Una “stellina” si è spenta


L’Aquila – (di Gianfranco Giustizieri)
La scomparsa di Maria Pia Casilio, una delle maggiori caratteriste della nostra cinematografia, riporta alla memoria una due giorni che la comunità paganichese le volle dedicare: 9 – 10 agosto 2008.
Accompagnata dalla figlia, la splendida Francesca Rinaldi, attrice anche lei, la Casilio fu al centro di un’attenzione ed un affetto particolare che si manifestarono in tutta la loro intensità la sera del 9 quando il maestoso cortile di Palazzo Ducale di Paganica l’accolse con una presenza di pubblico così numeroso da riempire ogni piccolo spazio sfidando un clima certamente non clemente per quel periodo.
La serata fu caratterizzata dai numerosi omaggi verbali, musicali e di memoria offerti ad una distinta ed emozionata signora che dopo tantissimi anni tornava ai suoi luoghi d’origine.
Ma tra tante manifestazioni d’affetto, fu enorme la sorpresa della Casilio nel venire a conoscenza di un elzeviro, di cui ignorava la pubblicazione, uscito nella terza pagina de «Il Giornale d’Italia» nel lontano 7 gennaio 1953 in cui, giovanissima attrice esordiente, era stata indicata come possibile simbolo nascente di un divismo che si andava affermando, in quegli anni, sul modello americano.
L’autrice era un’aquilana ormai avviata sulla strada del successo letterario tanto da divenire una delle maggiori scrittrici del Novecento: Laudomia Bonanni.
L’episodio realmente accaduto viene così narrato dalla nostra scrittrice.
Siamo in autobus, linea L’Aquila – Roma e la Bonanni viaggia verso la capitale:
«Salgo in autobus e vi trovo una stella. Non me ne stupisco, dato che il mondo oggigiorno è pieno di celebrità. Questa che vedo è una stella del cinema, in verità una stellina. […]. È una piccola graziosissima ragazza, con la quale il vicino, un sottufficiale sta evidentemente volentieri gomito a gomito. Ma le sue occhiate non sono di quella particolare curiosità, non l’ha riconosciuta. Non si può del resto pretendere. Fra sport e cinema, le celebrità del giorno d’oggi sono tante e poi tante, che un comune mortale riuscirà tutt’al più a ravvisare le orecchie di Bartali o la scapigliatura della Magnani. Poi c’è il fatto che sullo schermo l’attore è un personaggio fuori del quale non sembra facilmente identificabile con la sua persona fisica quotidiana. […]. È apparsa non solo al cinema, ma sulla copertina di un diffuso settimanale, accanto ad una principessa di sangue […]. Umberto D non è piaciuto molto. Ma la servetta è piaciuta a tutti, quantunque nessuno sembri riconoscerla. Beninteso so che fra i concittadini se n’è parlato a iosa. Specie dei milioni. – Sai quanto le danno? – In principio era cinquecentomila la grossa cifra di primo colpo. – Non sai quanto le hanno dato? – Via via il pubblico si adegua, si familiarizza con lo sgocciolamento dei milioni del cinema. Ho sentito parlare finora di sei milioni. […]. Viene fatto di pensare alla nuova categoria di labili celebrità che il cinema italiano sta creando. L’America è rimasta attaccata al divo. Invece il nostro cinema, con la sua prepotente vitalità pesca diritto nel vivo, nel vivo della gente, l’afferra, la tira su in luce, ne fa qualcosa. Qualcosa per un momento. […]».
La Bonanni evidenzia alcuni particolari diversificanti da un’accettazione del divismo imperante.
Nelle sembianze quotidiane nessun passeggero la riconosce. È piaciuta la servetta, ossia il personaggio, la gente fantastica sui milioni percepiti che aumentano vertiginosamente nel passaggio di bocca in bocca, ma lì sul sedile di un autobus anonimo solo le occhiate di un giovane militare rivelano la bellezza della giovane. Stella, anzi stellina, forse futura diva, ma in quel momento semplice passeggera e graziosa donna.
L’elzeviro letto dalla giornalista Giusy Fonzi incantò il pubblico che rispose con un fragoroso applauso. Maria Pia Casilio visibilmente commossa prese il foglio di quell’antico giornale e lo strinse forte a sé.


11 Aprile 2012

Categoria : Cronaca
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