responsabili di abusi perpetrati all’interno dell’area protetta. Che hanno, più volte, richiamato l’attenzione della Magistratura, e sono stati condannati dal Tribunale di Teramo con sentenza del 24 gennaio 2012.
Purtroppo, il fango della politica non ha risparmiato neppure l’Abruzzo in queste ultime consiliature, e molti sono gli eletti indagati, rinviati a giudizio e sotto processo.
Sono però certo che la stragrande maggioranza degli attuali consiglieri regionali non ha niente da spartire con coloro che debbono rendere conto alla Giustizia. E sono anche sicuro che, nel Consiglio regionale del 17 aprile, i consiglieri virtuosi si atterranno al dettato dell’art. 54 della Costituzione: “ I cittadini cui sono affidati funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore …”.
Sui progetti di legge che riguardano la Riserva naturale Borsacchio, Gianni Chiodi, lider maximo, ha fatto capire che non vuole intromettersi.
Errore gravissimo, perché Chiodi non è il Presidente di una regione qualsiasi, ma è il Governatore dell’Abruzzo, la Regione dei Parchi e delle Riserve, conosciuta come Regione verde dell’Europa.
E quindi aveva, ed ha tuttora, il dovere istituzionale di salvaguardare ed ampliare il patrimonio naturalistico e paesaggistico della nostra regione. Anche perché, come hanno scritto 103 economisti, di cui 3 premi Nobel, al Presidente U.S.A.: “Creare nuove aree protette contribuisce, in maniera decisiva, al futuro economico e al vantaggio competitivo dei territori interessati”.
Ma forse il nostro Presidente ha dimenticato quanto riportato nel sito web ufficiale a proposito della nostra area protetta. Voglio allora rinfrescargli la memoria elencando le peculiarità illustrate, ancora oggi, dalla Regione Abruzzo al mondo intero:
“La Riserva naturale del Borsacchio tutela l’incontaminata bellezza… protegge uno dei rari tratti di costa e terreni rimasti liberi dall’urbanizzazione incontrollata… è ancora un giardino fiorito da scoprire lentamente… ultimo baluardo di natura incontaminata in grado di resistere al triste fenomeno dell’avanzata incontrollata e scellerata del cemento… ha lo scopo di promuovere la bellezza naturale per il sostegno all’economia turistica… i benefici attesi sono previsti dalla stessa legge istitutiva finalizzata all’occupazione di disoccupati e inoccupati… obiettivo raggiungibile con i nuovi progetti di rete come il Corridoio verde… il variopinto Treno della Valle potrebbe raggiungere la “stazione storica” di Roseto… la Riserva, come cerniera di un nuovo percorso ecoturistico, per il futuro collegamento tra le aree protette teramane e il Parco della Costa Teatina”.
Carissimo Governatore, finora hai fatto come Ponzio Pilato, che disse: “Non sono responsabile di questo delitto; vedetevela voi!”. Confido però, tuttora, in un tuo ravvedimento.
E’ sempre meglio intervenire tardi piuttosto che mai: in Consiglio si parrà la tua nobilitate!”.


12 Aprile 2012

Categoria : Cultura
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