Terremoto, quando c’era la livella…
L’Aquila – (di Angelo Ludovici, segretario PdCI federazione sinistra) – I primi giorni dopo il sisma del 6 aprile 2009 nei campi degli sfollati si incontravano i rappresentanti di tutte le categorie e forze sociali: operai, disoccupati, commercianti, liberi professionisti ed era senso comune dire che la famosa “livella” aveva appiattito le differenze. Oggi, a distanza di tre anni, possiamo benissimo affermare che il terremoto non è solo quello vissuto da ciascuno di noi ma è ben altro e che la livella agisce su tempi brevi. Quello che segue a quella tragica data è un terremoto sociale, culturale ed economico. In questi giorni, in occasione del terzo anniversario dal cataclisma naturale, gli osservatori, i giornalisti, i cronisti che sono venuti a decina a rappresentare le diverse testate televisive e giornalistiche hanno solo registrato i dati apparenti, quelli che tutti vedono e nessuno è andato a indagare in profondità gli effetti collaterali. D’altronde, fare una passeggiata in centro e tirare le conclusioni che “tutto è fermo” è evidente, lapalissiano; nessuno può mettere in discussione una simile conclusione. Eppure, subito dopo il terremoto c’era un’altra battuta, che correva di bocca in bocca: il terremoto è una catastrofe ma è anche una grande “occasione”. Naturalmente s’intendeva “occasione” nel senso puro della parola: in positivo poteva significare “ripresa economica, pensare il futuro in senso positivo” ma, vista in negativo, per i più, era in qualche modo allinearsi a coloro che alle 3,32 ridevano e che già facevano le previsioni per grandi affari e speculazioni.
La situazione economica e sociale, a distanza di tre anni, è sicuramente peggiorata. E’ vero, è peggiorata in tutta Italia e la crisi economica la fa da padrona. Ma la nostra crisi è diversa, è più profonda. Se i giornalisti avessero indagato più a fondo, avrebbero scoperto altre realtà, quelle “invisibili” e che nessuno racconta; avrebbero scoperto che la vendita dei psicofarmaci è aumentata almeno del 30%, che nelle strutture sanitarie vi sono almeno 3500 persone che si sottopongono a cure antidepressive e che “la città non città” sui tempi lungi produce danni a non finire. Sarebbe stato sicuramente eccessivo guardare dentro queste realtà ma avrebbero certamente colto la contraddizione del nostro tempo. In piccolo, ognuno di noi,che ha vissuto quella tragica notte, si porta dietro piccoli sensi di colpa. I miei genitori o i miei nonni non aspettavano la protezione civile per dormire fuori casa dopo la prima scossa. Noi, no, dovevamo tornare in casa a dormire “tranquilli” e comodi. In fondo in questo scorcio d’inizio secolo ci siamo abituati a guardare dallo schermo televisivo in modo indifferente i bambini che muoiono di fame, le guerre, le pulizie etniche senza muovere ciglio. In fondo ci siamo abituati a guardare in modo distratto la carne delle cose e degli uomini. Poi, avviene qualcosa anche da noi e la realtà torna con tutta la sua evidenza e l’incantesimo di decenni di dibattito sull’immaterialità e sull’accesso alla rete viene rotto in 27 secondi. In 27 secondi ci siamo resi di quanto siamo fragili. In questi giorni qualche troupe televisiva s’ è avventurata nel centro storico di qualche nostro paese ed ha registrato di nuovo case distrutte, scarpe, automobili sopraffatte da macerie e queste immagini sono devastanti perché sembra che in quel paese, nella nostra Città non vi siano concetti e riflessioni sul passato sul presente e sul futuro ma solo cose. Sembra che una macchina sotto le macerie o una casa distrutta parlino più di noi. E’ una grande operazione demiurgica che espropria ancora una volta i veri soggetti della nostra Città, coloro che hanno idee e proposte non solo per la ricostruzione ma anche per il rilancio culturale, economico e sociale. In questi giorni tutti gli aquilani hanno apprezzato la presenza del governo e soprattutto del Ministro Barca con il suo progetto di rilancio economico e sociale, un progetto imperniato tutto sull’innovazione tecnologica, sull’informazione e sulla comunicazione. I soggetti fondatori di questo progetto sono i cittadini largamente intesi. Ci sfuggono i particolari del progetto e siamo ansiosi di vederne lo sviluppo, ma fin d’ora, sicuramente, anche in base ad una forte presenza universitaria e di aziende ad alta tecnologia, questo progetto agisce molto sull’immaginario, sulle eventuali possibilità reali di ricomprendere le “cose” e la “carne” , sulla nostra riconfigurazione culturale e sociale, oltre che economica, naturalmente. E’ un progetto che va oltre il “locale” che si proietta non nel mondo ma nei mondi interconnessi e proprio per questo semplice ed unico motivo pensiamo e riteniamo che vada veramente compreso fino in fondo, non per rigettarlo aprioristicamente, ma per diventarne soggetti attivi, con la consapevolezza che esiste, pur occulta, una struttura gerarchica, che fa della rete una trappola mortale in cui la conflittualità e la ridefinizione delle aree culturali, sociali ed economiche vengono ricondotte tutte sotto l’ombrello del controllo.
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